Antiquitates Italicae medii aevi : sive Dissertationes de moribus, ritibus, religione, regimine, magistratibus, legibus, studiis literarum, artibus, lingua, militia, nummis, principibus, libertate, servitute, foederibus, aliisque faciem & mores itali

발행: 1773년

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quila data;

Cisita di Peune i Campo si presse,

Perrae aer loro a era rebellata Feo passio, e bombarde pro lumes; Cou lor pote la hebbero sedi ita , Tutto D popolo inmine 'aduse IAbbate Nasicio, che era Castellano, Per Troilo mando a mano a man9. 33. in veramente adun tanta gente, Troilo fece una graumo agnia, Per no a tanto, che siegretamente Per una o sta, e valle assalia . Viva viva Aquila ferocemente I

Dicendo Broccio e non mi a configlio Prometto , non rni partir si in fretia, l

34. Hor hi edesse uel Troilo armato Sedere sepra i seu destrie corrente , Che es area Leone catenato, Luando si V in ore quella gente. Giocasi Io Ancildotio minato, Ch in attaglia si se tanto possente, non iste ma lui per na volta; A quesin fata a fama li e tolla. Farinoia e di Montebello ancors serba in Archi Wio a Concessione, che egue e che si riduce a questolatio:

si Iohanna II Dei gratia Regina

Universis notum facimus quod, propter certas causas mentem no- stram moventes, statumque concer m nentes . . . . . . decernimus Volumus

mandamus, quod Terre seu C se stra Farinule, Montisbelli que, pervenerunt ad manu Universitatisse nostre Civitati Aquile, officio se iurisdictione' potestate Uiteoeren D tium, seu Iustitiarorum nostrorum se Aprutii interea nostro beneplacito, quiescentibus, a quibus eas signano ter eximimus, mendantes propterea

o Capitaneo Bajulo Civitatis Α-

is quilein successive futuris, quatenus is ex nunc suam iurisdictionem sic ercere debeant in eisdem Terrigo Farinuleis Montisbelli, sicut in is aliis Terris Castris Civitatis j se dem Mandantes c Datum se in Castronovo Capuano Neapoli peris manus nostri prefate Johanne Reis in anno D. 42r die . mens. Februar. XI. Indictione Regnota, nostror. n. XIX. De mandato Re- ginali retenus Angeli lius. Nel 431. Alfons I. uovamente Confermb e rinou questa IncorporaZio ne . . Reg. Munis. S. Aqκil. f. IbO., WL 'I.

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Gisenne parte, ct ann a Campo a Tuscio

Grande battaglia alio parere io, Trema li ecflo corpo e ogni membro Tanto che Ii hebbe a tutioiu desio F tina salaa,' uo perro embro, E siviilmente resist Santo Pio p

Moriouci it Caselluus delis rosee. 37. In pochi tores re castella pro '

allo Regina si alto a sapire, i Re Aloisi i ancora a foreta rL A tula bella per uoi si soccsrza.

vella ,

Andrea Mascio pende e Meo de Ca selia . L. Cossor servo grace Olio Geme, At Papa, edis undam si mandasse, Perche o Stato a iasicheduno preme, Dicendo a b c si securo a se

3. Onesi faeto hi gira de Conflatio,

Nonis e chi ulla an dare per certanos Hor qua di sol et Padre, o puruo latio, veramente uel Curtio Romano

Che per a patriis inesse a perlatio Sales na ossa, omo mi trovam pE cos se eo qui, di cui si dico era i andaraggio, disse Notar Lico. 44. 'sette di Settembre si partio

Notar leo, che ando per nostro Huros Dicendo a prima σIio mori io,

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Chruti ui aisi ubi Ieram, e chi intende IChesi gue ei quarto Canto vi distende.

rin uno si fornisca restameute,

Si cheis habhiate di Verno, e di State rA Iaceomano ne gἱ arditamente, Repogo si di vino in quantitate I

Braeci andya Campo a Civita Retenga. E eramente in pochi H Ia presie Pol seis and a Campo alii avelli:

Ambaβiator con parole venesie ILoro non onno intendere obelli e

Hor I si fu grandi me contesie

De colpi, e de attagite molio fellio Pist, e iugiorni furno in que Ili porti, Deli'una parte, saltribuomini morti. Vedendo, he non pus vince Iibria, D ira insammato, e di superbia pino, Leo Io Campo, e presio misi tu vis, E post Campo a Santo Valentino II poch giorni et Conte convertia, obedeite a Braeci in breve latinorinni partita frivere non volio, veramente i acconciose a solis.

gnore ,

E Misi Campo, si como era fato; Di Manupplello non era timore, Da gente, Antonuccio era guardato pM Braecio su si ho predicatore, In pochi giorni tutio hebbe necordato ;Tirosi a si ben molia genteis arme, chefurno, Antonuccio como apparine. 8. E quest fu que falsi Fornarino , Ch d Antonuccio qui lava te ore, Con a Compaenia ' Antonueri Cou Braccio ' accouci insunt a note, Et anch se sit inuanet is eschino, Che tradio, Antonuceio e suo nipote, E quella Abbate se tante matteZZe,

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'. Tanto che Manuppleno hebbem batio,

Ch I si dato con gran fallimento . La noveIla per Ogni arte gia, E in Aquila ne uisa gran tormento pLi gran os lati anno nocte e Aa, Corrier sipe O . che ma n era abeuto, Alia Regina , a Re Alos, e a voretas G ano e veniano si correri a corsa. Eo Tanto che in uestigiorni corrier venne Per fre fati tanto che e lutese, Dicendo voret ad altro non attende, Che di venire in punio ne pae9; Striat siti, a intra contende, Ch presto sono a voi tau tutio axnese. La Destera in Communo e si edo, Che eva chi dici , chiis io crede. r. Per ques Ottobre agiorvi dicianove Aquila ordin sua gran cadalcata, Trecento fanti da fare πη prove, Cinquanta ea alii ha di gente armata gΗora rotate, V io vi Hrb ove, Alla ocea di πη fu P anda a La noti su per a monta v andaro,

At Ia Bultuneri ne seu conducitore Ioan i atetica a non errare, Spellando ii villani e sano fore Che solean venire a vendemiare. Verso se son, levos i rumore gDicia ecte priρioni hebbe a lallare, Gris preda ' animali an gua detur, vim che alvaro alle M tague.

I3. Lo gra rumore per tutio si sente Fin a Paganica ster que sentieri yLa gente carine P armo incontinente, Li se armare leolo uerrieri Iunitrocent cavalia prosamente, Deponan loci gnuno asperi 'ri Νοβri per a montagna venian losi,

Palest ri e lancie Lube alii Aquiloni.

La volgar fama attaec a questo fatio im miracolo, che, ne Secolo XVI., nella sua toria de Bello Bracciana, Anael Fonticolano deserisse, colla prefaZione a luribus accepi, in che se porte de Moni silero, quali si cle-dῖn tener hiu se, at iunge degli Aquilini offero aperte da uri Monavo, quat, ni non ritrovato su cre luto S. Pietro Celestino Altrettanto dat Fonticolano rastrisse Salvator Masini Dirire delimoris uelle Assis , I 27 Τutti questi per tantani ali avveni-

Mento, non possono maior eritar Nila, daecli uni Contemporari eo mi uia

doυ si ed i Santo, ap'arito condisciplina alia destra, e te schio matano, consendere i Bracceschi e da lavritoria gli Aquilani, e nno mente di noti ri prendere, e flaggella Brac-cio. Qui e ne Cant. 6. si se Cr-ge onde ne ha potui nasce la vace mercech dicendosi che, ne di della Festa di sina Trasi agione Braccio iuuna caramuceia ebbe a peg io, epi acque a Santo, che niuno Aquil

no vi morisse quel, che i Cimin Ellidico per ri flession pia, P enfasi 'hapressi per satio costante,

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Prima re se se a Met glia orta; Lanci , e balestra in ossi es si toruo

Nostri Aquilani, che spes o Hesret te

havem s

m molli fanti Ga uno felici, A pare Mari a scire alii nimici.

