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prenome. Nello Aearso numero de'prenomi de' Romani si sa. che alcuniper una, alc uni per diae, e gli altri per tro lettere si designavano: e chotra i prinu era it prenonio Numeritis, ii quat solo da quella letteracona uelava. γ). Di cotesio prenonio scrisse Festo b . Oe dolia pa. ir hie Ia famigba Fabia it prese per occasion det matrimon O. chuccilla ricenissima si glia di Numerio Otacilio contrasse quel Ea.b o, che solo resto vivo dopo trecento e sei Fabj uccisi. Fuquel matrimonio coniratio a condiZione , cho it sigilo, che ne naso s. se, portasse it prenome deli'Αvolo materno: ed ecco ne li' nubi. ca storia Ronuna un' esempioidi quel . che.sovente appressonoi si Ia de' cognomi. quando siniscono Ie famiglie in una don. na. It nomo Po idio ne' libri. e nolle inscrigioni degli antichi chen raro. Nel gran corpo delle insculaioni di Grutero meti non si mens va: ed in una sola inscrtzion Capuana appresso it Rei. nesio' o si s mengione di Posidio, e di Popidia. Men raroe 'i cognome Celsino. . AEDEM. ISIDIS. Non e da maravigilare . che Iside xume Egigiano si adoras e in un pubblico Templo di una Colonia Romana. Comeche rogolarmento fosse vietato per te leggi du. Romani it culto de' diuini stranteri, nondimeno talvolta si perinet-tea, ma non altrimenti. che per pubblica nulli rit1. Ce ne rende testimonianeta Cicerono no' libri deIle Ieggi co. Per quel, choad Iside si appartiene non e da dubitare, che ne sit dat Romani Permesso it culto per pubblica autorita. Solamento dei lem PQ si dubita. Se vero fosso quel, che Servio dice θ . ehe i Romani nei tempi di Augusto non dum non ancora aveano rice Uuto ii cullo delle Migiane Dolia. pol cche altrimenti non avrebbe Vergilio avulo P ardimento di clii amarie, como te chlamis Deita
it rempto d' Iside in Pompej. M a Servio s'inganna, ed e da iu- tendere quel, ch'ei dice. non come propria mente suona la Parola non dum. Sollo it Consolato di L. Emilio Paolo, o di quello a Sison. de nomin. R . rv. s.
d, Lib. II. Cap. XIX. separatim nemo latessit Deos, Nepe - νω, σω ne odi enas , nisi pullire adscitos , Prinatim colunto.
quia aia Augusto nec dum Romani Aegyptia sacra sus Perant
et Gilmittebam .... pro lauda Augusti aliquia etiam in Deoatnclementius dici.
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Io, che su Console Ia prima,volla neli' anno di Roma DXXXIV .la seconda neu' anno DXXXuIl, o di quelio , che su Consolo laprima colla nelI' anno di Roma DLXXI, la seconda nolI' anno DLX V, erano in Roma i Templi di Serapide , oid' Isido .i quali si aveano in tanta reverenZa, che uvendo decretato ii Sotiato, che ii diroccaasero, nonnui in ira i Romani, se eondo chepresso Valerio Massimo e suritto a chi os asse di farto : ondo it Consolo Emilio Paeso, posta giu la pretesta, e presa. la scuro,iae ebbo a dat Ioro Ι' esempio r il perche non e cla credere, choat lassero erelli di iresco , o seneta la pubbliea autori tu . Che se pol piae ia a taluno di altribuiro eolesto salto a queli' Emilio Paolo, che fit Console nel I' anno di Roma DCCIII, Od a quello. Hie ici Console nen' anno DCCLUI, ne seguira, ch'erano in Roma quei Templi primis delP Imperio di Augusto noli' anno sitiarantesimo quinto det di costui principalo. Si creda di cio quelche si vuOle. Certamento neli' anno di Roma DCCV , net qualolaron Consoli C. Giulio Cesare la seconda volia . e P. Servilio Varzio Isaurico, erano in Roma. e dentro lo mura i Templi d'Iside, o di Serapido. Ne sa Iede Dione h , che gli Aruspici inqueti' anno, peresae te api, menire si offerivano facii fiat ad Iside, a eano net Campidoglio posti i lor nidi presso Ia Sia tua di Ereole , aveano ordinato, che tute i Templi d' Isido o di Sera. pide si gellassero a terra. Ma polcche lo stesso Dione det tempodi Augusto pariando dice , che tentandosi nuovomente δ' intro- durre in Roma it culto de'Numi Eglaiani, secesi editio, che non hi permellesse altrimente, che in distaneta di D. passi dalla Cit. tu, mi so io a credere, cho vedendo Vergilio esclusi que' Numidulla Cilla di Roma, e lolerati anai, chu permessi in quella di-εlanza , ne parili . cosi. come ho dello, e che a colesto modo uolsi intendero quel, che Servio ne scrive. Dallo cose det te si Potrebbe raccorre una molto maggiore antichita dei nostro Tem.
