Miscellaneorum ex mss. libris Bibliothecæ Collegii Romani Societatis Jesu tomus primus secundus Clarorum virorum Theodori Prodromi Dantis Alighierj. Franc. Petrarchæ Galeacii Vicecomitis ... et Jacobi Sadoleti epistolæ ex codd. mss. Bibliothecæ Colle

발행: 1754년

분량: 648페이지

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분류: 미분류

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a an καε-κοντα λ lta nos Interpretati sumus .

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MI h sorto neir animo , o amico Teo doro , quello di te pensare e dire , che gia dagli antichi savi su della sanita detto ; che divina cosacra la sanita , non curata quando era presente , stimata allorche partiva. E questo per l' appunto in te succede ; che qui stando con noi presente e connoi conversando, ed i soliti uiuetj ricevendo e compartendo agit amici, non ci cagionavi quel gransentimento , e quella specie, che ora, quando stando suori e prolungando it tornar da noi, quale tu tisia ii abbiam conosciuio . Cosi quando eri presente non it conoscevamo , ed ignoravamo it te ro cheera con noi : dalla mancaneta l'abbiam not benconosciuio . Dei resto sim not inconsolabili ed e irreparabile ii nostro danno , e niunci v' e, che o lama itina 6 la sera venendo da noi, con tui postiamriaccendere te fiamme dei nos ro cuore , ed a lui communicare quel che vogliamo agit altri segreto .

Vt sara egit mes, o in alcun tempo , o per qdalchecagione mutagione di questo stato p Almeno scrivia-moci e riscriviamoci spesso . E questa ε la seconda

hai scritia a noi : onde io dubito sorte che non sit piu nostro amico ; ne to ne so trouar la cagione omOtivo : se pure non vubi usare questa economiadi unire alle lettere i tuoi regali. Io so bene ancorquesto;

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r Iliad. I. Io. F. 214.

ΗΟC illud est, amiee Theodore, quod mihi aceidit cogitare & dieere de te a quod nimirum de sanitate dictuin est olim ab antiquis sapientibus ; rem

divinam esse quamdam, sanitatem, quae eum adest, ignoretur, eum abest vero, magni aestimetur . Prorsus hoc & de te diei potest i eum aderas & nobiseum versabaris mutuaque ossicia aeeipiebas reddebasque amicis , nou tantum tui sensum eiebas ; nune quando peregre prosectus reditum differs , omnino te eo gnoscendum praebes. Talis cum esses, nos latebas . neque habentes thesaurum Pgnoscebamus t eo mulctati cognostimus. Ceterum nostra damna nee solari nee levari potant, di nemo mane aut vespere ad nos venit, quocum cor Incendere possimus , & communicare qua aliis indicta volumus . Quae igitur horumetit.

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questo; che si mandano tali regali chlamati dalla

cosa stessa agni bacchi, e porcibacchi . Ma lasciamo ogni motivo di ridere . Il buon Costantino affret-tandosi di venire a star teco, cd avendoci questo dispiacere arrecato, goda pur ora ii setitio delia celerita sua. Ti ajutera egii venendo, a deporrer affligion tua, e ti ricordera lo scri vere , non per chε per te steta non sessi per ricordar tene; masai quel d' Omero : Ose son aue , un pria deli' altro tede . Addio.

erit , Et quando , & unde mutatio Saltem 'sape inter nos mutuo scribamus &restribamus; & a nobis quidem ea tibi altera hae epistola exarata est 3 a te vero ne epistolii quidem dimidium . Et profecto an amiaus sis dubito , & causam nescio et nisi sorte hac usurus oeconomia es , ut litteris munera permisceas u Neque hoc me latet; munera mitti qua agnuMehi . porci etai ex re ipsa dicuntur. Sed hoe quidem ridendi argumentum dimittamus . Puleher Conis stantinua festinans ad te venire , eum nobis hoe mo viae ereaverit , gaudeat sestinationis suae fructu . veniens dolores auseret tibi , & de epistolis ad nos admonebit 3 non quδd per te non suturus esses horum meminisse,sed nosti illud. Homeri eum 3 duobus simul euntibus etiam alter ante ali ιιm animadvertit. vale.

