Le vergini prudenti di don Benedetto dell' Uva monaco casinense. ..

발행: 1582년

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DELLA MORTE

modiorno

Con amaro pensile dolae ris

S'apparecchia anci tempo alia partita, Bene dimanda pia, ben i zoi degna Rbal COLONNA, ch a ratiam is vegna.

isecrauerrime tollo strvssim hanno, liten ch'oblio deli arte ho nimiscusi, Pol che mi acqui egia i undecim anno Non a pero, chen vo seruir ricusi ova fatica, o de mi nomve, danno Ma basierammi in que lolauer imo Iro, Cheb'io non empto, honor uvolc vostro. a Fu

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α IL PENSIER EP 'aliun degli antichi empla dottrina Che di noi dos o morte altro non renia Come non sti segia 'alma diuina, per sestesta, esolas intende pressa , cidas 'in tablum a 'occaso inchina, E di quella materia, ondha a venta E conuenisses ei, questa dinrutta,

Veni mente Iunimente e peris ulta. Stolio , ne 'arme prese audace , fero Contra nostra natura, e lese gucrra

Eque nobile alliseimo pensero De u sat immortal, chen ei erra.

a dii I persommo dono altero Et se in ei come radice in terra, Toris fore si in dimontra con arte Gibu omini egi alia bruti in Uni parte. Mi non a mollisu per eguito CV parers nocivo, es peruerso , Ch fu dis hiarii egni altro sentito

Epretias parer tutio diuerso. Ed 'thrombra diluce alibor ventito

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Idisequii I CRISTO, elmondo apertamente Seppe ch 'eterna e 'alma, e nulla letieta: Ben quella parte , he radio, e sente, Edentro ase riceue hor odio, hors ista, Per che Uieme o corpo hebbesemente, Fores cheseco ancor ecchi, e leta E ci che da natura alnostrosato

terreni animai comune e dato.

Ma uella, che discerne, e sola intende Delle os i principit, e la agione, Anet futur, lucidi Occhisen de Aco passato, presente compone,

Perche di suo ne lene e nulla pende Dacarnat massa che deisuo te done, i An uor o corpo no, ne inhabit tede, Chesent, aluto suo contempla, e taede. Segii e unque immortat, di morir 'olmai Ion de te ne perche a carne mota Esenla que sugi homerigransa a

S 'aliun puri tuismi cura annota. Puo temer a porgiis a mortat alma, Che a non ada oue perpetua bia ,

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Temerpuosis di morte seconda, Laqualpikrea occide, non consumat Acque, naba ast altris asson , E focosa dou arde non assuma. sivest timor 'esso virtus conda, Edaiola abriel 'anime impiuma. Onde hi de uerror tardisipente cui prima , Iegli a vola a mente. De prima ripensa , com' si Apartisi di qua poco Antano Pol, belli forca alsi di quenta via Rappresentarsi attribunal urano Lauefati di uigia ditiosa, dicte pentis duo morte e vano. Uonquerile re se Ombra, ne signo, tuba diseri homaipoco bisogno. Abi, abi chel fore son fugaci, e corte, diu ego de te omnique e crude Apena apre Lucifer oporte Dei et che subito e per te chiade Ecco vengon te rugbe ecco vim morte, sangue, ne bella mira , o virtude, C di , he laeder 'alba nonstera Delia vita moria conduces sera.

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DELLA MORTE. Es si tu DIO, sed gli Uanto, Che ne quento, ne que pilogia nega sit.

Alia vita, che qui fallace e tanto, Astra ita pili certa e fortas arsi Oue condegno atrio cantigo, e tanto E premio, e tota alsuon os a donas; Porche quis es se illitio altaris Malacia, E irtis anco trahe potiera escast a. Ecco hi solo attese alle rapine, A turba illicin principe, egrande Porpora it cu*re, e e liperegrine, Pasconio e m nobili ziuande

E cosi persevcra insimo at ine,

Chiaro, e felice per ulte lesande E 'ooni bene a biede pur a lingua Fors mili asegli heredi impingua. Et istiuie popob'altri ad lone to attenda, Epur tutia sua vita es iacci esuri; Veragitis litia uol, blastrui si renda Secondo timeri desuo cari studi Chim he 'ingiuitia Iddi riprenda δ 'un altra ἱtasia dunque conchiudi Oue deli oppe inique euelle uone A tenens babbia rigida agione.

