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160 ε mini de Ia corte, per che non deue daret meglior aduocato de la corte apresso di qtiello che tui a stia elletion domand b, ac ibchel si io duersario non si a noctulo, perch'el Signor deue ecter in corte, come labi langa et non deue differi r la Iustitia quando intende che t 'actore ha rason, ne aprossi maria quando crede che quel chesuge ha rason , per che ii Signor non de-ue fauori r alcuna parte in corte, an Zi de-ue effer recto giudice , cias cuna, & deveesser fauore uole a te vedoe, & a li orphani, et a la loro rason, et equita, piu chea te alti e gente, per che sono in tua custodia pili speciat mente, che tae attre gente, ina chel sacci in modo che non eniverso Dio, homo, ne donna. XIX. disserentia e di quel homo, chel Signor retien per guardar la sua paroia, δ tu suo consultore. XLII. La differentia ch'e di quel homo, chel Signor retiene in suo consulto at cunestate, et alculae fiate per guardar la sua pa-xola, ε tale, chq quando et Signor volplacitare con alc uni, b alc uno con tui, eglipub, & deue reten ir homo in suo consul rore, A quando te persone litigarao r uno contra i altro, egii pub, dc deue retent lo per guardar la sua parota, per te Iasotidit te dapoi,
suo consultore, come per suardaria si a paroti. XLIII. Et Signor deue reten ir homo per
suo consultore quando Vol placitare con al-
cun de ii suoi homini, & con altri, bquando alc uno vol placitare con tui; &quando lui litiga con alcuno de ii suoili mini, δ alcuno de ii suoi homini contui, egii non pub hauer se non dui de ii suoi homini in suo consulto; et quando litigacon altri che con suoi homini, b altri cheli suoi ho ni con tui, et piab havere tanti de ii suoi homini per seia constultori quanti vora, & Paltro non puol hauer dequelli de la corte, eccetio dui ai suo consulto & quando et Signor via retenit ho
mo at suo consulto, phu , reten ire vino de
li suoi homini quat vora per sua et letionat suo consulto, 3c dar a colui contra et quale litiga I'alaro quat li domandeta, da- pol pub et Signor per sua et letion tior per suo consultore quel che vora de ii altrisuoi homini, Sc dapoi dar at suo aduersario vn' altio per suo consultore, tale quale voralui; & quando et Signor reti en homo in suo consulto deue dire; Io rete no et talhomo , & nominatio, at mio consulto tan- ira et tale, dc nominario, per D tal causa, dc men Zonaria; et sel vole pud dir ala sua corte at principio de te cause auanti chel dagi ad alcuno consultore; Iorit n-λο et tale ai mio confulto contra Iutti quel. li che et oranno hogi placitare con mi, O contra iuiti q*elli cb io υο, 9 hosti placitare I et se cosi et fa, et pol alc uno et do manda quel si orno per suo consultore, et et Signor lo da, et tui Vol placitare at Signor, essio non to p uol consi liar, per chelha retentato et Signor auanti per suo consultore , et per che quando et dete at consulto de colui chel dimand b, non sape uagia chel doue ua effer contra de tui, per bche egli non li disse gia quando gliel domandb per suo consultore, et ei Signor nos, sapeua gia quando et dete contra chi vo- leua placitare, et tui rhau eua re tenuioauanti per suo consultore, contra tuiti quelli che con tui placitas eno; et perb esso non pud consigliar altri quel giorno contrael suo Signa
XLIU. Et Signor pub retenir quelli chevole de ii fusi homini, per guardar la sua
parota contra tulti quelli che placitasseno In corte, run contra palim; et tui et de-ue fare, per che spesso accade, che quando si litiga runo contra raltro, et falanodi sese spesso, b domande at Sit nos i liquali gie conui en responder, et spessin lire-chi edeno cognition, b termination di cor te , dii che li conui en mettersi contra te do parte, b contra runa, b ruino rechie de I altro parici, b terreni, b alc una attracosa, onde confiten chel Signor se me ita contradir, b . di Tender per rason che i 'in tender hauer per molle rason che spesso oc- correno, et ponno o Correr in corte, et Signor deue retenir per guardar la sua parola et meglior aduocato de Ia corte a sua
satisfactione; et quando et Signor retienale uno de ii suoi homini per guardar la sua parota contra tuiti quelli cle litis aranno hogi in presentia nata I un contra ι' altro, d per la tal dimanda, et la nomina; dapoi non to deue dar consultore ad alciano cheldomandara, set non vole; ma da pol et pubdar a consultore, se non li E contrastato, d contraditio per cognition, cona' ἡ preditio.
XLV. Chi litiga in ratia corte det Reaime de Hierusalem, b in quella de Cypro,
deue placitare sauiamente, lealinente, et cortesemente. Saulamente, che si prouedi quando vol placitare auanti chel comi iacia placitare det pila savio consultore chel potia hauere, et cli' et faci dir la sua pares a per et suo consultore, b per altro cheli paret a meglio, et che non dica cosa in corte che li nocia , ne consentir cosa chel suo aduersario li domanda consentire, se non to se per et suo consultore, et non se offerisca in corte di prouar cosa che non
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pub pro uar, se ii stio aduersario la denega, & non differisca la lite, che deue solicitar, nὴ api omniar la lite quando la de-ue fugite; Sc se lὶ actore dica it pisi bre-Ve che pub, per che in ta breue dimandalia dot siciua menti, runo Φ che la corteret lene, & Paricorda Neglio, se bisogna, et breue chel longo, Paltra E, se l' aduersario denega, si pub meglio protiar et breue chel longo. Leal mente, chel non placiti a torto contra la equita de sua scientia, placiti falsamente, far false pro-ue in te lite per testimonii falsii, altramente, ne tuor de suo consentimento larason de colui, contra et quale litiga per ponto de lite, b altra mente . Cortes emente, che at placitare non dica, ne faceta dire villane parole, ol tragiose, nὴ rigo rose at Signor, a la corte, at suo aduersario, at suo consultore, in a fac
dire te sue parole te piu belle, &pluco tela mente chel potra, digando de sua scientia quel che li bis gna in ta lite. TV Per chi se puJ placitare iu
XLVI. Ehomo pub placitare contracias uno, se non E dato a consultore per
corte per distrigar, b diffinder Ia sua rason, & per 'uella de la sua moglie, &de ii sucii figlioli manco di aeta, videlicet,
te cose che sono sue, b d et leno effer dista moglie per rasola de la sua dot te, b
de ii suoi figlioli per bailagio; & per il
suo Signor pub placitare contra clascula' altro, eccet to contra se stellio b d' uti altro suo Signor, at quale hau esse fatio auantilige honiagio, b non li hauesse fatio ho magio auanti de lui, ni l 'hauesse saluato;& per il suo homo si pub placitare contrachi se voglia, eccet to contra it suo Signore, & pex colui at quale e dato consultore per corte contra Vn' altro suo homo,
per che non si pub placitare per υn de lis uoi homini contra i astro, set non Eal suo consulio; M per il suo amico pub placitare contra chi se vos lia, eccet to contra et
suo. Signor, b contra it suo homo, at quale e obligato de sede, & contra colui alquale E dato consultore per corte in quella differentia.