N chi, e quale persona io mi sono, o saci o e divino Signor mio , che sa da te degnato delia memoria e delle lettere tue 3 lettere dico, piu diquelle, sacre , che in Delso e da Pitia sono p blb

mente

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Tullo DORI PRODRΟΜΙ. 69camente proposte ; lettere disro come quelle che d'oro dicevansi di Pittagora; lettere armoniose, piu diquelle , che te favole scrivono essere state delle Siro ne ; lettere dolci sopra it mele, come dice it Salmoed ii favo ; ma mele d Imetto e favo di Trapezunte. Ceἰtamente la moderagion dcgli asseret teco allev ta,e la clemeneta teco cresciuia ed invecchiata ii co- stringe a portare fino a noi lo fguardo delle letteretve. A te clunque io debbo e dimille altri favori,e diquesti non minori obbligo grande.Trapezunte pol, Citta , per te piu d' ogni altra felice , a che fine mi

ha per te mani tu e , mandate monete d' oro Θ certo per meetro δ' esse macchinti un' aleanga meco 3 non

to permetiero sin alia morte ; lo sappian tui te lestelle, ed ii Sole di queste Re. Neppur se mi porteratuiti i mattoni d' oro , come ad Apolline Pitio di- con che li portasse Creso . Ιl mio tesoro , la solagi cinda consolarione mia nelle incidenti angustio. vedere , ε partare at dolce mio Trapeguntino . Epol, quali , come pentita va a me fabricando vane consolagioni dolia calamita mia Θ come se appunto cavandomi uno i due occhi ed i denti rompendomi, di pol voglia che io seco conviva. Clae ho iolare , o Trapezunte inglustissima Citta, delle tuelampadi, delle cere tue 3 Io cerco it rnio Sole di ve dere ; son quelli sussidj per lanotte trovati e perte tenebre; questo e quello che fa it pleno glorno.. Che m' importa delle tue monete, o stateri, o scudi d'oro Z io chiedo it mio tessero. Sono Pesti tr

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bocchi d' animo molis angustiato , e subite evap rationi delia fiamma interna dei cuore . Te Iddio mosso a pieta di questo iungo travaglio , mando suo pastore it quale pascesse ii popolo con clemenZa egiustigia . Queste tali cose , o divino Signore , io pregat e Crmet, che cosi sollem , come essere ledesidererebbe amoroso figliuolo, e grato discepolo, det maestio suo , det suo piare . . .anto alle Cose, mie , a che questa stauo ver quasi secciosa palude Θ eperchb de o io questa Iliade ricantare,e la tua ani- ma glutiva e sestante Hempter di noja Z Cosi e ora lamia fortuna, in quello stato medesimo,in Cui prima isi trovava: e quat sosse prima non t' e di mente hiscuto . Non mi ha essa mai mediocremente traitato ;non ha mai per me deposto ii sopracciglio suo severo . Olire di queste tali cose , co' dolori mi crucia per tutio it corpo . Mi ha Iddio con una Diaga pertullo it corpo , come Globbe percosta ; son io ca- duto in quella insermita che e fame canina , Vergo ignosa a vedersi , a pallasi dolorosa: ed or volesie Id-dio , che Cosi caduto non sessi. Quindi in quantie quali mali io ne sia venulo , che occorre ora dire pTre giorni stetit come da tulte te infauste fiammepossedulo , e consumato diali accesi fulmini, de

quali tanto gran vomito ne venne e cosi occessivo. Che temet, non sorse tutio io venissi a vomitare ilfiete a un fato,e cosi come i cervi rimanessi net tem- po avvenire di fiete privo . Accrebbe d' assai la ma

lattia it poco sapere det medico , . ii quale ed ei a di

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Ts pono RI PRODROMI.ima statura degit atomi di Democrito poco minore, o poco differente da un Geometrico punio , e f

cendo iungitissimi e steddi discorsi , . dei polso litia

gntaione si poco giusta acquistodello stato mio, cheteretana doppia chimo quella che era rabbiosa fame Tali medici anno i grandi uomini di Bizangio ; e liabbialao pure,o occhi che tutio Vedete,e providenZadi Dio che tutio governate. DOPO queste Cose naC-que ii quarto giorno , ed a me nacquero visibili pertuita la vita piccole holle e rose , te quali a poco a poco col tempo crescendo, ii settimo di diventar no pustule pestilenti . Hai tu vedul0 come in una pes ude , es cadere di iuriosa. pioggia , tutia la superficie con specte bolle si gonfia. Figurati chc tale aliora divonne la povera carne mia. Olire di cio te . inedie , te vigilie , la dissicotta di vόltarsi a questa o a queir altra parte, e te punture de' dolori, o percolino deir affligione , it pensare di essiere spei lacolo miserabile agit amici medesimi, lo puoi tu da quelche io dico immaginare . Ma via , sono queste cose passate ed arcipastate;e non si ha da partare piu delle cose che gia passarono , per questo perchis passarono . Le reliquie det male, e l'insezione lasciata, quali, per P amicietia n'stra, stimi tu che seno , e di checonsideragione Z certamente che a discorrerci sopra, si vede queste est cre dei male stesta peggiori. Tu halpur Vedulo una volta quella mia chioma alii che lelagrime te quali spargo non mi permettono di tir

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