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L Ombre di quei, che per Ingegno, ed alte
Chiari no la limosa antica Atene Alteramente aprir tragiche sceno D' amaro planto, e fanguo atro cosparte. So fiso un guardo da te si igie areno Mandasser, donna , sit te vostru carie
nidorrendo i hei carini a parto a parte Atto sorse divi en d' Iuxidia plene; Della Greca Eloquenaa i pregi accolseL' emula Roma , e ne leo bol te, auro di Pure dat nostro suon ii' andb heu iunge. Ed or costet si ferma a uoi si volse, Che ne segue a gran Passi, o ne raggiunge,
limo, e dallo stesso indirixetati ad Isabella Mastrula Duchessaci Maristiano deita Ellada Zelea. Dissilia o by GOrale
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Non te ine chiome anrate, in ovi fovente , Industre Amor tacito stassi , o nuove Fa reti; non Ia fronte, ond'egli mirove In ogni alpestre cor suo strat pungente Ah i hegli occhi , di luco almo Oriente Occhi iieii e sereni, onde Amor Piove Fianime ne' volti pili gelati, e dove Avulva ognor Sua pura sace ardenter Ne que' sori, ch'Amor li pinge in volto, Ne 'i tuo leggiadro portamonio altero, Ne 'l suon de to tuo dolet alme parole ;Ma virtu. che di te siede all' impero, Donna Reai su resca, onde m colio Oilavio. Ο rade noZeto at mondo, O sole
Antonio, ii sero turbine di Marte, C hor tuona in orno a Ia genti I Serena, Che da dolci d' Amor sensi mi Parte . . Or che giorni piu Iieti a noi rimena Coppia si chiara in Ogui es trania Parte Si mi rin ranca la smarrita lena . Ch' io vo ritrarro it chlaro nodo in carte. Vol Figlie almo di Giove alia, e lumeΛ me porgete da la cima augusta ἐChe r ingegno paventa at grati lavom. Si fia, ehe levi uti di stanca Ie plume Mia fama oscura. o auoni appo di Loro,
Che nostra elado chia ineran ve usta.
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Praesens hus ades, o 'men, pyredintiri Deliam sibi adesse Pule Puella.
i. quantiam est ubicumque Gratiarum Sol larga Charietes manu dedere. n laetum sibi adesse pule Marteus. Cui ex ordine Principum Virorum. Vix est, qui queat uviam e ct Aramar. En ve Sponsa Vrrum artaee, et Maritus Onsam deperie. Oa conjugales Fer taedas, Hrmen, et jocum et imorem Infrens ut thalamos bene omina os . Praesena huc ades, o Haemen, Precanti.
Sal medesimo suggetto. Gran Dio, cho movi ii nembo, e Ia procella Sul nuovo Innesto, ond'e'l Sebeto altero , Ne fulmin scenda mai, ne turbin sero, Ne raegio irato di nemica Stella. Di lieta Delia la stagion piu hella It vesta pol, nh sia, che nuvol ne roL' adombri , e scola placido o legger Zetiro la gentit frondo novella E quando Sirio piis raccende it glorno E tace raura, e languo ii pomo e I'erba. O larga pioggia it hagna, o fresco rio.
Si Vedrem Dol, qualor ne fremo in ornoli crudo Borea. e Iniete i campi in orba.
Lieto dei grando Innesto ii suot natio.
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Νon quel cli'or va 3, chlaro in Ogni phile Sanguo gentii dei tuo gian nome alle IO, No i ii temulo mi di braccio guerriero, Cui par nou vide it gran I'opia di Marte Ma tua Pieta, che di se tante ha sparte Mettiorie in tutio iI nostro amplo Emistero Sol ne pasce e riempie oggi 'l pensiero,
Ed e ricca materia a non re Carte.
Ne guari audia , chs in questo Te inpio is tesso In cui vicn che si chiara oggi riluca,
Cario lama di te pej nostri cumi; .