iure in ι' alta corte. XLVII. I 'homo pub placitare in t 'alta corte de tui te te disterentie, ecce ito dela sua sede, et E det suo creder, di matrimonii, & testamenta, . c de te alti e cose, te quat non sit deue responder, nὸ far,rason , se non a la corte de la Chiesia; &de Borgeste, che non si de ueno placitare, se non in ta corte det Uis contado, per chequesta franchisia hanno dato antiquamen reli Signori det Rea me de Hierusalem a liBorgessi, per Volunta, A consentimento Tom. Q.
8c consulto de li suoi homini, 3c dapoi l 'hanno i Signori dei ditio Rea me tenato,& obseruato in ii Borge si viato. XXV. Per chi si suoi placitare contra et suo Sigitor, o contra ii suo s o. XLVIII. L homo non pub per altra persona ps citare in l'alta corte contra et suo Signor, AE contra et suo homo, se ii Si gnor non is da per consultore, eccetio per
se stesso, o per sua moglie, b per subi figlioli manco de aeta, & per te cose dit te di sopra in questo libro, per te quale sipub placitare contra li preditti; ma ς' et Signor lo d1 per consultore d'alcuno, tui
potra, fin che sera suo consultore, placitare contra et suo Signor, Ze contra et suo homo se sua errare, ina che questo si a inta differentia ch'e consulise, per et mandato det Signor; Sc chi placita contra et suo Signor, b contra et suo homo, at quale E obligato de sede, senZa ch'el Signorio dia per consultore di colui, per et quale litiga s se non E per alc una de te predit te cose, per te quale lo pub fare j bplacita per altra cosa che quella chel Si gnor l' ha dato consultore contra it suo Si gnore, b colura it suo homo, lo pub nocer molio et Signor, b rhomo, contra et quale sera, & come lo pub nocere, saladapoi. dito in questo l: bro; & s' et signordata alc uno de ii DO1 homani per consultore ad alcuna persona, Sc colui, b colei fi quali d dato consultore, vol placitare contra homo , b donna a cui ε obligato de sede, et deue, subito che colui at quale E d.ito consultore ii dita contra chi volplacitare, venir auanti ai Signor in corte 3c disti; Sie re voi in bauete dato con Liore dei tale che wl placitare contra et tale , at quale is suo obligato de feri I iomu intendo de Guer con iubare, ne Vacitare contra colui at quale fino obli isto diferi, ne is vo lis fare, te G υosera corte nou cognos eris cb'io se possa fare senγα
mancare verso lui de Ia mia fieti u i se ilSignor comandera a la corte de fa e quella cognitione, se lo deue fare, la corte deue cognoscer at parer mio, che tui pubconsultare per quella differentia colui, alquale E dato consultore contra it suo Signore, b contra it suo homo, se laga mancare verso loro de la sua fede; & colui cho per il Signor δ dato consultore deue con- si gliar colui, at quale E dato consultore, alnieglio, de pm leat mente chel potra, Scsa pera in quella differentia, ch'ὁ dato consultore, & deue esὸr curioso, Iatento perdilli gar, & distendere la sua rason , si comebis ogna, sel ε reo, b actore per soli lita de placitare, b altra mente, set intende, che colui at quale δ dato consultore harasione; ti set non intende chel habbia rason, dii ghe; Non mi pare gia Lhρ υoihau te ra seu in queso tar domaudate, d dif
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fendiate, se condo che sari la differentia;& se colui at quale E consultore dira ha-uer rason in quella differentia, dicati; DAreme per mostra Dalita, s' impudete hauerrason in questo che Goi domandate, δ d fendere, dei che ni hauete domandato persosro consultorer se tui dira si dico per D mi a DaIlia cV is intendo hauer rason I litigare decetero per lui et meglioches a pera, per che se colui, at quale ε comsultore, ha torto, et peccato, dc la colpae sua, non gia de colui ch'ὸ suo consulto
re, Sc se tui ha rason, & colui ch'ε suo consultore, & dissende, b domanda la sua causa, tui ha honor, & fa elemosina , &quel che deue, Sc perb et deue sare inniaduocato, si come colui che aluta l 'anima sua, & l 'honor suo, et te me it peccato,& la vergognia, Per che ne stano non deue placitare a torto di sua saputa per ladifferentia de colui, b colei, a cui ὀ con-s ultore; & se colui, at quale fata la di- manda, ch'ὶ di sopi a dechiarita, non lirespondera quel ch'ὲ specificato di sopra, colui ch'ὶ suo consultore si deue partir dat suo consulto ii pili pretio che potia, &non to consigi are piu in quella differentia, set se pub bella mente schivare; et sel non sit pub diffendere, et non deue nε ancheprendere ii suo aduersario per ponto, et sinche sera ne i suo consigito di quella causa, et deue placitare per tui, et dire la sua
parota simplice mente, et secondo it corso de te lite, et mettersi in cognitione, δ terminatione de corte, it piu presto chel po-11 a; ma che non to saZZa in tal modo per suo consentimento, che colui, at consigito
dei quale ε, perda la sua lite perlui, chelui per et g iudicio dei placitare non rhadistrigato contra it suo aduersario, per chenon ti, ingiuria in perderia, ne peccato in distrigaria. Xxra suaI deue esseret bon litigante, che Ii conuien fare, o de che ii consten guardar Ia lite. XLIX. Conuiene at bon litigante, et so-tit, ehesia uio, di se nno naturat, et cher habbia su egliata mente, et sotii ingenio, et chel non si a timoroso, ne spauro 3, vergogno' o, ne furioso, nε ignaro dela sualite, et non hauer il suo intento, et pen- sier in quella, altiora quando placita, et che guardi de non irare, b scoraZare, bmouere ne la lite, che queste cose sannosubito intrar at torto, et togitono ii se nno, et la cognitione; et ii bon litigante deuedire te sue parole libera mente, et intelligibile, et haver a mente de dire te sue parole in modo che ii suo aduersario non lopossa prender a ponto, per ii che perdestela lite, b li siongasse la lite, se glie actore, propinquarta, se lui ἡ reo; et de-ue bene, et sotiimente notar et ditio delsuo aduersario, et pontar ciascuna cosa bene per saper respondere in cib che li biso,
gna, et II ar rason de disserti, et dissare quel che potra, per te rason chel dira, et de prenderio a ponto positando, set dirae