Pio: ma due Iuοghi , Puno di S, et ouio, Paltro di Giosesso E-hreo mi sanno tener per sermo, cho dopo la morte di Tiberio su prima mente edificalo , od almeno riconsecrato ad Iside. Una stode usata per danaro dat Sacerdoti di quella Dea tu disonoredi Paolina pudicissima Matrona commosse alta mente quel Priu- Cipe, onde sece porro in croce i Sacerdoti, dare at suom te ve-
a Val. Max. lib. I. eop. III. num. IV. L. Aemilitis Paullus Consul, quum Sennitis Isidis, et Servis Iana Etruenda cen-Fuisset, eaque nemo DP cum attingere auderet, posita praetexta
ecurim arriRuis. Te lique ejus foribus te xit.
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sti . et rimanenti saeri arredi, diroceare ii Τempio, e peti Ar Ia Statua d' Iside net Te vero, e tutii aboli gli Eglaiani riti. Oe me o Verisimile . che dopo,colesis gran salto di Tiberio si e .riggesse vivente lui ad onor d'Iside an Templo in Pompej 3 oche se trovavasi prima eretto, non si mandasse subito a terra, od almeno noa si dedicasse ad altra Deila Τ Dopo la morte di Tiberio si per se nuovamento il pubblico culto di quel Nume: quando propriamente lasse ricominciato, non si pus cou Sicu--ZEa asseratare. Certa mente net tempi di Nerone si adorava Isi de nei pubblici Templi di Roma. Lucano, che scrisse solio die Tone . par , Cho ne Parii come di cosa accaduta at suoi.di a . Ma ne 'l Iuogo di Lucano, ne gli altri, che se ne polrebbono re-Care in pruOva, vagii ou tanto , quanto Ia nostra inscrigione, ch'edet tempo di Nerone , come poco appre3so dimostrero. Dimquem'i nostro Tempto , Od eretto in Pompej dopo la morte di Tiberio, o . se prima vi staVa . iu dopo la colui morte ad Iside ri.
TERRAE. MOTU VLAPSAM. It tremunto, onde in Pom- Til Templo d'Iside ro vino . non e da por dabbio, clie su quolache scosse it Teatro di Napoli, mentro vi flava Nerone Cantando ad onore di Apollo. Mi muove un luogo di Seneca , chesurive b , che per quel trem uoto non perde Napoli alcun de
religione, che nia Romani era grandissima , verisimilmente non. Iermise . che s' indugiasse troppo a rifabhriearlO: ed ecco, theel tempo di Nerone e 'l nostro Templo, e seguentemente I'in
A. FUNDAMENTI P. S. RESTITUIT. Sono qui due modi di dire, de' quali non so. se ei sieno altri esempj appre So i
Latini du'tempi migliori. L' uno e punir a Iunciamento net numero dei melio. Eran soliti i Latini di dire a tu damentis neI numero dei piu. L' altro e quello P. S. significante Pecunia sua. Nelle antiche inscrtzioni, che sinora his v edule, liene it Primo Iuogo la lettera S. . o volgarissime sono te formole, ChL SOg ouugo. S. P. F. sua necunia ierit 1 S. P. F. C. sua Pecunia D ciundum curarit, S. P. P. sua pectinia 'osule, S.iP. D. D, 3 pecunia donum dedit. Ma coteate son cose da non larve ea O.
