Le vergini prudenti di don Benedetto dell' Uva monaco casinense. ..

발행: 1582년

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Tut te quante te perte orientali Chelel mar Erit reo 'Indo accosis,

Ele superbeporpore reali Di Tiro, gia fur poche a lesue togiis Horgiunt a in deli 'horesuefatalii οὐ porta con se gemme nes=oglie AIudo venne e conuien nudo partissi Asa conquanto dolor non pu ben dissi Liae care membra, cui curis 'Mate Ibis i Elterno Ebibellini, si, iri, E 'n uardia haue olean esculere armate, E dorate habita camere, e chiosiri, Inpoca scuras fator anser te Edilo cibo hauran putridi mosiri,

E di formissi bella est gentile

In breue diuerran cenere viti.

G delmondo in uel punt bauesse impero Per breues alio hauer tutio Idarelle Mia 'indugia e vano Uni pensiero, Prima albisCnosuo prouueri debbe Felice riguar arsi Lua ii vero, Eque ligula, che pius uirgi increbbe. C'hor prenderia de niloia, e conforti, dicome nam in arriuando alborto

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DELLA MORTE.

Ge quali Ggno, che pili dolae cantasiuand es ede alsiuo mori vicino, Tal: tia piugiosce anima sania Per partir si di qua o lain cammino operche fugge da miseria tanta, O certa disorti loco diuino, Edigi agori quel bene immenso,tab occhio novi vide mai, ne cape in senso. Perche a morte achi DIO cole, serve, E loco tu Cni fascio, cor ripone A corrie anco a bor chel ciet pius GD'aure, d 'acque e di or ricca magione, Atal, chen carcer Gosiretio erue Signor he tenga a raris di prigione Rende a patria ad 'alme peregrine

Edi mille fatine e premi , fine. Premio, sine 'a fannias ri, e diuersi, A his rbosuo cor candido, e puro, i sese ricetio di toler peruersi: Maes afanno, e di volprincipiose duro Achimaluisse. Evien che siriuersi Dipoca luce in loco at tutio scuro, Loco d' ni placer, ' nise prauo Oue mal grado suo scende anco vivo.

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i IL PENSI ER

GI eloce pensier, cui nullastra Elanga, i danno suo tri to precorro, Egi se disicende ad infernal contrada, La riue nolle e , gran turba correradda non . hi di Dor rima Lasada, Ch popol infinito pu raccorre Tench a nessuno scis di quellasianza,S'tna volta viva data sterana a. si si aggbiaccia it sangue entro te ene, B perde inpieme i moto, e in fauella Mira qui arie 2'infinite pene,

Ond' 'lit e lagentea DIO, bella: si ro riderat ferri, e di catene irgusembra in quenta parte, en quella Edis 'horribi uon desie per cosse Rimbomba Ecco e montagne scosse. Poetegliorecchi ad ascosta piu intenti Diuomini voce com ossi usi; Et de ridi alti simi, e lamenti, Chesensembra dimiseri, e d 'os Ode hi dice a tui. Era quenlegentimur ii tu albergo in qu i ochi accesi.

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nper desita come corpore foco Alma priua di corpo abbruciarpossa Etroua ba cio fare habile eloco,

Ma qua dii Iosor mento ba questa possis

Voler diuino anco ritienti in loco,

suo, ben chesia leue, indifar ossa. Ne cerchi in clo ragio disenso uompio, Chesopra sensi, e a natura DIO. Et da limente in duo 'intenso Vietandole et uir e vulte sue , Comesi doleria, hau es enses a pietra impedita agiringitae. E chi non pia e o non si tenne ossenso, Se a sua liberta tostagi fue

O quanton e di doglia, e di martire, S 'inter letto ne isto par, Elgire.

Enon men che di quesio anco offende In ede si congiunt a cos, vile, Che cometuom bas a sommagioia ascende, Se consorte ipsa Donna gentile, Enobile N altero ira si prende, 'Cna bruttura iij ccia a sesimile; Tal'alma a dulia che net uoco viva, Eche de ben chauer olea, Oenpriua. Ma cui

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IIa cui pote placer io che diserta Falto rigio da nemico feroce Z Lacheperfardi DVO cruda ἴendetiaS'accende pik, e pik velfoco atroces Sa che pena a misera 'an etia, Esa Pe seu contrario e chi e noce E per disos i l 'aria percole,

Ebrama di moris, ne mori pote.