fa per .la quale et posta prender a ponto ;et se l' intende chel suo aduersario dice male, hon faccia sembi ante, ac ib chel suo aduersari' non sen' acor Za, etsi emenda, masimplicissimamente, et senZa far sembi ante di volerio prender a ponto, senZa di mandar licentia, set pub, et se cost non lopuot fare, domandi licentia a colui dei quale E la lite, et a la sua in glie, se placitano in sieme, et faccialo it piu breue chelpOtra, per pigliario a ponto, accib che di
quello errore non fauedino, et to emen
lino subito, et quando colui dei quale Ela differentia concedera quel ch'ε sta ditio per tui, et bon litigante deue dire a quelli de la corte, mi hau te intes chel tale ha ditio G tai cosa, et dica che, e ch et
tale bis concesso quoi cse s su disto per lui ,
et nominarii, et dire per aduertir megliola cosa, quel che rha ditio de la quat luilo vol prender a ponto, & pol faccia colui che i ha pres a ponto, intelligibilinente intender k la corte eo me, Ic de che r
gante ve de che ii suo aduersario chel dice
ne, che per tal ditio perde la causa, b chela sua rason fia impedita, et deue ingeniarsa trouar mego de leuario da quella via, con tuiti li modi che mal potra, per trauersario d'alcune parole, i per dimandartermine, b per molliar diuerse rason per dissere ii suo ditio, d farto cambiare, bconuincerto litigando in modo cori esse, blaetando senibi ante di volerio prender a ponto, di quel che ha ben ditio, & dimandar licentia da colui, b d a colei de chi Ela lite, b gran sembiante di voler hauerlicentia de la parola, che ii suo aduocatoli, ben ditio, per che to vol prender a ponto di quella parota, per veder se puolsar et suo consultore lassar quella parolachel haueta ben ditio, la quat intende chelo deue nocer piu, con et sembi ante chelsara di voler hauer licentia da colui de chi E la questione, per prenderio a ponto, &fario lassar la parota che ha ditio ben, &
uocato deue saper ben concluder Ia causa,
deue saper assummer la proua in si, quando li bis gna, & quando li bisogna, dat
la at suo aduersario, & deue saper protiaria negativa, quando vede che li E bis gno,& molle alti e cose simile de te lite conitie ne che il bon aduocato sapia, & satiatro pro longo, &molio rincresce uole a met-ter in questo libro, cib che si pub seriuer,
to quanto et bon aduocato e pili sotii, ia
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ineglior placitante, troua molle ait re, per et 'io non credo che homo mortal le possa tui te scri uer, te sappia mai, nὶ cheal cun te saper, , per che cost come non sii pub se per tui te te scientie, cosi mi pare, che non si pub se per tui te te lite, tur- te te forete, tui te te sotilita che solio a
aduocato, & quel che nessu no disse , io te ia-go per il pegior aduocato che possa essercolui che perde t 'anima sua per litigare;
aduocati che si guardino sopra tui te te co- se, di non perder r anima sua per litigare, che troppo mal hauera litigato, & illitigante compra caro quello, per et quale perde tranima sua.
che si mei teno is placitare in ι' alia cor-re det Rea ne de C pro, in quella de Hierusalem. L. Tiitri quelli, che si metieno a placitare in i alta corte det Rea me de Cypro, dc de Hierusalem, deueno saper per si, &per aduertir quelli che voranno configliare, che chi placita in tralia corte senZali uer consultore di corte, et non pub hauer
pol consultore di corte in quella lite, set suo aduersario et vol, & sa contra dire; &come chi dice parota per se in corte, bconcede quel cli' et suo c nsultore ha dit-to, et non la pub piu desdite, b denegare, & la prima di manda deue preceder, &come si ha termine a tui te te noue dimande, se assisa nol tuole, & come chi domandara termine a la di manda che si fa de lui,& r ha per corte, & non obserua et suo termine a tempo, Sc hora, si coni' et deuela dotae δ a termine, b non manda a di- notare ii suo impedimento, come si deue,
perde la lite, I come se diε obseruar et termine, δc come s mandi a se usare, &co me deueno dire, & fare quelli per i quali si manda a scutare at suo termine, quando vengono la doue colui, che li manda,e a termine, & come se die pro uar pertestimonii, & che dire per testimonii in tralia corte, & che deueno fare, δc dire litestimonii at testificare, Zc come leue Opponere, rebulare i testimonii chi ii cogia Ice, & lo vol fare, & come si deue rornare i testimonii con segno di bat talia, idest diffidando impedire che non testi Echino, & che sorte de gente non polano testificare, M de che cose sipub querellar peri' assisa, & de quat eos e l' assisa tot et te mine a la noua di manda, & de quat cos es fa restoro per P assisa, seeondo i delicti,& che eois E assassinamento, Sc come se δῖε querellare de lassinamento, b de delicto, det quale conui en che si diffenda pe sonat mente, per battaglia; b se in serri, b in ceppi, & denega l 'assastinamento , d altro delicto, b respon4e a la querella auanti chel sia cauato da li ferri, bdel cep-po doue se, come ii conui en combattere Liendo in ferri, b in eeppo; & se lε taleche si possa diisender per campion, M selsi querella di tui de cossi che si habbia adimender per un' homo, et non rha prompto at termine, che la corte ii da, com'ε
conuinto dei delicto che li vi en imposto;
et che cosa ε homicidio, et come si de aequerellare d' homicidio, et come si deue diffender de homicidio, et molle alti e co- se deueno saper quelli che si metieno a placitare in radia corte, et non sapendo lecose predit te, et molle alti e po triano spe uso schapugare ne i litigare, et perder la rason de colui, a consulto dei quale seraquei tale, che non sepra quando accade alcun
ser aduocati, si deueno affatigare per sapete te ditio cose,
re la foraa de la parola, et sedere at te minar facciata cominciar ad un' altro, chedica cosi; Signor, fateui intender a lapse resis det tale, et lo nomini, la diraue per corretione fua, ct dei suo consuli ore ches'io errasse tae lui, tuo consultore potesilao emendaris, et a tanto si tacta; et i altro dica et resto de la sua parota, fino at mettersi sura la corte, & at ponersi so-pra la corte, dica colui che ha comineia-ro la parota, si come hau emo ditio; Et tomi dico I ra la corte, che fael remanente, che noi bauemo messio I & chi cosi el
la terini nation set vole, et ei Signor,
la corte, ne l' aduersario non to potra contra stare, se te tale chel possa sedere a latermination, et giudicar conli altri homini de la cor te.