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RUAT E ancora qui una terga cosa conir' at costume degli a nislielii. Νelle inscrtaioni crano essi usi di designare per figure mi-meriche , non pee lettere, gli anni di coloro, per cui quolle si laceano. Per contrario gli anni di POpidici si dis gnano nella nostra inscrigione Per quattro lettere cosi S S. Ma cosi piacque allo scultore, o piutiosto ait' autore delia inscrietione di raro, ede hella , e sinita. E post a la gran dissicolla nella sposiaione diquet S S., cho non si sa se signilichi sediei, o Sessonis. Parche non possa significaro sedici , prima mente perche sole ano gliantichi dopo Ia lettera x porro la ridondante lettera S, o quando seguiva vocale, come nesse voci avxsilium, maxsumus , exsem
yla, uxsor, e simiolanti: o quamlo la lettera S. era Ia prima letiora delia voce semplice , come uelle voci exatio, exscalm, exstindor o quando liniva la parota nulla lettera X , como nella voce. confιxst SeeOndamente perche se si ponga, che Popidio quando risabbricb di suo danaro quel Tempto , lasse net sediscesimo anno, riuscita duro ad intendere como in quella eta . nella quale dovea stare secondo te leggi a cura altrui, e conse .guente mento non avea la libera amministraxion di sua roba, a. cesso per mera liberalita si considere vole spesa: e 'l curat Ore , e 'l Ilagistrato gliel Consentisseror ultimamcnte Perche non pOleano te leggi, e la pubblica utilita comportare , che ad nn gio vane di sedici anni, non atto a regger da se la sua Privata casa , si desso it reggimento della Repubblica , ascrivendosi alΙ'ordine de' Decurioni , ch'erano nello Colonio, e net Municipi losle so . ebo in Roma i Senatori; det quale argomento uso Meeenale appresso Diono a per dimostrare,' quanto vergognosa , enoce Di cosa sosse eleggere in Senalore un minore degli anni XXV. Coleste ragioni mi secero in prima parere, clie lasseda laggere sexarinta: POi ris letici , che leggendosi eosii tutioquel CUM. ESSET. AAJORUM. SEXS. sarebbe stato ridi nisdante. Nella etii di anni LX. hen pol ea Popidio esser ereal OD curione , seneta che per ris pello di essa a cuna praetia gli si sa- cesse. Perche dunque se ne avea a sar in ollo Τ Di la a qualchetem p O tornommi a memoria quel. che de' vec hi tes genarj a
a) Lib. LII. Quomodo non turpe, et noxium sit, quum ne mini ante id aetatis suorum bonorum administrosionem concedatis, iis . qui eam noqdum attigerim , Rempubliciam vos crederar
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non si permetiea loro di dare suffragit e cos 1 pensando credet, che net ver.o CVM. ESSET ANNORUM. SEYS. potesse quel CUM. spiegarsi per tutioohὰr dei quat significato recasi qualet, esemplo nui vocabolarj Latinii est esteo dissi aliora eouo lagrazia satis dat Decurioni a Popilio. It crearono essi Decurione, dispensando con Iut, che como sessagenario uon polea pir leg-ge esser Decurione , perche non poteva in quella eth dar sunfragi. Ma recatomi pol sopra di me chia ro conobhi esser cadu-to in errore. Α'sessa genari si vietava il dae suffrati Dei Comi/j . non ne 'Tribunali: o per ri petio de la oth Je'Deeurioui e scrit
anni LV. creati Decurioni se no potessero scusare, non dimen heu poleano Consentendovi esser Decurioni: coniectili maggi Oridegli adni LXX, e scritii una volt a noli' alba de' Decurioni piunon poteano allegare, per sarseno torre, Ia shusa delia troppaeta loro. Dunque vopo nou era , che si lacesse sapere alle venture ela, ehe su POpidio creato Decurione net Panno sessantestismo di su4 vita ; ne conveniva in alcun modo. che se ne lacesso
