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A te son sacre. Aseondo a guardi tui Le mie, cho si acnion tacito e negleue , Ed in segno a onor dono Ie altria. Queste canto Filacida, e ristet e Mara vigilando it Tebeo in faceta a Iair E queste oggi non sol, donna, tra i setto Ili, ma van Primiere ancor tra nui. Se non cho quando risonae si udrann Le tve a , che per voler di isti avversi Tra la polve, e I' obblio mute si stanno ἰNon fia che I nostro patrio Flume i versi Di stranio vate ammiri, e si v drauno D' invidia d Tebro, e sento fiumi asPersi a) Questa gran dama Ohiarissima non meno per antishita eendore di sua Famiglia, ehe per bello arti a ingerno. hascristo un canzoniere su lo stile uel Casa. filia per aeiudieio dipta letterati uomini, eho sequentano la sua casa , si Parergianella irase, e nella nobile colloearion delia ooci: ma 'I inneis α'assai nelle poetiche famasis e ne' concerti ae nciamente aerisati l seno delia Filosofa. gratis malore , che A se a lia . sono intorno a disca anni, ha futto , ehe non P abbia poturo rsi
c noscera , e rammendare; ons ei se ne sta scrum a penna in
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Ondo te tristi Amor Dido, ed Enea, Stavami in alto seggio, e mi vinceacte di costui pietade . Or di colei: Q nando cadder per sorte i guardi nitet Su la nobil CARMELA. Ella sedea Piu civ. Dipinto di pallor pendea Chiaro Prenee da' hegii oechi di iei. Ma Ia scena sono δ' alto fragore, E fuggir vidi la Trojana vela,
E ira fiam me cader Ia Reg a, e Dido. .... I'mossi conte amor dolente grido: Pol men pentiircho'n voti Pren e , e Carmela, Stava emendando allor P antico errore.
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Languiua ii buon Filippo, e gia sentia Morirsi i lievi spiriti uel core r A CPur non mellea parota di dolore Sti la vita, che rapida iugoa:
Anai fovente un dolce riso apria , E dir lieto pare va: or gara fore Trallo per morte det terreno error'. Ma la voce su 'l labbro gli moria Cosi. giu posto suo Caduco unimarito Torno si questo doloroso estgii L' anima grande a la nati a su. Stella
E tu di amaro duolo it nobilici lio c Bagni, Donna Reat 3 Morte si bella Degna e de te tue rime, e non dei pinnio.
uolla mia fra . che govenis udio Sonar non voca it patrio sume aliora Ch'eran prest Io Huse at hucia di,to. Appeti a tin nudo trOnco. e Pende ancora. Dat chiari e dolei studi, onde ait' obblio Altri si volse , e 'n Pindo regi si onora, Torse acerba fortuna it pensier mio, si tranquilla per me non volge un'Bra. Giovo, hen tu, cui Febo amico o lauto, Ne tempo fugge per moleste Cure, Puri mover Pari ai gran subbietto si canto. Audeli ne te lue rime clette e Pure Spineti nostro e d'Italia altero vanio, Famoso a Ie piu tarde eta future. Per D solenne vertia a delia Bibliotem Spinelli deI Principe in Tarsia a Meolo Gim Litioteeario delia medest ma sta cito I'
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Cataneo tra' commmmenti alam citi neu anno
Aliri. Coppia gentit, rifragga in catin
Per toga, Od ostro: o Per guevriere imprese. Io, che tanto non posso, i' carini aurui Muto raceolgo, e ne o dono a uui.
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Sat, conis it seo di te, quando in gna pia Forsa it trasse. E di costor tae fia o Des tali' ombre e det silenZio amica, Vieni. Le sue ner' ali in orno ha sisse Gia Ia tacita nolle, e I aria bruna Sol de Ia bianea luna Fende I' lucerto rarato. I Vati at potis Gi, si recan Ie lire e van con lenta
blano tentando te sonore corde.