XXIX. Chi se mol doler d' bomo, δ de don-na che sa presente in corte, coni el eue fare . LII. Chi ha consultore di corte, et si vol doler d' homo, b di donia a che si a presente in corte, deue far dire per suo consultore at Signor, in modo che colui. dat
quai si vol doler, ii tenda; Si nor et talos dole is et oi dei tale, de iis lai cosa,
vol hauer raseu per uoi, per la vos; a corte, et nominar, et dire, da chi si dole, et far la sua di manda con te piu breue parole chel potra; ma chel non lassa de dire cosa che bisogna dire, et dica lesue parole piu intelligibit mente che possit,
per che te breue parole, et intelligibit mente dit te sono meglio in tesse, rete nute, ari- cordate, et giudicate, quando E de biso-gno, che te attre; et faccia i 'actore la sua di manda tale che la possa prouar, cost co-
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LIII. Chi se vol doler d' homo che non δ presente in corte, colui che vol far ladi manda, deue far dire per il suo consul ore at Signor; Et tale, et lo nomini,dole a via det tale, et lo nomini, de Ialal co , et la menZoni, si prega, rechie e chel fac late venir in corte , quando Segnira, albora voi , la corte υdiret e come, di chesi doleris contris dilui I et peib et Signor deue mandar a citario per et bata er, ouer per tre deli suo ihomini, come CCrte, chel vegna subito in corte a far rason a colui che sit lamenta dilui, et deue citario a giorno nominato,aeib chel sa ne i tal giorno in presentia sua, et et citator li deue nominar et glor-no, et loco ne i quat lo cita esse re per farrason a colui che si lamenta d 'esso, elgi orno per Io quale lo sera citare , si a iu
cosi citato de venir subito in corte a farrason a quel che si lamenta di tui, &eglinon viene, b non dice effer impedito, perii che non pub an dare, dc set sara citato, si cona' ε preditio, a giorno nominato, chel Signor Phauera fatio citar net preditio modo, & tui sta quel termine non sa saperat Signor chel ε impedito in modo che non pub venir in corte quel di, per fare ii debito suo verso colui che si lamenta di sε, et la differentia e de cosa de la quale tractore dice, che colui lia, et liene dei suo, et Signor deue farto metier in possesso, fintanto chel reo venga in corte, et rechie-da ii possesso di quella cosa de la quat Pactore sara messo in possesso; et sel fara, havera it possessio, et ractore non to po-tra contrastare; et quando havera it possesso, egit E obligato de far rason 1 ractore in corte di quel che sit lamenta di lai; et se questo sara terren, b vendita, b altra cola, et ractore havera alc una utilita, et non ε miga obligato de restituit rutilitaal reo, quando havera recuperato la cosa
de la quat et Signor lo mettera, b farii meter in possessio per tui, et per la corte et questo che di sopra e ordinato su satio, et statuito, accib te gente si s sorZassino avenir in corte, et far rason vi quelli chese lamentano di toro, per che se non fuse seno sformati per quello a far rason, mainon segniria ne tano di quelli, che volasse
X L. Ge deue far solui cs' e giuso, oleat, quando se si re sis se a una co- fa , d quando si lamenta di tui. LIV. Se colui, det quale si lamenta in
corte, b al quale si domanda alc una cosa in corte, ε gnasio, et ama, et teme Idio, in modo chel non vol mentire, et deuecognoscer la rason di quello che se li re-chi ede , b di quello che si lamenta alculidi tui, se la domanda, b rechiella E tale
chel deue patir morte, b exheredation ouer honta, b alc una cosa che si deue negar senaa domandar rermine; et se questa ε cosa, de la quat si deue domandar termine, domandi termine de la di manda chesi ha filio di tui, per che lἡ meglio negarqueste cosse che consessule in corte, ancorche se ii possa pro uare, per che se lE Ω-uio infra quel termine, b infra et termine de la proua, che si vora fare contra di tui, far a tal mente con raduersario suo chel non fara pia parole in corte, et faZando cosis hiuail la honta, et it peri colo chepotria hauer de la cognitione, che saria salta in corte di quel che si haria prouato contradi tui in corte, che tui denegata a in cor- te, et per schi uar il peccato che si pubhauer, se falsamente oppone, b d flid. i persegno di battaglia alcun deli testimonii, che quella testimonianga volesseno portar contra tui, deue fir cosὶ come vi tib dit-ro di sopra, et chi uot di mandar terminea la di manda che si fa di tui, domandatocosi cona'ε ordinato a presso in questo libro, che si deue domandar Iermine.
XXXII. Quando si la termine de resolder is noua dimanda quando I' ossi a
LV. Egli ἡ assis .i, b vsanga al Rea me de Hierusalem , et in quel de Cypro, chelvi hii termine di quindeci giorni per responder a tui te te noue dimande, set non vi Eassisa che tutalia it termine; et quale sono te assis e che togitono ii termine saranno specificate apresso in quesio libro; mito dii b auanti, quante fugite principat visono at placitare, et come si deue i iugar , et attender secondo quel che mi pare.