Di quai barbari gioghi Asia si se uolet Coine it Tigri, ii Glorian l Eufrate, it Gange
Di uero saugue ostii tumido frange E leschi a volge in sue prosonde ruolet Quai strame mura si ferro uita , e pete uolet
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Per Io Quaresimala, ch' uti ha Predio oin qu t' anno OPII. OR. che voi lo insincte e i chiusi inganni Aprile altrui de l' angue antico, e sero , E chlamate gridando a buon sentiero L' uom , che lui duce erro molli, ornolti anni. Fugge per duol battendo i soschi vanni Ogni reo mostro at tenebroso impero, E 'i disperato crudo Rege altero Ne smania , e leme gia gli ultimi danni. Oh se di vostra voce it suon possente Per foviano di Dio consigito eterno Tonar potesse ancor sovra oriente Lungi da Ι' alleo vie deI cieco Λverno Tanta fors e n' andria mal cauta gente, Di eui Satan sa omai crudo gOverno. AL
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O porto uu Νume ignoto ascoso in Petto,
Nel pensiero mi moveo I forte immaginare La mia virtu conoscit rice ossendo Ah na Diva potenetia in me discende, Clae per entro at piu sosco De la vasta caligine mi mena, Onde te nostre sorti ha chivae it lato, o come io penso, e vegoo olire a natura O come or mi vien dato Nandare it guardo in au I'elli laturalΛlto Prenee Regale Nasce dati' immortale Augusta coppia, ondye 'I Sebeio altero E di Palla, e di Marte a' chiari studill buon Gargone intende. Il lasco fabro Nuova forma per lui Armi tremende su Pardenti incussi. Per tui ripieno d'onorato sdegno Gia si scuote, e si spoglia De Ia lunga vilia 1' italo ingegno, E i meagi volgo, e i modi, Onde risorga Nu 1'antica rovinuta dechinata Maesta latica.dia pria che scoppi altrove Il rovinoso turbine di guerra Caggia sul Re profano, Cho preme in servi tu la Sania Terra riggio ii Sacro Giordano Che Iieto in su la sponda It gran momento aspella De l' alta, e memorabile vendetia E torcendo fovente ii guardo in ira, or Ia catena, ed ora Guata. crollando it eam. il suo Tiranno,
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E sia servaggio, o morte. 'Saero Gior ano, e Presso
Nero Giomano, ii di famoso e giunto. Battono mura, e torri I bellici strumenti. Cogion percosse at suoIoFa reiste orrende forme Le barbariche torme. Giaceton di torZa Polve , E d' atro sangiae aspersi, e lesciit . e busti; Ed armi, e membra volve II tumido torrente ;Le madri paventose
Fuggon dilaniando Le gole lagrimo e. Balton per dolore it geno, e et fianca I tristi vectat, e intanis ine i lor danni, e dei pianto sLiela su Ι' alto muro R de la vendicata Ouibra dei Danco Augusto. Che la bella Sioa ne Itilolse an tempo at predatore iniusto Veggio ma qui la diva Luce gia mauca a la virili pisiva E p u si serra , e striuge Lx te uehra dei fato.
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SPlato gentile , it second' anno e olis , Dacche dolce disio vi nacque in core De la Donna , con cui v' ha Stretis amore In nodo, che per uom mai nou sta sciolio. Pur non vi sparse it giovinetio voltoquel cho tinge si amanti egro Pallore; Ne mal caldi sospie traesto fore Per troppo ardor nel manco Iato accesto. Che virtu . poiche I' alma in Iet riposa , Nove soavemente i hei destri, Νε 'l viso discolora, o grava ii Petto Ma quando avvien che intorno aI Q s'aggiri, Agita i lievi spirii aspra, e sdegnosa, Che non si saetia dei suo vile obbietto.
Ben dalla et a trilustre a me su dato Seder ira Ι' alme suore, otid' altri a morte S invola, e altero deli' onoe pregiato Risi lavoleggiando incontro a sorte. POiche mi torse a gravi curo si sato. Langui rim maginar sublime . e sorte Ed or dei lauro at biondo crin donat Veggio cader te frondi aride, e smorte.
Voti che ancor per la eccetia augusta cima , Nuovo Cigno gentit, movete ii volo, me a vostra virili chiara con tene. Mente' io mi laucio in vallo oscura, ed ima, Fate sonar te sacre pie gge amene
Dei gran Nodo immortale H mondo solo.
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Nimica, e piu chi men forse deuria A' miei citisti desii ii varco i pruna, Ne color di vilia per rea sortuna Non pinse mai, ne la virtu nalia or langue, e la non to a san asia Tuti' attre sorine, che di duolo, aduna Ed or hen piu , che dolce amore a sei. Onde is prima fiamma at cor m' e Stesas In hel nodo soave at 1iti m ha Stretto. Dunque verra gia mi ricerca il petis Sacro furor verea ne' carmi mi ei luesta nova st' amor legoadra impresa. Veggio, gran Donna , at heddo fasso amanto, Che la vii di Criteo terrena Parte Chiude , Feho , e te suore in bruno an manto, E mille Ombre di Vati erri indisparte Muti Ii vegsio. e sol vaghi di P:anto, E Veggio lauri e cetre a terra Sparte, Or quale i' ehiamero Nume H mio canto. E che pud senta Nume ingesno, od arte IChiamar quel coro, henche a planger volto Sol dato e a voi, onde Ι' antico Onore Avvien ch'at suo bel nome oegi ti renda Io la tacita Iira, or che m'e testo Cantar, sacro a I'a et det buon pastore, E testimon deli' amor mio ne Penda. Stomoto P anno in morte di Oraetio mei eo desto tra eli