Le vergini prudenti di don Benedetto dell' Uva monaco casinense. ..

발행: 1582년

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V lle da querit indugis ais o martire Aa oele te da LUCI A pregato, Per porre a cor de s i fedeli ardire, E torre agit empi ancor 'orgulio Gato.

In tanto crudelmente a Di ferire Persa largu occhi dei signo turbato Corse vimini ro e con 'audace de stra Lese in me: lagoia ampi Ueneni a. O crudestate, a lato a cui ben quella De e feroci tigri acerba ἡ meno. Vccide una tenera pulabella, Chel ter o lustro ancor non haueapieno ZZIosirino i iurie, o stodi a chi fece ella, e con a mortesua punite sileno 'Perche n solido, he fece i mondo adora

mpo dassa ferita it sangue caldo I qualia terra jecondo di feri Asa litor natura rimas aldo, Edella morte algiel loco non Hede. Anci odiri seu atto tu baldo Pria , che volas e alia celessede,

Si come Ogno at suo morir vicino Formo concento angelico, e diuino.

Edisse

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o II MARTIRI DI

Comordinato fuiet gran consiguo Nonishmasti venti ques human elo. E peregrino in cosi iis e fi lio S ferirfame, esete e caldo, egelo, Odi te te parole, odi i ieipri hi,

Emerce ritrouar non misi ni hi S'io miro e uegracis, i doni tanti σhὸ da te rice ti, e per te odo, E quelis, e questi on supremi, e quanti nouerar non bast in alcun modo. Ma tna io metto a tuite 'astre auanti, E di quendi ina tu i delbo, e lodo. Che ii degna tici me , ch in legna,'era Da di testesso conscenet a vera. siues,lum Signor, ne da te tenem occhio human, ne puo venire altronde, Scopriis a queste mi dilette arene, A cui poca caligine 'asconde ει orparte ignor tanto bene, Scaldane per pieta te Sicaneinde.

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sANT A LUCI A.

Syracusani, e quoi delia mia morte

Missa di pieta dolae halbiate ooia, agoder hiel et beata sorte Lalmasen a perche a carne mota, Esen mi iace assai per quese porte, Che natura fuge, sci di nota. Pol , b ἡgrato a ignor, orche mi angue Di a las . potrasanar, che langue Sepolcro cari iei dates que t ossa La es itano vnisi anime pie Nesia da Siracusa tanqua rimos; a Dolce memoria delis pene te risi ne odate lui, che disua possis Tanto degno presiarmim quesio die, 'isu i nemici armati iugonna io insi, Ele ferestancando, i oco elisi. In tantos questa ria procella bruna, ciba a barca distetro e s molenta,

Ubi riser bando a psu beta fortuna UR A TE. as eri poco vires a.

II mar tranquillo e senet a nubest una II ciet famoso en quella parte, en questa Di lit, in lito edin in astroseno Ulaccoguera per 'Oceano inpeno.

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IL MARTIRI DI

siue Roman, ne a terra, elmar vi et ta, E sistietato incontra voi i mostra, Lantica in fedella a lata in pietacingera itferro a lasses Osra E 'aquila dici alta tu ueta Larme porta delia vittoria nostra Si Cedras ra dorso in Uni in signa, e contragii nimici in campo vegna. Gia partito Pasiasi , intornos ei Isti e molli fedeli eran concors, cie con agrime risti, e bas i mei

Portaria in bracci oue douearipos, mace, e pronta ancoru ne di olei

Che' tutio solue , et tutio adegua, mors Prima sent , chel cor non hau 'ancoci cibo almo e vital fati pili ranco. Prso de acro cibo alto conforto, Con in lentoso irsi ripartio Si come tume, he . Conda e morio dis crudos Far di vento rio. imis bella a noi tosta a gran torto Tatione in pace a ipsa con DIO, E di noti fouenga, che rentiamo

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Che desse nonre menti it foco allume, Pregat, che tuba a nor furacio colanto, E Roma adorni dis tu bel contume.

Osi dicendo sparsero di pianto Sural reddo alabasero Un caldo me. Eiel marmo con ei renta di molli Cittarini, obanterii orsepolii. anta, he negli alti eterni orisiuanto crede si pii , siet dapresso A Rὸ superno, e quetii uoi des riCompitamente, e e tu, voglie in esso. De e albo qua mili occhi uotor che crede quo, che vegligi se

A medi volgi per loco e Darda Lagrauesoma, che Imio, ritarda . 2Ge tis iacciaper me Peterno Duce Pregar, homaipersua pieta lasgombre. Si , in io corra a via, chla ui conduce Prima , he notte ilisio taeder adombre. Chegia delsolat mariata a luce, E comiscian da monti a cader imbre. Et is debile assai, ferito e nono,

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LUCIA nemina di iasiun crudele Giouimi attuo bellome esse ricors Ne comportar, che manchi in tuo sedetemmat vicino a terminarsuo orsu. Poeti almena AIARI A te mi quereleatala impetriri misi, una e soccoso. Pregati tu, tu delisio pro 'inuoglia cie non si legas ei cosa , he silia.

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GNES Vergine Cmana, si martiri; alaestendo nitidi tredici anni. Impero che accendellamor di GiES CRISTO nostro Signore conamino constantissimo de inustio rictiso te noκκ de figimo di Sempronio Prescito di Roma, innamora Miodi eis seramente, he ne mortua ne

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lores

ino ira,

Felice Donna, i cui Ataros lendore Toglie tutioi Usco alleia nostra; Souuiem ni dirui anci l 'hauean cor L cui patriasu a patria nisa I cantero come mori se A GNE SE D'ascosta quenio ancors at cortese. Non ob io non ve nia, b asi grande alterinis , alii suo delia mia canna humile

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Gia di marito AG NE SE habile et aden tuea, a 'lcore a iuersciolia intento , giunt,agran bella grande honeniade Faceua in ei dolci mo concentos Letote della bocca eransii rade, Si doloe de begit occhi, mouimento, Lugiraua in sparchi modi, e non volendo, ordianpib reti, e nodi. quantunque fosse atrie e re riuolta, Eluttas i a Uar candida, pura, i e mai per tempo aliun poca, ne molia Desse membri Cyiadri hauesse cura, Per quento non esu punio mai tosta Lasommagra a, b is die natura, Si ricca ' ni don, 'ella comparte, Che non scemauaper feti,d 'arte. Illel collo non orna oro, glacinio, Nonserico rapunto seu vestire. Ne diros, o di blanco Izisola into Perche uoua in astrui torto desire Nesciolio it cris da nauro, and era auuinto Con 'aure discher arsi pigua ardis,

La copresulta negra vecta, e velo,

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Scheret a timores uellet velo intorno, Ond olla se re volt nascon ea.

Pur Honesta dat placidos gio, no

Haueagia dito ac contare, effemito , o letto quel. 'auuenne a Dina. ue a besa se natura porse Vergo gna ad occhi vergini vicina, Per che orsus seguardia, ornamento,

Ch mali eston si bel iore a vento. Agis non puo te ella hauersiichiuso nido, i se dolis luci sue tanto riguardo, che caminando, di non so qua lido Aquila altera non assis si vardo. Fama a portarn in varie parti tigridis Epedda a lingua, e pie non hesbe tardo

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