X LII. suante fugite principat vi fons nel placitare, er quale sono. LVI. Vi sono tre fugite principat nel placitare, et a cadatina de dii te fugite vi hapiti sorte de fugite, che seriano troppolo ge, et scandalose 1 racontarie, et stri uerquel che si pub scri uer, per che cosi come cadatin ε piti savio, et pili sotii, et me-glior litigante ri in che r altro, tro uaptu et per ch 'io Voglio che si sappia quale sono te ire principat fugite dei placitare, date quale si moueno te attre, te voglio de-chiarir, et farie intender a quelli che lealdi anno; rhina δ de responder at ditio del
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suo aduersario con parole, et nel mettersi in termination non si me iter con tui a tei mination, ma passar per transito metiendosi a termination per altra qOsa, et non
per quella che l' actore si mette , ac ib non habbia alcuna termination; raltra deue di-re , io non vo lis responder is quesio che
le rason che li pareranno megliore, per laquale non li debba respondere, et mettersisimit mente a la termination, saluando leste rason; la terga ἡ de dire; Io non so-
aliis far quesio che voi me rechi dete , seia corte non is termina, la rason, per D tal, per Ia tai causa I et dica rutte te rason chel credera esserit in fauore, et dicate runa a presta saltra, si come se-guitano meglio, et mellasi a terminationde cadauna cosa separatamente, saluando lesue rason,
non Ii vol responder, et di classe una cosa separatamente si me ita in termination, et cognition de corte, saluando te sue rason per che colui che fuge non deue metterm Juna fiata pisi cose in sieme in terimination chel crede perder, per ch'el poti aslongar Ja lite , sei rechredera terminationet cogn1tion de corte d'ogni cosa separata- mente , che molle cosse in sieme, et metierle sue rason ; et tui te te fiate che si mettera in termination, b in cognition de coote , se la querella ε de fassinamento, b Λ'alc una de te attre cose, de te quat non si responde a la querella, et la denega, di-
coni ἡ pol specifieato laqueito libro, che deae dire, et fare, ladoue paria det fassinamento, et de te al-
XXXVI. cimo si pub fugis u lite, peria ierea fu ita soprasita. XXXIV Come si deue fugis plato per laprAma su ita principat dei plato. Chi vol fugi r plato pe la prim fugita principat det plato, che non ε lapiu bella, responda at diti de ractore con parole, fagando it suo partar il piucurto chel potra, et at mettersi sopi a lafrte non utalia costar a quella termination, menti e si potra schivare senga perderia lite, b effer conuinto di queleheli vienimputato, ma dica at metters a Ia corte altra cosa che quella che dira it suo adue sario, et mettersi a la termination, et ala cognition, et at recordo de oro ditio,
et rechredo termination di corte menti e et potra, et tro ui sopra uitte te cose scalae sequanto potra metiandosi a termination, eth cognition, et a recordo di corte, et de cada una cosa separatamente, per glongar latite; et a cada una termination, et cognitione di corte che si mettera, metra te sue
rason, et de alcuna termination non si vo-gli acostar at ditio det suo aduersario, finehel si potra dissender, anhi se dissenda, et scampi, si com'ε ditio di sopi a.
XXXV. Come si deue fugis et pluio per lasecon a su ita principat de ille. LVIII. Chi la prima fugita principat non vol sugir, b non puot pia, fuga per lase-c'nda ch 'ὁ manco laudabit, et dica, se ladisserentia non e de fassinamento, b di talcosa de la quat possi effer conuinto, b per-der la sua lite , se non responde a la di-rnanda elie si is de tui, et nega quel cheli vi en domandato, b imputato in corte per querella, b per dimanda, b attramente; Io non vo lio responder is la vostra domanda, se Ia corte non is termina per Ialal, la tal rasou I et dica tui te te rason, et ii scampi chel poti a troiiar, a Cibche non l1 responda, et cadauna da persi, et rini volta dica una sola rason, per cheLIX. Chi non vol, H non pu ol sugirpiu per la prima, nὶ per la seconda fugit a principat det plato, attachasi a la terga fugita, ch'ε la dri ita fugita det litigare chi corte semente Vol sugir, dica; A nouυoglio far quesio che voi mi risbierito, sela corte non to termina per D tal, c perta tal rason I & dica ruite te rason chelpotra & sapera trouar in s longar la lite diffendendosi d'uno in altro, si come me-glio ii patera, δc quanto te parole sequitano meglio E pio bello, & metia si in tei
mination de cada una cosa da per si &sempie saluando te sue rason. 'XXXm. Come si deue fetis longamente lis ille. LX. Ch 1 vol fugir longa mente la lite dicos a m a quale vol rason, tenga te diti et re vie t una auanti l 'altra, &de cada una di quelle troui tanti modi de fugite, quanti pati potia trouare; & set non vota perta prima fugita, per la quale si pud moliopsu fugir, & slongar chi lo vora fare, &Lapera, sacci a per la seconda, per la quat sit pub flongar et plato chi lo sa, et vora D-re, per che, per termination chel perdachi per quella via fuge, non to note tal-
mente che possa perder la causa ; & set non vole, o non sa, non pub piu per te dodit te prime sugite fugire, fuga per la ter-eta, per la quat si pud longamente su ir latite, chi lo vol fare, & sa; L chi per questa via vol sugir, se la differentia ἡ dedanari dica chel vol che ii dichiarisca,
per che dice che li deue dar quelli danari, b imprestita , b attrametate, & set non gli uora dichiarir, dica non li Voler respondi manda, sin che non liel dichiarisse, & metra te sue rason: &s Idice che glieli ha imprestati, dica che volche gli de chiacisca , in che loco dice hauer-li 1m prestato tal danari, & set non io vora de chiarir, dica che non ii vol responder
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der st quel che ii domanda, se non li de- ea chel non ha possuto hauer li suoi testibchiata quel che li richi ede a dechiarire . se monii at termine che la corte ii det te, et
la coire non to termina, & metia te suetason; & dapoi dica, che cos, ii deue darquando glieli ha imprestato, δc pol dica, chi su presente quando dice che li ha im prestati, & pol se quelli danari chel dicehauerti dato erano contadi, & pol dica, se la su pes ata, et pol dica chi rha pe-sito, et pol dica, che sorte de moneta fuquesta , et molle alti e colla si pub dire perfugir tal lite, che sariano troppo longe Inet ter in scri itura; ma a ia similitudine de te predit te parole si pub trouar scampi, et fugite, et chici hen fugir te lite longa mente, b imponer a P altro de pro-uar in corte, quel che non pub protiar, per id che et perde la lite, set falla a pro-uar quel che si offer se a prouar in corte et d'ogni cosa separata chel dira, dica chelvol che ii de chiarisca quel che ii rechi ede,
