Le vergini prudenti di don Benedetto dell' Uva monaco casinense. ..

발행: 1582년

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risti lato editio a vela, e remo Giuns in Sicilia a comini arda via. E di Pascasio a tribunal supremo Fecepales lasententa ria,E' comandar cio cive di male e tremo Sband la religion humile, e pia, La qua alte bauea u ferme radici,ssuasi inferti terrensemifelici. Era molli, ne dat ango accortamente Tosti, e di CRIS TO Appro ii Tange acro,

S'erano a Uiuer bello, innocente Regeneratim lucido lauacro, na , e senet a mentir a pii lucente EO LUCIA, ciba an imulacro

Asai non sit, a fame re, ita ut ei, hepromise a D O sol a volta. 23eni anima genti eguia di CRISTO

Colpa oleti pie 'orme gradite, Ene cor di iri ι ollo asi acquinto I 'Ore tenea di charitasco ite. Sembrandos ei questiorno securo, e tri Zo, O ι'altri altri nongioue e non alte. Cara dei, irtuti hanea in se una,AD pur a tuite antepone quent una. Idolatra

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La qualbramando alaun tardo conforto Di dolii nepotini, e famisit oti, Ad in legula rosiouanetio accoris Di marita laiauea fati parola. Ma dicio a donet ellais tutio schisara giorno in astro disserendogma. Hor nascusa, ct ho vn astra ad dita

Erille nor ei di cos traiienne; me a Greca, che a tela ordita Senca finiria mai, b on tempo tenne.

In quento meta albet his ella alta,E tanto a chiedeos che e tenne, Ch pregandonei IO, L adre perse Gli,cchiche tenea bis, esi conuerse. Conlei , chTuticia nome hebbe, molli anni Dagraue infermitasiat 'era oppressa Che perde, angue , ne perche, ast anni Medica man, 'humorsitante cessa. Egi co igiorni an crescendo i anni In υan Panace , in ara Dittam appressis. i Dis Dias ri, ne virtu 'incanti

Chel rosso caldo rio agnarsianti.

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rin rimembra di morte te persene. Et gramente e tremule, e casse Membra ' ni vigor, ge i basione. SO LUCIA a conforta e che non lasse V wo di doue quaris speranet et ne, Pur che ne lasci, culto vano, e folle, Ch co angue a vita ancho e tolle.

Tanto e sene dis, tanto astrisse, E tanto is uel ciet 'rego per ei, E cilicio per ei cola 'inse, De isellegiorni digrinando isti; ei Oguar olla, inguardaria esisse Lopinion, clauea defas Dei. E erra seu LUCIA luce e pors Tanta, che tuite usu notiscors. Det 'animal, che o deli acqua more Asol Omaigia sappressalia assigno, E uita corsa in compagnia dei fore La figurata via de uo et regno,

Portaua it torno, in cuiprende honore D 'AGA TA a nome riuerito e de DoCon sacrifici, e con pre Oiere sante In rimembrana a de uo cor coilante.

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i e 'era, gran templo anche fondato. Da pochi, a cui pieta bal lanet a prenta, Fu quesi anniuersario celebrato. anto puote in astrui aura infensa D 'esse di ita, o 'altro bens riuato Ma quantoscas u laschetera e manca,

Tant Pricca dipietate, esianca. Rie leuan di noti occultamente

Dellis rigion di ei agrotta scura, Osee d 'AGATA ancor auras sente Euelpi sangue ancor vestigio dura.

Di condumi accesti, accesamente Paciauano hor a terra, lor e muri, Supplicando a martire gradita,

Chesouuenisse lor digiunt,aita. II Sacerdote pol distanc lino Iri tito sol , non di orato vello, Con pariargraue eviso humile, e uino It popo confortando alviuer bello, Facea lor parte de cibo diuino, E cibi sun rimandavia proprio hostello, Disyli Hinni attulini a DIO cantatis silior in sede e barita fondati.

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Fragii altri, che di pro fimo, e lontano

Concorsero a que di sacro solenne, Tanto impetrando cons liante humano Dalla adre, LUCI A seco civenne. Posesin barca, et mar orbido insano Calo torgogito, e placido diuenne,

Ne sis vini 'onda, chestumasse a lido siua ' s anno si Alcioni Inido. Ossar diso a Borea, e Leuante

menti contrari alpres,lor camino, mn fato occidental dolae tremantesiuanto conuiensi, ad Gier venne illino, Et a segnetio hor Hetro, hord lauante Scher ars ut lo it veloce De no, E suda riua delia vela a paro