memoria in quel lilogo delia inscrietione, net quale solamento intendea si di sar sapere, come scisse stato colui rimeri talo di sua liberalita. Νe di colesta disii ita ci potremo spedire altrimetite. che quivi leggendo SEX DECIM. Cosi,s' intendera, perche neIIa inscrietione, e in quella parte, in cui traltavasi di ricam hia rocon qualchc grazia Ia liberalith di Popillio. Atta si lasse e spressa menzione delia di Iut ela. Xon comportava ii costume , Che ungiovinetio di anni XVI. si elegosse in Decurione. ConRPOpidiosi dispenso. Non mi mucivono i ire contrarj argomenti. Se non si troviesempio delia lettera S. dopo la lettera X. oltro i snddelli tre si, diro . che di cotesta ridondanrare da colpar lo scultore. Ciis di molle simili e molio I tu gravi scorreatoni .'colpa degliscultori, negi' antichi Marmi, tutioche sieno di migliori temptdeli'Imperio Romano. Ne perche impidio ora minore o n es a
Tiamente da credere, che non potesse a intriinistrare sua roba
altrimente che col consenso dei curatore. Nei tempi di Ner e,nei quali su da colui risabbricato it Tempio, 'a daetion cel curatore era pina checche altri ne dica) neli' adbitrio dei Magistrato, it quale precedente cogntgion di causa ai minori, Chohene amministravan sua roba, non davuno euratori. Di cio qual-
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es eati in i curatori. Quel tutu, e quoi seueta cognietion di causa hen mosfrano, che prima di Antonino ne a luili, ne seneta eo gnieti oti di causa, curatori si da vano. Final mente la gravita delia carica di Decurione non escludea dei tuito i minori. Incapaci del
risilbricare qtiel Te inpio Vi s se stato uopo dei consenso deleuratore. o deli' autorita dei Magisti alo, chi e , che saper do . quanto lasse stato grande oppresso i Romani it favore delia religione, non s indurra facit mente a credere, eli' essendo Popi-dio agiatissimo de' beni della fortuna , glie I' avrebbono ii cura-lore. e PMagistrato hen Volentieri perinosso Τ Coi minori per qualche onesta causa ben si potea di pensare. Papiniano in un
H In Antonin. mP. XI. b) L. non tantum II. D. de Decurion.
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quel gratiis at preeteto si oppone. Sinon Aretio, gratiis. Ma quinati nasce una gran dissicolia. Se Popidio, cui si volle dat De eurio
v erita delle lego Roaiane de ambitu. Νἡ puo sciorsi cotesta dis ficolia per quel, che di simiglianti prestagioni si Iegge net Co dico Giustinianeo solio it titulo Da suffragio et primieramente per .che la Costiluzion posta solio quel ti toto e deli' Imperadore I eo dosio, che tenne P imperio molis do i tempi di Νerone, e con liene nn jus det tutio nuovo, e a gladizio de i buoui e,tiina tori desse eose non sa onore alia Romana Giuris prudenta ca): se condamento perche parta Si quivi di cosa, ehe si Proinet in , o sida non a coloro che conteriscon Ponore, ma Sola me utu a colo.
tute dei Decurioni: sportulas Decurionum accipiunt, citae quelle .che agit altri Dociario ut non minori si danno dat Decurioni novellamento eletti. Lo vortulo iaci Decurioni non eran Prea , co- me preazo non erano te vortule eiusaluti, cho da' litiganti si da-vavo a' Magistrati. Si davano come salarici. ed in segno di ono.