se la corte et termina, et chel non volresponder, se la corte non to termina, tanto che ii declitari quel che ii domanda,
et di questo rechie der termination de coote, et d'ogni cosa separata mente me iter lesue rason in ogni termination, se ii suo aduersario dira alcuna cosa a la lite, cher intende che non to pub prouar negando-gliela, perb che fallando de la sua proua perde la lite; et quando tuiti questi modidi fugite ii mancar anno, d non vora piuper tal scampi fugir, et vole flongaret pa- amento dei debito con bono, et conueniente modo, che at parer mio si pub fore, dica; Ei tale, et lo nomini, ba dii tota tal cofa, ct mi sece memore de Ia talcosa, la quat dice M' io Ii d bo dare, malo et paWal ben, integralmente, ει mimaraueglio come mi rechieti tal debito, o Io lui per obliuion, δ per alara causa d n et pagamento integro di tal debito, O dice ch'io anchora si deblo dare, io sonprompto di prouarto, se Ia corte et termina et se es actore nega et pagamento , lacorte deue terminar, b cognoscer chel reo debba proiiar per dot testimonii de la lege di Roma d' haverto pagato come dice et colui, contra et quale si proua questo per testimonii, puot diffidar r imo per se-gno de battaglia, se la disserentia E d'unmarco d' argento, b pisi; et quando la corte havera terminato, colui che vol fugir lalite , se vol flongar et plato dicati; Io his prompto di prouario per bot Ieal tesimonii,s come la corte ha terminato, 3 cognosciuio, mis ii mei testimonii sono oltra mar,s richi do is la corte, che mi dia term ne ad hauer ii mei testin vii, menarii in corie per is car quel che hὸ ditio, erfare come Dal testimonii onde parmi cheia corae ii deue dar termine Vn anno, et uno glorno di menarii, se sono oltra mar;
a questo modo sara flongato it pagamento det lebito anno, et giorno, et altiora di-E prompto di pagar et debito, et sel non dice tui, la cocie cognoscer1 che pol chel non ha menato li suoi testimonii net tei mine per la corte datogli, chel ha persola sua lite, et ii deue pagar quel cne lidisse douerti dar, o che li ha di mandato in corte, it che ha ditio che ii doue vadar, ma che gli haueua pagato; per che tui tele differentie, de te quat et chiam a testimonii in corte, et la corte ii da termine di me nar li suoi testimonii, et tui non limen a n et termine datoli per la corte, di menat li suoi testimonii in corte , & pro-uar per quelli quel che si offerse pro uar, et perde la sua causa ; et guar lassi ben dique sto , che non consessi in corte alcuta
cosa, che prima habbi negata, se non li εprouata in corte per ricordo de corte , dper testimonii, b altra mente, che chi laconfessa pol che rha uera negato, se non lie prouata auanti, sera conuinto de falsitas atta in coite, & perdera voce, & resposta in corte, come homo conuinto in cor te de falsita; per ii che parmi effer meglio, cli' in tuti e te cose, de te qual P ε a rasone in corte, che r homo non pucit ceder, ne consessar, & debba dire; Io non intendo che si a cosὶ , come voi dicet e I che negar il tutio; ecce ito quelle cose che con-
to, & molle alti e cose , che si conuiene negar senga dimandar termine, & alculae dapoi et termine, se condo che te sono; δ se la differentia δ de terra, b de loco nominato, domandar termine et reo, scom'ε stritto in questo libro, che si deue domandar termine chi vol fugir longa mente ilgiudicio, & dapoi et termine instare chelimostri quel che ii domanda, & i' actore Eobligato de mostrario, ma non gia in ognicosa, per che d'un casale nominato, & cognosciuro, nε d' via loco che ha nome, &pertinentie, & che in quella terra non hi lcun altro loco, che habbia cosi nonae, non to deue mostrar altra mente; ma se
questo ε casal, b prastio, d Abbadia, b
altro loco, che ha nonae, & pertinentie ,& vi ε in quella Signoria altro loco cosi nominato , quello si deue mostrare, & cossi cli'ε insta attre pertinentie, si consi Esi ardin, & vigna, mollia, campo, pOTZodi terren, casa, b altra cosa, si deue mo-strare et quando l' actore la mostra at reo, impediscato, et occupato ii reo tanto quanto piu pub per flongar la lite ; et de cadatina de te predit te cose separatamente, sipub rechi eder termination, R hauerta, dica che la vole hat aere, se la corte et termina, Sc mettersi in termination de corte, saluando te sue rason; Jc di cadauna cosa si pub trouar molii siongamenti, che non si pub scri uer tuiti, & de cadauna cosa se
parata mente metters a termination de corte t
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χε, o a crinoscanZa, & salua a quelle lesue rason, per che, si come velagonoli ca- si, & secondo che son dit te te pat Ole, co- si Vengotio a raduocato queste fugite,
questi scampi, Sc questi sionga menti; &se
in ale una de te predit te cosse ha proua , che si conuenga prouar per testimonii, ractore ii osterisse, δc nomina in corte, impedisca, ouer occupa, oppona, b torna per segno de battaglia alctino de questi testimonii, si cona' e dichiarito in questo li- o, che si deue fare; & ii reo si de uelongamente cons gliar per quat de te ire vies pradit te vora fiagir, b per quelle che das accadeno, & deue domandar tui te lelongole, & escampi chel potra, &tior termine tui te te volt e chel sua dire la sua rason , & faciata dire a longue parole probabile, b apparente bone a la rason, Scconfunda te parole dei suo adueisario a quelche piab per flongar la lite, & dar a intender a li giudici chel li1 rason, & dicata causa, & imputa spesso a raduersario recordandosi te sue parole d'hauer ditio al-rramente quella parota che dubita nocerti,
di quel che t 'ha ditio, & cosὶ nautali proposito pii, presto, & piu somigii ante chelpotra, di quel che ii suo aduersario non licontradice, & mettas sopra rarecordo dela corte che tui ha cosi ditia la sua paro-la , come i ha replicato, & facta cos; spesso per flongar molio Ia sua lite; selintende chel suo aduersario dice tanto malchel crede vincer la sua differentia per elmal dir dei suo aduersario, lassa tui te lefugite, & scampi, & atachasi al mal dirdet suo aduersiario, si chel post a subito distrigat la sua lite, & me itasti immediate
sopra la termination de la cone, & met-ta 1 quella te sue rason, in tui te te rason de te quale se metierit sopra la corte, siade termination, b de cognition.