Onda ces dolei carmi it suoci Consenta. Stuot di sanci ulli. ch' alto levi, e scuata Le maritali te de , o canti Imeno Imene :Sehiera di Madri eletta, me si fido SposO mene La vergin timide ita, Ed altro . onde simu Coppia si ouora. Ecco h gia presto, e tu non vieni ancora Giuno sorae r in volge in nriovo assanno,
O la Noja deu' ispido maritodiet quinto oro a consolar ti stat Ma qui Nieve lares Dimora. Ah vieni pue: nen' alta mite Coa, non pia la suora aspra di Giove
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Carion vi colane ire antiche e novet si consenta ii Padre degli Dei, Che 'I tardo e sos o Nume,
A cui per sati crudi .E I'antica e fumosa Caverna Elnea lasci a'Ciclopi suoi, E torni ornat' e bello agit ocelli susi. Vien' Venere. vieni. Ahi te Inie voci Disperde it vento, e I' assannata lenai Canaon, mi sugge . Ma di nova luce Il Giel ecco si accende rEcco 1' alme Colomber eceo gia s snd La bella Diva a not. O come allato Le cherZano, Ie GraEie, it riso, e 'l gio lEd o come ella vaga olire P usato Certo tal non apparse
Ne la pendice Idea; Ma tempo e di taceri eoco Ia Dea. In moria dei Marcheae Fraggia d. Non mai quel labro un doleo riso aprior Non mai bella pieta pinse quel volto; E si plange cosi, come se tollo Morto ne avesso u piu gentile e pio Pastor δ' Arcadial si. Det secoI rio,
Schivo romper la spoglia, os' era involis. Volea quel puro altero spirio, e geliato Tornare at suo beato astro natio;
Ma nes potendo , e dei suo iungo ostolo Gi, stanco, o piu det solle viver nostro
Altrui procide va, e se medesimo degnis. Ma o quanti ricondusse a huon consigito
La sua nobil ferociat Ah si che deguo 'l deiuato Pastor dei pianto vostria.
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L' infelice, che versa amaro Planto: e troppo regro cor si turba, e addoglia. Ora , che langue ii blanco cener sauto Ultimo avvango de 1' uniana spmIta
Lasso, non ho che' misero conforto Di Iurimae vicino a' sordi marini, Cho a qualiso senso di pieta richiamo. Dopoche per destin , ahi sei gia litorio Qui mitigo r assanno, e vivor parant Hen tantano da te, che onoro, e Chiam . Per Ia morte Glio stesso Venturia..
O de' ,εeoli Eroe, e di natura
Dono alia nostra inspirosa elade , Esempio de te forme eccesse e rade Cho muovon la mortu materia o curct. mpo una gloria, che si serba, e dura Νe' posteri . e Per tempo unqua non cade. Varca e gia deli' etere te atradui in Dio riposi, anima Ileve, e Pura. Ma noi, pcrdula raura. e 'I chiato Iume, La sortuna, it sostegno, e la speranis i intoreo at freddo fasso a iam dolenti. In noi medesimi soci gli aspri tormenti E la vita, che aI duoes misera avvanga, Mandi dasti occhi tu i un caldo fiuino.
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Delia si ita citiade . a cui non sorse Pari o simile unquantor Ah non dovea, GPirto genti l . si tosto alui. n disetorse. Pur go, che nuove e pili sublimi forme Volgete or uoi net servido pensiero . Clie non saran giammai per tempo spe te
Νoi Ie vedrem quel di, che 'l Rege altero Menando pompa di feroci torme Rilornera dat harbaro Oriente.
Di tui, che implera dat latini colli. Vegs, cho'l bet vermistio orna Ie gote, Ne son' i lumi δ' ombra gravi, e molli. Impavida cosi premi te v uote Di speranga d'uscir goglie , che solli
Chiami i Prosani: e non ritarda, o scuole Fortuna it piede, e non a vvlen che cresti. Di te stessa maggior riguardi it Trono In tua stirpe, o nol curi; e rendi in tanto Famoso, e augusto ii sacrificio, e 'I dono.
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Torno Damcne , che I'elli lutui a Vεdea merce d' un Nume in pello as Os . t lieto disse: o giorno almo e famoso l lacque Licori, e 'I sacrisinio impura Fianuria non cinae. O torbid'auca oscurarEra sereno ii Ciel. I' astro amoroso. A la Duova bella , che tarda morte Aspe ita, arder vedrem fauni e pastori
Dipinti it viso di color diversi. Na o Dio stranio pastore avralla in sorte: Ecco et ne logiis la genti I Licori, E lascia tanti sol d' invidia aspersi.