ror onde quel che α' professori dello orti liberali si da. 'salario, onoνiario, ed onore ne i libri det jus Romano vien deito. H. Eche cotes tu vortiale da'nuovi Decurioni si dessero ad onore doli' ordime, a cui ventuano usurilli , non per preeteo de' susseagj decli elellori, ecco come ii dimOΨtro per uir urgomento, Cho-trag-go dat suddatio lilogo di Papiniano d). Dice Papiniano. che i De curioni minori di XXV auni riceoono cui n-νi Decurioni te Wor. tule: immedia tamente soggiunge , cte non Gnno si Dan. Pe suffragj do' Decurioni ii nuovo Dedurione si elegge , 'e costui diste v9 tuis, anche a' minori, che non gli han potiato dare ii suffrario. Dunque te da' loro , perche sono anch' essi, tutioche seneta sui fragio, deli' ordine dei Decurioni, at quale s' intende per quello di sare onore. Aggium i uti altro argomento tralto dalla te
e Urisson. de V. S. p. honor, hon rastum, salarium. d e. in cit. L. 6. 3. o. ex lib. rem. PaPin. e Lib. X. ep. CXVII. Qui meum Magistratiam , solent tω- tam bulen moara , binosq- denarios, rei Singulos dare. .
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si dice , ch'eieta a soliti i nuovi Decurioni chlaniae tutio it colle. eio . e dare duo, od un danaro per clascuno. A Popidio secerograzia i Decurioni di queli' uno o di que' due dan ri. Per Ie cose detie a' illustra un'altra antica Inscrigione simi-gliantissima alia nostra a . L'estimazione di una merce dipendente odali' arbitrio dei Principe, e de' suoi Magistrati, O dalla conveu-gione deli' uomo , eratio un segno di viconoscimento e di onore et Chi non sa , che δὲ nullo o 'l mandato che gratuito non e 3 Con uttocio o quel, cho si da in remuneragione dei henesaio, choi' amico ci sa prestandoci 1' opera sua,. non sa Che mandato nonsia. Dunque da quel GRATIS mal si raccoglie , che 'l Docurio. nato suori dei caso di Popidio e de' si inigilanti si desse per preEgo e ed anche quando avesse Popidio date, come gli altri nuovi Decnrioni. te vortule, sarebbe per legete ben deito GRATIS ADLEGERUNT. Ma nolla nostra Inscrigione ha Ia voce GRATISon altro piu nobile significato. Si es ludou per esso te vortiae si esclude qua lunque at lo di riconosceneta, che avesse voluto Popillio usare. L' opera da Popidio satia si ebho per uti pubblico benestrio, e per un bene tigio coal grando che col Decuriouato, che ei si dava, non parea, ebe pari merito gli si rendesse tonde si vollo, ch' e non desse mortiale, e niuit altro alto usassedi riconoscimento e di liberalita. Dunque quel GRATIS tanto vat, quando dire,.seneta cilcuna Prestarione es sportuis. Grande alleg teleta secenti enlrar ne li' animo uti bel Iuogo di Suetonio .elie traiio dati a m a di Claudio ira aeriue ii Cia iacio dintorno aetis. Dopo di aver dotio iI Cujacio, che si da vano te mortu te per lo introito deI Decurionatu, Soggiunge , che si da vano an- rora per lo introito dot SacerdoZio, reca in me go te segu n-ti parole di Suetonio Gogantur vortulae ordini a nouo m.
eurione , nisi gratuito ei Dccurionatus confossus sit. Ma come-
i' introito det Sacerdorio . non Vi sono pero te traserit te Pa cole, te quali di qualuitque diabbio ci l rarrebbero. De la cosa sta cosi . Come lio delio. De Prio stare altrimenter o m si sono da interpetrare alculae simi glianti sormole in attre anti-Z a che a) L. i. IV. U. mand. , mandarum , nisi gratuitum , nul
b L. IV pr. si. eod. Si remunerandi grata honor inremente,
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to il Cuj.cio. Non ini si is verisimile, che pe' meriti della pa-dria , dei quali come comuni a tuit' i patrioti troppo piceola parte potu a toccarne ad un solo, si sosse dato a colui i' onoe gratuito det Decurionalo: e non e deceneta dare it primo Iu Noa'Decurioni. e 'I secondo ad Augusto. E dunque in vece di PAETIIAE da tergere PATRIS. ed AUGUSTALIUM in veco di AIn GVSTVS , come leggesi vel Grutero b . La medesima sormola oin attre , che sparse in pia lu0ghi dei corpo delle InscriEionidi Grutero ha pol raccolle in uno ii Reinesto c . Νello sto in sen
Ma tempo e di lasciar Popidio , di cui troppo si e duito, e di tornare agit studj det soro.