XXXVIJL Come si deue difender , feta rimanda e de sabile che sane Ia Cita.
corte che lo consentira, per che rassisa εeuidentissima, la quat dice, che Der posissesso d anno & de gloria o pacificia ente , re in pace haltera distrigato tal sorte dei labile, come a ditio di sopra; & coloro a quali vi en vendulo, b donato, d alienato dentro a cita, non ponno miga sa-
per sel e de seudo, b non; colui chei ve de , 6 aliena, se di guaesar per la sede checleue at Signor, per che, quel ch'e di seudo, o di seruitio, non to deue miga alienar liberamente, & la corte dorie si aliena non to deue consentir sel ε di seu do
llabile non si a calumniato, che t 'assisa de
a te ivtura e deluirata total mente, se co
lui che tenne rheredita non E parente de colui che la rechi ede; ma et parente rom-pe t aliis a per tutio, ecce ito in dui lochilolamente, cloε quando colui che ha tenum ii stabile anno, & giorno, i 'hebbe per successione da suo padre, b di sua madre,1 quali morite no in possesso, & te niti ara,
α l hanno renuto auanti la sua morte anno, & giorno vedendo, & odendo coluiche hora rechi ede, dam questo non val et
parenta do mente contra rassisa. Pretereat altro ponto ἡ tale, diceno alcunt, maionon sono miga cosi chiam come de rat-rro, che colui che tenne et stabile anno , di gloria o vedendo, & odendo et padre, re la madre de colui che lo rechi ede, seat stabile da si moue, & descende da quella parte doue et padre, & la madre de tradiore viene, Sc colui, b colei a quali elitabile potetia peruenire, morite nos en Zar chi eder , b hauerto, et figliolo non pub li uere mente per parenta do contra rassisa .
XXXIX. Che ii possesse dei sabile per
LXI. Et sel. auten che la domanda ε de
stabile dentio a cita circi mdata, b nonci cundata, et reo puot ris ponder in tal modo che tui hebbe, & tenne quietamen te in
pace quello stabile anno, & gior no , &pia,& perb vol romagni r quieto, & in pace
per i assisa de la te nitura, se la corte et Iermina, Sc me iter te sue rason; & se l' actore dice che questo E det suo seudo, &ch et seudo non si put, vender, ni alienar, e et to per l' assisa de te vendite, b per parte det suo seruitio, se rh, pius eruitii,& di questo stabile non ha mai fatra Vendita , & pei b lo vol hauer, se la corte et termina, saluando te sue rason; et reo resia pondera, che ogii iun pub dire, questo εdel inio fetido, & questo non si pub vender, ecce tro per rassisa, guald assi bene chilo alienat 1, b vendera, b donara, & laLm Et se gliὶ cosa, che colui, bcolei. che domanda.el stabile era me nor diaeta, menire t altro et tenne, Sc lui tiat anno, & giorno, dapoi chel fu di aetaper se ita, Venne a di mandario, io pub re-chie der bene, & et possesso det suo adue facio per et tempo che tui ei a men or di
de serositi non si no P. LXIII. Se dice che sel auten che alcian homo ε forosito, & ri torna, & rechi edeat cuia stabile, che alcun altro ha te nuto an-vogitono dire, chel amisa dei possessio non to noce, per cli era oi dei pae se, de i altro non l'ha tenuiovedendo, Sc aldendo lui; et molli dicenochel possesso val bene in ques ponto, dcche
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che per questo ἡ statuito 1l I Ugo spacio,
vole; et io intest dire, che qnesta assisam salta speciat mente per quelli che have-tiano si stabili al Reame de Hierusalem ,
che quando la terra era in tribulation lorandauano Oltra mar, et non Vi e Pachidi Lilandesse la terra, et quando sapeuanobone noue rirorna uano; et perb fh statuito tranno, et uorno, et si dicς che alcuna fiata
si face ua de ii studi ii medes imo, et polriin se , et tornb rassisa a li stabili; et se colui ch'era suox dei pae se vora domandartermination la puol hauer. XLL Come s desue domandar termine, quando voi sugir et giudicio. LXIV. Set reo domanda termine a ladi manda che si fa de tui, per che vol sugirquella lite, et deue domandar prima per friuola rason, fel pub, quando si metieraa la termination de la corte, saluando lesi e rason , acci h la corte termini, chel non ha ditio cosa per la quat deue haver termine; et quando havera persa quella termination, redica altra friuola rason, et ineltast k la termination, saluando te sue rason, et tal che posse perder queli' altra termination; et cost mellasi tante fiate, quante polriin termination perder, machel salui sem pre te sue rason; et cost potra asesai fugir la lite, et da pol vn termine ha-uer vn' altro, se ractore non si sa guai dare; et quando tulte te sciuole rason mancaranno at reo, per ii che hau et 1 perso te termination d'hauer et termine, dicaalhora che vol hauer ii termine, se la corte et termina, per ch'h assisa, b v saneta in ratia corte det Reame de Hierusalem che vi δ sem pre 1 noua di manda termine, sel' aD fisa non to tu ole, nε vi h assis ache tutalia et termine di questa di manda, et mellasi h la termination de corte, saluando te sue rason; et cosὶ havera et termine, se non sara differentia che t 'assisa li tuole it termine, et che ii suo aduersario li sappi di Glander et termine a non to haver.
reo non habbi molie termination, stermini dapoi. LXV. Se ira flore si vol guardar chel reo non prolongi la lite, perdendo molle te mination, quando vede chel reo non domanda termine, come si deue per non loliauer subito a la di manda, che t assisa non tuot et termine, dica ractore si friuole rason, per te quat et perda quella termination, et cli' et reo habbia termine per termination de corte et piti presto chel pq-tra, per che te meglio lassario hauer subito et termine de chlamor che t 'assisa non sole et termine, pur chel si a per termination di corte, che mettersi in pili termination, flongando la causa sua, et che ilreo habbi dapoi et termine.