Lianchidi seno insen auget volaro. Equindi a terra, a terra o leniando Lissciar Ortigia a dietro emo 2 egara. Elantagia, che porta sonando Co driti Uuograns iciae onda amara. Eoa colyis p aua ii vento, quando Gunsero at pie de afamosa e chiara Elna , chese re intorno alcri minace Ha foco tibiaccis, e tun, 'abro non fisce. be

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AIube di fumo qualdipece nera Rauuolendo lasso manda a lesielle Talor angia in attin assca sera Alabando in aria globii di ammelle. E albor liquefatii come cera me Dor sagi , he da monte suelleCon tuoni horrendi i quando possis cote

Farne trema tutia Sicilia uote . Asia Cirta , chegia Catano ii recoFondo da prima, e potuerone accrebbe Henner, he 'aere intorno era homai ieci,

E d et sar orchi a servitori uopo hebbe. IDII γ trouar hi gli albergasseseco, Cois, ch'ai, tricii rarasarebbe , Tanto habbiam not dei ferro, e de maceno, Che a colpa nonici 'a tro maligno. Non astellar chelao da 'Orientemus se nanet alie 'Alba mandata,

Dopo breue dimora, a cortamente

ripsar a compagnia lasciata, Di mugio luce una, e 'astra ardente Corseros quella rotta venerata, In cui non oro, sericos ede,

Ma pieta metuo assai 'adorna, e sede

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SANT A LUCIA

Giunt alseposerofortunato insemedaciarii marmo, che'liel vela ammanta. Dagii cchi di LUCIA tresse is me Gran pio Via e lasent la marti anta Si da velle contrade almesu preme. Oue dei seu ignor e lodi canta. Dilagrime LUCI A bagna a pistraditanto, quanti ol subito impetra. Ella o trando suo te albo mute Conda voce de cor rida piu forte,

Perche 'inclita Martire in virtute

De Ommole, a madre sua conforte Eque che esu dato insuasalute Nobi corrier delia celente corte In Vela 'oro, che d 'incensi a perse Dinanet a DIO lesiue pre Diere offers. La Verginesia sanca da que risChe e re legotestanche, e ro se, E parte is illa a digiuno pio Ose pur astro la agion ne fosse,

Mentre e tutio Esuo cor riuolto a D IOLieue sis a man de Ira addormentosse. Et ecco insonno di veri lepare La Donna, chla varcar a inse si mare.

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Vedela in pie tra mille Angelistas,

Di G IESU, ueris, s comesai. Che mercὸ trono grande , e non intcsa, Et infinito' ruderdon is aurai. E com'io di Catania alia diffa, Et di Siracusa anco sarat. Porchel Signo ne tuo pudico seno Ritrouaalbergo di debet lepieno. Pare, 'ella, ponder te volesse

Plena diriuerenta, oe ecco in questa

Tra 'ombre secure delia nolle, es esse Ratio si fugge Gonno, multa . donia. Libia a D O ingractaria mente eresse. In se nocili milia china a tofla Et allatia sanatagenitrice La nobilvistio in copre, e dice. donet a

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ODan a gentil, hi DIO ben cole re sue vulte i celesse ne auro dico; sol disio senet, parole

De danni di natura ,entauro Rintagna si angue, ne Ictitur m ole, siue i herba non potea n oret a d 'auro. Lente Eutiet,ia entro se nouel calore, Ferme e membra, intenerit,il ore. D inferma, fato in vn momento e sana,

Alis sua Eliam totasegia conuersa.

Sente a carne una allegre a rana, IIa iapus dolae a cor es attrauersa. Secca 'una, 'aprio 'astra fontana, Edi cald onde Urio pergit occhi versa, Che misto a te sive voci armonia rende, Che 'aere passa e su net et, intende.

uua digraci ormo vocisoaui; Adue fonti di agrime non caris Aper e luscio, e polgitto te hiaui. Alle sue abbra rauuiuite parse Dona i cie dolii concenti, graui. I Dissos pia ruer i te note, o' planto M apiacque quelis assai, et so strettanto.

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R IDIO gracis con a lingua, rese

LUCI qua ide esi di cor contrita, In tornando per via hiaro frolle Mille fallacie rie di questa vita. E come Iben di qua ratio si tolle sitiando agoderne i mondo tu 'invita. Lob egransenno a questior a ista, Che nonsi perde mai pol che alacqui . Emero Suo da ei, be per innanrii Ande ricordi i di posita nome. Che conliu hiare no et, aut pocant E maritata, e dice, quando, ' come .E h, o tergina con astri auanci A lui donato , a Misacrba e chiome Si obe de corpo suo non stulti stati, IIa is prometteposteri immortali. Prego

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