Illubtrissimo ed Eooeliantissimo Signor. MD Signora Padrone Colendissimo. Ιo stamdo qui in Grumo a stiporto iunge da Via, consolo. Ia lontana a con re carmi fovetito in mano te vobire oper Filosoliche. non solo Deli' ore piu rincrescevoli e nojOse de igiπ-no, uia nesse Piu Iiete ali ra. che m' abhia. De so in Conto al-cuno dispiccarmener tauto e 'I placere . che ne preudo. Benedica Iddio it vostro pur troppo felice ingemo, che ha richiamato ad, nostri dat disuso Edali' obblio, in cui si glaceva ,1' arcana FilOsosa di Platone , e l' ha si bene rischiarata, che fra quanti an preio a comentaria, che ve n' ha de' molti Vol per giudiato de' sa. vj ne, portate ii pregio. Vol Io che era da clesiderarsi ne' Comentato ii di Platone I'a cte di inostrata fra luite Ι' antiche Fi-Iosolio Ia piu Conforme alia nostra sautissima Religione ; e do, o
pare va che se ne stonianasse . I' avete si acconcia mente emendata . cli' essendosi messe te opere vostre ad eaatta di famina in Roma , forono Per comun sentimento di molli valentuomitii, ollimi conoscitori di si titte cose. e Per Dignith ragguardevoli, non solo ad
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ehe Voi sacesto delia Filosolia degli Antichi contro Giovanni Loche.
ehe quinci e non altronde an Presa la giusta occasione di anno
verara Tra i libri vietati i saggi Filosolici dei novello Metalisi eo. Cho diro pol della melodo tutia geometrica , che usate nello mettifisiche dimostraetioni Cho diro della savia maniera tenuia da Vsii in bieta fisica di xagionar per i potest, ed emendaria, perquiridi piu sicuramento pervenire alia conosceneta dei vero 3 Chis diro linat mente delle tanto e si prolande dimostraetioni , di euia vele si nobilienio arricchita Ia Platonica Filosofa 3.Son' elle
no queste e se tuite nuove, e tuite Vostre , intantoche rili ilmondo de' Dolii vi riguarda como Autor di sistema. Ma non figia mio intelidimento di entrar nelle vostro lodi, che ne la vo stra modestia te soslae, ne Vol ne abbi Ognate , essendo gia pie ne dei vostro nome te piu avveduie citia di Europa, como, per tacere d'ogni altro, ampissima sede ne ha satio . e.nc sa tui avia. quando gli si presenta la occasione di lare Onorata meneti ne di Voi, ii signor D. Francesco Buoneore , famoso in Europaser te couoscenχe, che ha avute degli nomini Piu scienaietti, o per la sua vasta erudietione. E hen sortunato io mi reputo, per. che stando in Napoli, ho fovente la bella sorte di conversarcon VOi, e ragionar con VOi,or nella nostra Accademia degli Ο-ziosi, or in vostra casa , or altrove. Ma Poteche la necessaria
dimora cli' io so in Grumo, e che vi debbo lare per parecchi altri giorni, Ia rh'io non abbia Ia gloria di star qualche ora dei glorito con voi, come sacevo in Napoli , perche mi possia te tor via di mente atquanti dubbj. che ho d' intortio ad alc
ne proposietioni delia vostra Melati sica , ho voluto scriverti a VOi, acquelandomi volentieri alla vostra autorita, ne cercando Piu olire. Io mi ho preso un talo ardimento, perche so di pia cervene, lice vondo Vol le Oneste oppositioni con queli' animo. Con cui ricevete te Iodi.
Nella t. parte della Meta fisica a carie 9; stabilite quesia
Proposietione; esie dandosi per ipotest, che sieno esistenti i corpi a noi sensibili, necessariameu te vi sono corpi in Natura , iquali εο- ali' uomo invisibili , quant unque incciano grandissima, uia impercellibile impressione sopra gli organi seliso ijdeli Nomo. La di mosvate pol vera per questi argomenti. I. perche