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Tacquero tuiti, e con immobili od ira desiloci intender 'altra parte.
Althor inci 'si chauea nome Euso, Cui per ulti parti cesso era in parte, In te leuato ondeprimera Cesarguardo con attre gentis arte, E disse pol Signo cui die leb cieto Imperio grande et di pieta granaelo, Ne d 'infamia timor, noli ea diresiuel, ch υ rete da noi neci 'honor Elia Gia ches regiato imondo, ' uogioire,
siuel vero ondelabbiam nolistides ire Semplice, sic bietto a palesar ne nuclia
Cheu ὀ cercolaueris in Uni lato Dou men redeuam. 'balbiam trouato. ut 'balbiam trouato, e come Tordi Dilui gia riceuutosgrande bonore, Esen potemmoloi tuiti concordi Teneris scoso, e non mostrari uore Ma per ob egii non uol, che mai di cordi Dalle parole, o alla ronte Icore,
Siam foret,atia dir, com'es incera
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riputate noi soli, estosti Che leuementes io crede que Damo, Comestica tu aletentos tuosti, O come fronda, Aesimvoua in ramo. Ci valerio, notanco a bens iam volti, E come voi, felicita cerchiam, Di cui tanto a mente . causa, e priua, siuanto ille non comprende, onde diris a.
Ostres uir 'orditosuo discorso Mileua Eliso per condurio a me, Ma a Massentiopis feroce h'orso Leia boni e caci e peregrinen interroite a comiscia de cors. Osi auten che' monte alto ruine,
Legelide acquesuefontana perde Nesiuiodrica te viole, et verri. Con dubiis, ansio cor satia peltando a si atquest ri oua loro. E albo as esso tosognando Cos maggior di quelhamoso choro, Ma quando vides deluso, quando Viri . 'ci ei cede a si bello alloro, Aps d 'ira e di abbia, e quas insano Due molle a ferro su pose a mano.
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Pur uot astra furor tanto da Logo, Chestii sericio parer est altri, Dri ponto di si, fefare Un rogo In Uriuolge d 'occhi Ueru castri, Licinquanta orator mori difuogo,
Egli presentesia perchesii scaltri
oasecun ad 'opra et non si parte tan punio Fin che t numerose non sita confunto.
ortunati, ne V pura e bella Flamma di charitari altiel saliro, Ouhor luce insecun si comesella siua bauersuolpiu luminoso ro. In ec d 'uniel rio, quenta facesia Se nulla hauean di macchia, o di deliro, Purgolli, , he leui falli e mondi Corseo unga via renit, egiocondi. Uatto, Ver tirannm hebbe inpensiero Trogger ei che tanta briga mosse,
Pur amor combalteo 'animo fero,
Adalia cruda ulla o rimosse. Si volge unque allusi a primiero ED uttii e tremo dipueposse, E promettegiurando a lasu, ioma
La corona d Italia anco, e di Roma '
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che ne per unga pioggia disos ra,
i P pergran vento mais moue, escote .
Eisuperbo, strea Cato Lysina pra, Turbalogii occhi, e pallido legote. I des o la pieta cedes la Obbia, Erill 'o lination mercὸ uolchallia. t uda te membra con piombate coia Ealter a se ch a terra i angue cors Elo te ne lascio quanto non muta, Tenche rentasse delia ita in forse,
Per polgittariaci 'ona in astra nota ΠΛ ra catenas ei e braccia attorse, E conschiera maluagia innanci, e inditiro Lacerasi contaria in carcer tetro. Pentes non 'haue subito occisis,ssu'nd 'era men los orno, emen Idanno,
As ri tormenti ne moris si danno, E cercando trouo nuouo Perillo Ch di quel, che olea, tostoseruillo. si tiro
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cuattro mole δ' uncini, serres esse, Chemur a vinia horror genera e tema Lingenioso, accortofabro intesse, E in meabo una colonna erge suprema et La qua cia cuna desse ruote appresse siuanto bi signa con a parte j trema. Le renita da tener quella colonna, Entonio auferri, renio della Donna. Le quattri ruot horribilmente risDi inacciar sol ' a molia tende, e quando a te riuolte aprete vie Stridori infausti, formidati rende. Sol neli inferno crede cio, chesie Machina ultrice chei annati ossende Diquenta miserribile, acerba MA'lmondo alie vide mai, ne seria.
Di cui per tutiois Nil vago a fama, Non fleti a ripsar fonte maligno, Chel nostro bene, e la virtu fama, Si iras gura in stirit benigno
Etroua Arsinoe a nutrice grama
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largi aliento tante oci in sane ZS'altar bram C A TER INA , instetia Corris gis et, che tardis,dimane. Dilli , che sit a Christiana setta, Et siue e ni fauolose, e vane, Ma almeno, e visa insume, eroda
Perche de magni u est si asto a
Va, non ostre indugia , che hi tiguarda Digis a et i mouet, era scale.