Pregione fumis anni delia Danaa. Ist. Per seguleare e fati come e meo; Madam a Re sigi non si tene, d Ilo O i Bracci h revocato,Perche vera , che contra si vene;

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3 o. A quesio tempo fu fano consigito,

delia sua persona e clorusio P me hi segna havere tin buo conflatio, Guarda li passi, e saxe sopra alii , Dis a battaglia ha bensiugentea hesio.

si non metior et vini concio a vincere,

Non in is carme, polos e so lui canico Che essendo aere Mn mi ctria stringere pΛl nitro pio, nos 1, 1 B a Bucchianico

Ponsando se re elli passi stringere:

Da gente a gente volare combattere,

accis a reguardia nou vole incontrar=,

Per Jociorrer Aquilas se a pricola. 33. De Decembre si v scomo lora lesio, Prima b io parti di que casio eisi , Modama θ' in processis manifesto, Re di agona mi per ribello,

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Molli Aquilani di fore Ii fia. 35. Cedendo Ardiron ove an ' u cita, Da porta de Paganica olla trada Tutia a lana de Lupi de ita

per e mura pareans murati, Tante e eeuti, be era si tem re

'v onuccis non si ea elli imbosicati, Senet arm usi di fora a suo placere, Et in que punio, como ora trouato, Si discoper se a furore I UNato.

4o Ardieto ne venia di nanti nauti. i. hi dando orte Galle po=te ali porte Hor hi ede nar de pallanti Nullo Aquilano nou tem a s ms, te Et in farretio giano tuti quanti,

Si armi, e largoni de fasia sorte rim quale leneu lo saria recuuto, Che mille fascio eano in v p eos 4 I. Venian irati i nimici mal lieti, O utino su a morte P avvelaucia r Non dubitate, de Antoniicciori ditii. Est in farzetto si pigii uir lancia, Et in uel punt fu, ignor, opitii quanti nimici se dar a mancia Vedendo Antonuccio con lancia in mani Ados j si feria com a caiai.

Ern il ignore formato ad uno pass.

rodere

Solo per dare ati Aquila o fodere . 44. Ti, versi. scara alia gran sce,

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q3 ignori, pr braccis ogm passio e priso Non volendo attor lie ne percolo, Ches uno e r astrosaria presio, o uccisio,

. . . . . . . . ......

guardais, E com Suoma ne a dolor an , che con sua gente tui non sii provato Dicendo foretae non mi ar auanto

Aquila bella non temer a paglia, Fara gran guerra, o pos foderare, Et i di qua dati pena e trabetha, Se ui opes si a lente vole dare ;Et io appresso verris, Misar molio, gli sera nae mea cocto. 3, A cesso vulgo fu, che revenia Non piaeque alia fortuna, cte gli ea lato

Che glie a tutis, e da a Signoria, Non f haverat, cha non ' e desinato, Lue magno Morzisor di gagliardia, Non pia cissisma que passo arrivato , Subitamente se entrare u peritis,

4. E die alia sua genter me eguete, Di ques acqua non habbiat timores 2 sui sapete ricchi quanti fete Pa satae francamente di buo corrς Passa a prima volaa, me intendete; Delia gente di Braccio e qui Signo e , Erande cento armati insis Dd si ieri

s. E inve di foret preser a ferirer Hor hi edesse serra di bare al S oreta, quando D vide venire, Prose a lancia eo sua manu desirc. Γ elmo chpha tu cap tu quod ignora ordire Con inquanta de suo vecta campestra. Da s. a Ianeia, o pol millesie a corsa Gridandosorte reccomi qui son fores. o. Non pia che su verita sua figura, Subitainente lascua si ruppe,

Perche era crinato non adian aura,

L pie deretro mustrando e latarone, Huomini viri portate armatara De mammozetti da evere pone ςE Uoret , concioseo gravis ardimento, Con inquatata ne ruperae trecento. 7. Non ne se pii quel Sir de Monte Albana Rinaldo, che e colanto ominato, Luanto fe Vora e magno Capitano. e pare va Leone satenato Rotti che i hebbe torn per certans

Non temea acqua quanto che terrini;

