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ASPASIA, e SOCRA TH, CATONE, HIPPOCRATE. Sec e PITTAGORA, E POSSIDONIO, E ' boo, DEMOS TENE.agran DEMOCRITO Ridevotissmo, E quel, che strepita In fras Argolica, Gnida facendo si
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Norebitidiam gran Tesauro , E di Lauro me palla cade in centro :Ecco allegri, eco tuli Per P arrivo I gran Desso, ct gni Musa, mi Poeti alia infusa. Baciamani, inchini, amples , Riverente, e complimenti Da Qui lato son frequenti,
Chesi Conritii lembra Dan a Via Dan a bacia sembian aD ordinanea Militis dimente La8 a Che sui Vino bis graniosanra Et in Stoica gravita Si compone gni vis λω, Coine to noli ali apparie de saggis raeis che renis i bel Museo
rio Apollo nostro e .m e ancor la Galeria perfelta; ol l Antiquaria Setra Nun f Grecbe Anticaglie, Latine Medagile. Doce sis Coro Aue, Nostra rem e cini sono . Detto, fatio, eccoli dentro.
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Come rei ede Ci), he non crede, Euris v gaudio, euo stupore, La parola, che usici suore
V IRG IL Io allor c maesta movendo I tardi palsi , is taciturno Apollo C sequio a mano anct flend do, E la Tromba, che aveis sospesa a colh. Pot: usa , disse , se meco seu viene, E latici bella Gente. Ippocrene; Et to concisa veno a be riserto
Nelum mn di quot illustri Eroi, Dis e per Lira, e sua fort-a elatio,
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26 g assis piis di que de , Regn Eοἱ.
Di quis allor teco volgerem is iante,Cbe Tu candra per nostro Duce innante.
Piu di taetre , o di biccbieri, Ne dimini blanchi, o neri Si form stillaba, o accento. vel , bera i Greci era ornamevio, A i Latini e Iolci' bisobris. a Latino e Vate sobrio; Che che die it Venosimo, Cbe ori colant i Vino,
Mecenate suo Compare, Ch era in ptibblica opinione , Solenni Fimo evone or qui un circolo novello Si componga in oraen belis
Stia divisa L a Brigata forestera ,
E ci cun in sua anterclDi canta non si ritegna La si degna Generosa Stirpe altera, Chesla VOLPE asta in audiera. Adora it Mantovan Cantor, Enea, Ch ben suo grado supra astrui apea , Pria ' Qn altro uniant ordi,
Delle parte Spogliri, illuce alexun roseo Es intes di AD DEO.OVIDIO istanto
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De Mecenatici Familia intera. Ma tina commedia, O tina Tragedia,
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Van de pari negli onori, I Fisis , Mati, e gli Oratori. TULLI P alta quinte en a Scopre qui Hir eloquenta. LIUIO, CRISPO, be fur ghrio; Delia toria Van deitando qui gli stratot De bet alti, Per cui Roma a superba. Non piu erba NU M A in petio iuravi Arcani, M li detra
Ma 'tin, norma di pruinῆa, altro,sanio in apparenea,
Ma fra colanta gente e si diversa, Di cui la Fama intorno ba sparse ilarido, Com e com e che aliun disse, ' non venia Alcon non senta avella ne puro Tost idioma, eho sep altri iace, E che ammolli polr acie Fere e luto Dunque nigno socio, udi di tante Rim sparse, accent, han fors i Hati,
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Ch Varan Rettor de Vesi Di seria Lauri adorno, Scenda una uoltata far qua giu soniorni, E co suo Fili in liberta conversi δ usa soce de Num vn folgo parve, Wunfolgo fu, b nuove Stanee perse, E in Moseo te converbe, Come in Teatro la notiurna Scena, a Florito Glardi cangia in Arena, E Giardi torna, vel Arena sparve . Aprile, aprile Di laesi sente, Che grida Gente Imperiosa
Forte, e ben forte, Batte alis Porte Con mani ardite. Aprile, aprile. Et ecco aperta la novella Soglia
Sparsa, eterna foglia; Et ecco i primo, ebe Da i pie vantando, E limis Cantor de FURIOS ORLANDO.Bel ede que grave a petio Aliso petio De Signor, che si infammodo luel sedereri biondo Apollo Eallegrasi tutio in volto, E abbassando P aurea luce. Accennario a Popol molio, E aer quest e illa mia Sehieras Duce: E in tui solo ba Italia i vero
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Plauto, Catullo, Giovenais, om ro I tui sol mia luce avva ad Natura i fece e pol ruppe la lampa. I gram te allor divole Curv te spalis, Garrost is ore , Sorridendo Dii solendo se Non pik, ignor, non tu i quem Canto ,, b i yri Ion flanco, το 'farmi a uanto nen credea, aver compagnos suo Conte di Scandiano Gran Quac di Turpino, Che teneoalo per mano Come suo Conciliadino Ma fuggigis neu entrare Delia Porta sul vivagni, Ne pii volis ostre passaret Timorose Di desia piu ' un eachino, Dacche restis iocose sue piacevo Florentino
Riυeflendolo in buriesco Con que suo sit ridevo Berniesco. Lui Quia taetro . passi tardi, e lenti, a gran ate AE LAURA e viva e morta,
Ancν ei di Lauro imperiale adorno Ma con gli occhi ancora molli Dacche Laura annuuololli.
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o sempre, e quando tosio, e quando tardi, A me ne vieni eguaimente gradito Delio rispost, minoria Filio mis,
Pronto e u perdono a giovenile errore, o Dove facibi per prova intenda more
uti s aperse lamia senea aura, E conciam Pella de suo Megno, Per corre milior acque αδ te ele, In face; a i agbi'aggi de Planeta, Che mena litto altria per Ogni calle. Eccomi , disse, a dari Omaraio ὀ Nume: Clamori saetiaron me diversi provenienti da questo Concilio Ond i, Vegno rim re i pie conoes , Et i reωi arranca de mi Navilio. Asco non era sua bocca rinobius, cis 'letippo pom imi ιιι Niccbioe aperto, Ch neptin anco, occupari e degno Per quanti corran sis tua fles si et . Vieni amico deis rast
Meni, e qui ove Fonti oma prellia, .
Per D misteriis, di cui osti scriba Mapria da loco a chi distra ri tegue, Vestit de piu bel di tuitici anti:
Ben is conosco a grave onor de mento, A nobi portamento:
Egli et Veneto BEMBo, eguais a i Regi, Per V alta dignita che si ricopre,
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D allor quando I gran T AD DEO Creue tiarii alia Repubblica Col Teutonico troseo; Pol labriosa e calva fronte abbasa E maestoso, e taciturno palla. Non eos V Tosco utor de GA LATEO Di Natura gentii, at vi Lumano s