Arpinoe .c 'ode i di si non tarda, Riceuendo dat lo consillio tale. Parue a 'andata sua tremula, e tarda
Chii seu consillier tu esse 'ale,
Arriuis ita prelon misera e troua Nel cuctode crude cortesia noua. Che 'introdurias ei prendefatica, qui e a tolli leti eri res editto. Come a teri a nutrice antica Aterragitta it corpicciuolo a itto, Ilii in raccia, e prima chlastro dica Maledice que diche vide Egitto Per ei nodrir suo pretioso bene Se porta ne oveo amare pene .
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POrch'asi gato, e serenato habitolio, Figua re dice is per che perder uoi suetob'io dire, e blasma da tuiti Ucollo I dolo for de teneri anni tuo 'i Ion edi tu ne DIO Possendi molio C 'gli ti donaci bene, e tu telloi, Chesi, an humor ea tuo che renesia, Pol bci testessa se crudele, oria tuor non e queno atrapido torrente Perche testiche anni hi, apri lastradae Non λquenlo alia an fera e possente Deli 'inimico tuo porgerias 'ada Di per que Dite, chesi doloemente Gaiuon te oui tedi, ostre non vadassuesta tua pertinacia, quella Ulia e perder)ὸ tuit Alassandria adduba,
Con non sano pensier da te si rea a
Di quenta luce lasoaue jura, Serba que la tua dolaegioumet ac hora incomincia, e unga assii i dura. Esciocca venione, e legrae eas a Crede ch'zn astro vita futura,
O muta contra patri , antichi numiPervn vanoromoroggi, conlumi.
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Porche la mentes quakb co se additia, me per buona, e per antasii propoU , 5 'interna in quella e da des ire e vitta
Tanto, ch'ὰ richiamarus a via rista Non vesperchesi ridis emersne. Eietargo a cura huo e Panompar il ferro is molle voste in vano. Se quesi honor, 'agitasti Dei endemo Fosse sol una vanarimembranta, Pur dami non dourebbe esserescemo
Per tuerenetba deli antica sanet a.
Come nate, nudrite, vi se semo, Osiribbiam fini quel e nauauet , L'orme lascia de adri venerande
Ardi e temerario, error egrande.
Chesi antii tuo dogma, is i concedo Non, bo ec hauerquentio di quecto. Che cosa ire a 'antio, o io,ieri Ad honora i Dei mio core pre Io 2 Sepe di et o tu mi Di, non veri Perchealtu DIO cio debba esse molecto Fingi sol tanto, pol credi a tuo modo Che ti vos uitar, non pur te lodo.
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sANTA CATER IN A. 97 Deli'Auersario suol 'insidie ascosello Iosenti a prelonera rauca Chesen ede, ch'a dis colante se Delia nutrice sua 'ingegno manca.
A, detii uoi come persona pauca, Edi1se breueniente , Arsinoe scuro Non 'eliato Clio, esida me Iprocuro. Ne tu pario ma ne profondos ecomacita per innanet, si ritenne. Lament i co cieto Arsinoe, eseco, Epik oste pre o , a nulla ottenne. siuand ecco istraria da quesi antro cieco De Roma acro Imperio vn Duce venne.
Ella ista sinula dou ὸ Mamata Dei dis recla di morte ii petio armata. G1ιuta alta piaet se apparectatato mirat gran tormento ne imisiatu monte, Ma non per quento in Hetrosi ritira,
Esta qua pria deli inimico a ronte com ella altae bocchi uoi ora E merce biede dipietate at fonte, Forses conforto de popol fedete Siste: o quella mole empla, e crudele.
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Come qua horpm Gioue irato tuona Da dense, ei re nubii baleno sce, Efende it fieri, arde a corona, Et rami alpino, che tant alto res e, Corre a miraris, Pigre gyn abbandona E con a merauiglia, timor mese
Iipa torsopra i monte, es o pes Tal a que caseo Cn. si vide inteso Ese orti felici is degni essetti
A miraeco concesso alia sua prece, e conuersie a GIES schi intelletti e candido, coccino, da pece,
Esi percosser mille donne metti Pallide is triste, sol assentio in vece Di far si molle, in s indura egrida, Ch quella nobis agna obime succida. Eo per oler dique fero anguel e te recisa 'honorata tenta Onde si ide scir alte per sangue Tisi 'a meritisuo merce DIO pressa.9 de pallido a terra i tronco sangue, Ma non per gran tempo tuis renta,