Di tuita a sua gente se ricolea Gridando a vocer o uoni Paladini. Fama di Braeci per no sara tosta, Ostra passate armati pellegrini e

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Fortuna falsa semiar ti relio, Sola di foreta, eo fu si possiente, O quanta dogdia ne sumes in Campo ;Partito res ii Figiis a fare sampo.. II. Perche sitia Compagnia uomst romptas , Anzi pensati di e go vernare 'E ominetolia a fure era pro ingsse Di In rasilone volere cassare IE a to quesita ra in punio si esse,

Chisara nostraguida in mare, in porto p Lascia sare a pena, e gra dolores Di, ovo ob rege per a tenore . Ig. Camertingo di Genuaro e Febraro E Guerno Benedicto di Salvato, Colli Ciuque che fur unbus riparo,

Diant di borra r Aquila e dolente. Toxnam a raccis a novella sente Is Sicome a novella li era advento,Punt per punis tutio obbe sentulo Alla sua vita non σι iis contento, Dicendo a Dio tu in m ha prove duto, Che , se fatio venia sum pensamento, A me mi convenia lalia partuto; Tanto era ali gro, che iscii dassa

manica

Diora Nicola: homnat tiro a Paganisc. Is Pario infra tristi prima che parti ser, Lo Capo quadra ' intorno I trasse; Pero non vos nullo fore scisse , Non vos ob hae Vlia se implectasse

Uno de no convenia, be peris ,

De te conflati deblate tenere, Vole tam etere e vince sapere II Nicol Guerrieri litora iis punio, Meno con es una gran tantaria,

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IV. Tutia a motio iaceano alli as, Ilutorno correri per Ogni lato; Ben si trovasa dolorosi, e ossi Aleu prigione, che n era pigliato,Perche a noti dormia si si si si A uelle est, e reddo misiurato 'Ghe foderi non entrasse uella Terra, Notte, euiornos e facta una gran

Trodito hora mai a palma ne tenga, Che honore porta tu de cavallieri. Hor itornam a Nicol Guerrieri 22. Che non potean r Aquila guardare, Che eviravate sale e pecore, e bovi; Coloro, che vi gia per guadsignare

Si ritro vava di vivi novi Nicon uerrier se vol disperare, De fodere che entrava rodea chiovi; Io i apb cantare ad alto uono; E in Oerdescare se Santo Antono .a3. E mis dentro ben a cento fanti Di quellifanti a pie, cheo di voreta; Face guardare da tuti se canti, Non tenerava e valore δ' unaforeta: Dos si edono mai Gonni tanti, Non et era a ta pericola concorzaς F di Febraro a it m de mese, Hor udiret hornia Irepandi imprese.

a . Periaci Madama, ii.Papa , et Re Lois, E Duca di ilano ad fina tela,

De molle navi, e gale con Io vela,

Una gran parte su de Genuisi quanti fu per conto non cela Como informati seu per i dicenti Caecia quindici milia combattenti.

as. Subitamente manssio uesta armata Per a utare a nigra Regina

E iusto et eam si calata Per oecos alle Terre di Marina . Contio de Re Ragona su mandata, re iusse a quella magna Terra na,

Madam con si suo ebbe conserto. 25. F veraetente ipseli Gaeta, e Isia Procida similmente, E fati questo gia non esse sueta, Pro coste di as uella gente ;Como a Storia su punio non si veta, fati ques non amor niente, Tuti navi, e gale pres, mossero,

Alio id di apoli si postro.

27. Hora Iasciam ques alquanto stare, Torniam ale Aquila, ch e viseriata,

Ch poco fode vi pote entrare Che diogni parte erara beniuardatas Non sapeano che dire, ne che fare, Tanto a genteo era addolorata, Laspen e tolla, stoichpe morio voreta rChi I soccorre a Dio iam ricors. 28. Signori, emittarini an eo elio Ch a Santo adre pres, mandase, Con dir, che quem popolo riuo titio, Per Dio, che D soccorra, ct Hutasse, Perche e condotio ali estremo perlatio, E in ta modo morire non si Disse, Che con sua gente occorra allo mino, E s si mundi Pietro avarrino.

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