ue domandar termine a chlamor cles asso ivole et termine. LXVI. Chi vol fugir et giudicio 1 chi mor det quai rassis tuole it termine, et et chlamor non ε de fassinamento, b de homi et dio, b di cosa che si conuenga negare auanti chel domanda termine, douer homo e conuinto, domandi termine 1 ladi manda, et dica cos1; Io vo lio hauer termine is quesia dimanda se la corte ei te; mina I et meter te sue rason seneta dir altro a quella fiata; et quando havera persa questa termination dica; Io soglio hauertermine , se la corte ei termina, imperδ chri uni non s do e di me per questa cosa Iet me iter te sue ra n et quando havera persa quella termination, dica questo me- desimo, et tanto piu che mal non si h 1 doluto di tui alcun in corte, et stando lui
presente, et mellasi a termination, saluando te sue rason, et da pol dica; Io vogliobauer termine, se Ia corte ei terminara , pes civ io intendo che de tuiti li noui uia-,nori s ha termine I et metia te sue rason, et pol dica; Io Cogito fauer termine, sela corte ei terminara, per ch is intendo chede tui te te noue dimande vi ha termine,
mine , se iis corte et terminaria, per ch' is intendo che s deue haver termine a te noue domande, se consuetudine nou lo ivole Iet metra te sue rason, et da pol dica; Iomoglio hauεr termine is quesa dimanda, per cVis intendo cbe si deue haver termine a tuti e te noue dimande, se ζ agma non to tuole I et metia te sue rason, et pol dica; Io voglio hauer termine, se Ia corteeI terminara, per che de tuti e te dimando
δ consuetudine non Io ivole, io non iniendo che sa conquetudine che toglia que-so termine I et metia te sue rason, et potdica; Io Gog lio bauer termine, se la correel termina, per ch'io non intendo cho sa an i che io lia queso termine', et met-ta te sue rason, et pol dica; Io vo glis bauer termine, se Ia corte et termina, per cPio nνn intendo Me sis assisache rogita queso termine', et metia lesiae rason, et pol dica; Io Coglio ha-uer termine, se la corte et terminara, per che non ha et aneta in quesio Ream ecbe rogita et termine I et metia te sue rason, et pol dica; Io vo glio hauer termine a quesa dimavda, per che non ha af a in queso Eeame che twlia et termine Iet metra te sue rason: et se radiore dicache non ha crescimento alchino in questitie ultimi ditti, b in alculi 3'essi, dica et reoche vi E, et dica, come ha crescimento ner altro suo ditio, per che prima intende uae Ter cosὶ et hora d ce senaa intendo, clienon ε miga simile, per ii che intende chequesto E cies cimento, et dici bsime ita ne la
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termination di corte, se questo δ cresci-mento, b non, et pol dica' Io so Go h uer termine, se la corte et termina, perche, se non si O, che per v fanda si hutermine tu tal chlamore, non e se non per
quesa set placita in Cypro in non e sis
non habbia et termine , se la corte et termina et me iter te sbae lason, et dapoi dica Iovo lio hauer termine, se la corte et terminara, per civ is non intendo ches sa consuetudine ne I' alta corte det ditio Reame , ne
io que sel litiga in Cyproj, che tu olequeso termine, se fusse consuesti fine cheiolesse questi termine, Iaria stis cogno serit to , ato in questa corte , in quella det Reame de Hierusalem, pes chri none cognsciuio, ne Gaio iis que D corte, diu quella, io vo lio hauer termino, se lacorte et terminaris I et metia te sue rason, et pol dica; Io vos lis haver termine, beti corte ei terminata, per ch io non in teu-
termine tolesse, jaria sis cognosciuto, fatio in quesα corte, ' in quella I per che non Φ cognosciuio chel sis es a Geio ita queso termine, io vo lio hauer te, mine, se la corte et terminara et merterie sue rason; et pol replica come dice dis Opra, ma metia in cadauia ditio in loco de cognosciuio, terminato I se Pactore dir1 che non ha crescimento, dica chel hi In Italione, doue e it crescimento in cluet che i ha ditio prima cognofaneta hora dicerermina: on, et che termination, et cognition non e gia una cosa me desima, per ches fa d' una parota cognos anga di corte, &termination non si piab fare d' una parola, ct perb e chiara cosa che termination, Sccognition non miga vina medesima costa per ii che dica, che net suo ditio hamu- ration , o crescimento, Si vol hauer di que ito termine, se la corte et terminara, Rinetia te sue rason; & sel perdera tui te lepredit te termination, bcognitiora, dica; Ioeto lio bauer termine, se la cortρ et termi- uasa, per clo io non intendo chel sa co liι- tue at Rea me de Hierusalem , ne tu questo
s set litiga in Cypro ), cbe tosta quesio
terminρ I per A cs' is non lio chel ν si per cosa che sol dicesse Me non habbia loel termine, set nou e Prima sensuato p r Iaco te det Rea ne de Hierusalem, chel f icosume che rogita et termine di sal chia Diore I & mettas a termination, fidi iandole sue rason; Sc faccia cosi dapsi de rus an
al cuna fiata ne i suo partar che glie Vsanga, b esstume, b assisa al Rea me de Hierusa- lena che tot questo termine, negato subito at reo, per c ne se ractore non sol seri scea prouarto, tui hau e termine, Sc se tui se osse risce a prouarto dica at reo; Io non vo lis responder a la dimanda che voi fricesie di m , se la corte non Io terminaris,
ca P actore quando haueia perso tui te ledit te terminarion, Sc tui te te dit te cognition, che vol hauer et rermine, se lacorte et termina, per ch'ε Vsin Za al Reamedi Hierusalem, che si ha rermine di talchia mor, b de sinrale, & e prompto di
pro uario, si come la corte terminara, o
cognoscera chel deue prouare, Sc pol et sa- ei sinit mente dei costume, & dapsi de traffsa i' uno a presso paltro cost haue xa termine at reo, at chlamor dei qualer allisa tole et termine, doue flongera pia Ia lite , che se hauesse termine hau uto, ser actore non si s a guardare. XLIV. Come r a tire di) guardup chel, eo non prolougi D lite per doman
LXVII. Se ractore si vol guai dare chelre' non prolonglii la lite coi di mandar te mine, net modo sopraditio in causta, chel assis x tole et termine, et deue dire sub iato ch et reo domanda et termine Hacaasa che P a sci tuole et termine, de la quale , et non vol che l'habbia et termine per la tal, Sc la tal rason, Sc dica tuti ele rason in siemae, per te quJl li deue tuorei termine; δc pol dica, Sc tanto piu chele usanga, b assisa al Rea me di Hierus lem, che tot et termine a tal disserentia,& questo εἰ promp1o a pro uario tutio CV- si, come la corte terminara, b cognoscera chel deue Irouar, per ii cli' et non volche l'habbia termine, se la corte non to termina, Sc satur te sue raso & io credo che la corte terminara, che fel puo mo-strar per recordo di corte che sia usanga, b costume che toglia et termine da tal lite , chel reo non havera alciano termine,