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Pentisi opo morte altruisi tolle,

La uel legno adeo renta contaenne, Porch'a terra limando vento , o bipenne.

Di dura quercia in gelid alpe nato, Cui e teri, o te serpi, sepiis noceistra fera, halbia illati e bl cibo dato, e non alet, is an gli occhi, e la voce, Lehibdis allae merce de uo peccato, Se a, che mori deescco pensando, piso comesape , oue, ne quando. isti halliam a tener uenio vianio, Liam purp)ueri, ricchi, serui, duci, O forte istit, con 'ignorante it Iaggio, Adin me smon morte conduci Thiti perina trada ad raparaggio, ZIa in tari modi, e vari empi adduci

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DELLA MORTE. seges ii sint ben, si ui iliace i,

Chelmon falsio erioui, presen a V as ut tesue pompe, mi fasti alteri, Et gli auidi sensi it freno allenta , Ea intorno aliive tuo vari pensieri, E icchetas a racchea e acc e cer tenta Debbimira o Iei , a terra flande, Anci annulla in pocheiore gni e grande. Ten deesto sto hi amarisii n che persi remno, o due torni in peregrinas arte, Grani edificio vi comincia afare, pandesinito perchesia bello Cis arte Miser che esu e coe piis care Liripone, onde pol ratio si partest e trona o Cli se urtana Aggia,che da ol offenda, o alla pio: gia. O con anto dolor uel torno amaro

Lalma ripensa a te p. a te osse e

O come inuansos ira, tempo caro, 'inutilinente an glandosi se Isuo beati di tonio pol sero sitia persereno ciet Duille accesse, B olendo horreuelarso se che vada Aialdorsua retion per lubbia rada.

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8 DELLA MORTE Ch potra di que misero, che visse

Chegli occhi uoi vilmonte in terra Ue, I bri torto det et ponto in oblio 'Esta se cor a configliat, ipse

E mena imiei di ueti, e felici, Et haver belle donne, ejerui accorti, Emisci ecce lenti, e cantatrici, Sochetli da acciar, agio, horti, numerosi armenti, e campi aprici, Ptilagi, armi, cflricra, Lir', oro, e gemme Etutio uel che n siderio vi emme. Cum'ombris il iue mi se vola, ef ege, i Io orna in retro pol bal ne arritia

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e della causa suaguidice Vatio siuei, b Cnipuo pensile semprela edulo. Esse elice, fortunato Uatto

E esse torto feo, masipent'hora CV egiunt,al arco, e non pu a dimora. Si come in hiaros ecchio astris ede, E mira iliolio suo seso se ometto, si 'alma di se que dis aut ede, Et Te net suo libro Cni fetio che a memoria sola is te ede, Ele raminent, ni otioso detio Giungendo insieme in in iaceuolnodo II empo, i loco, latagione e modo.

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L'hore et torno suo nubilo empto Numera, e cogite portasomma insieme o qua dilui fa crudo stratio, sic empto

come conscient ab corii preme. uuanti di ben prargu diero esse io Giudici hane deliasua causa temes Sorge contra di egia sindouina Niniue uita , da Sabea rema.

Laso feren a chebbe si suo ignore

Contra se veri armata, esen conmensi. O quante volte agionando a core

Le disset Alma che Dii solia che pensi ZNon tardarptu, mira juggir et 'hore, Tronca, tu hi pensiler po freno a sensi. A si dolei parole allo rda, Hor congran dannosuose ne ricorda. Sene ricorda, e net pallido tollo Porta dis inta Cni ben leue os sese Scusa non si egia di mani e tollo Lantico socii far forca, o dissa. medii Signor, ch a vendicar si e tollo,

Et his lasada in man di foco acces Most is, elli , molio a puni fu parco, Hor pro ha Uaette, e sola 'arco. Tardi

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