Mentre ien di timor quislatia, irra

Perquel locos 'iaceuole, e profano, mede colui che 'innocente terra

Prima star geroso sangue humano Equesi altro ch a ciet volpe far euerra, Onde nacque sermo confuso, es no ;Efur ari di lingua, e dipaese, Tanto, Signo quella superbia os sese. qui ede tuiti quei cheiel deserto D'Egitto de par 'agito, elpopone , E quotche adro in Orico scoperto Fu dissi sortem, i folle ingrato Ammone E . ch as roga ligo eguales morio Haue ii, prelo a m ede Fatone. V Det a bella, Ssa re vectat a canto, Ch della acta Hebrea accesse tanto.

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In Uni loco di que cieco chioni, o

Gridano te defunte anime praue ,

B psu 'υn inferna terribi montrori liue questo, e que di pena graueduuiui arde 'Epulon, he d oro, ed 'onro , E di delitie piu cura non haue Pur insolgoccioici acqua egi desita, I miser troua alcun heglie ne dia. Dison della igna iret uno di, Ch e contra illo Donno empto configlio, ando ingrati coisi anni, estodi Vccider prima iserui, eposcia illis. Diei ieco Pilato, uigii Herodi, C 'han da regno deicie perpetuo e fi lii; Masottogliastri quelperuerso, e reo,uuel chel liuoldii Io trairpoteo. Chipolria diris lingue hau esse cento Degli infelici e miseri osvolo

Cia seu quani hebbegioia horia tormento, Ma' dilatio su breue terno et uolo. Astri e net'fuoco, altri alghiaccio, e alvento Et altri accompagnato, altra vasolo Gridando in voci pauentose, mense

Per quelis boli horribili, fune te.

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Misero albergo, oue ne Sol nuce, Ne Luna matrinoua esue corna Ase a candida aurora inqua riduce La vagastella chel mattino adorna Neta ciuit terre ruito produce

Ne primauera mal beta ritoma Ita e confunebriate horror eternos Notie steriliti, temptati, e verno.

Ultripensa ejuo , quant, 'ossenda siuento via gio, e qua si dia auri Aga che tali sepero non sen emenda, O infinge esse fauola, o no cura sto disserisce insanita 'emmenda O ne primi est via luci indura ZE come in vita 'hebbe egis di DIOCos morendo ha diseses se oblio Ofelice colui, ch'assa per tempo ripensando a n de suo lavori:

Esirase dice pol Che piu 'attempob ra quenti vani consciuti errori rE mori si dispone innanci tempo, Perche' uo nisulta a vita honori , La qua non come prima ella sordisca

Masi commenda sol come Disca.

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E oco a coris haver aureseconde, I cielsereno, e sagionestiua, Egir per e tranquille e lucid onde, Varcando leto i marcii riua, in riua, S 'auulen che' ligno bens almato afon de Conda sub merce allor, chen porto arriua; MClio era hauer fortuni, eposaluas, Tenche conu 'arbor rotto , ei remis arsi.

A queno Uni mortali 'occhio riuola, siue I sasoldesu nauilio illi no,

B perche Iuno suo buon vento accola, serui prima, ciel pol sci glia it gno. ni placer caduco a se ritola, Perche no a di, et 'eterno inrigno Et habbia ascherno i mondo, suoi costumi, e altro nonson ches nid Ombra, fumi.

Concede que ch e molle e delicato Algusio cibo dolae, signoriis Asrra, ct Arabi incensi illo orato AH occhi quanto appar bello, egentile Au orecchi cantarioaue, grato Ed 'oro is di bellasuperbo gire,

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Riuolgigli occhi a iovinet tomon do, E edrai disi vo letto ii mar scito, Per uni di iussuria it titio immondo Si he non hebbe althor sonda , ne lito Esa sv lago fetido, e profondo Soddoma, chesim hors mostra a dito; Ecipi ori tremo indebour si essu elio,

Dietro ilpentis, e 'altri Iarsis canto . Punge a Pettat , pungebauutos no Epi a lasci, cui non sana incanto Debs recca in dolae, che d eis e pleno, Eupret O , ondesi comprie duolo epiant , E morte , e morbi crudi, odi eri

Eruina tal forti antichi imperi ..

I insatiabi ola, e 'otio lento gio fur se re mala esseti rei di Per quello Roma strand imperio Vento Plange, e perdui vortanti troysi. Renio privo Annibal 'Uni ardimentonse placer , che tu Capua hauer solei Forte ra 'armi, defatiche fueE adde potielle delitie tue

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