Le vergini prudenti di don Benedetto dell' Uva monaco casinense. ..

발행: 1582년

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co sella alta, e Celm, e Vaticano sempie repente e vitiisette colli.

E que narro di querit Angelo in m. no Che reostem in molli e dest folli. Eia vi f., he ne diuenne infans,

disse pol che de sint, che olli Ela fi corio dat suo falso Duce, Che per mirarie o perdeo a lace. Tu questi, hi di ei rei si se

Come a vi e come se ne accese, me mori. οἱ hebbefoco almetto, Et india cor passo, chla mille, a mille In vece dii stir, mando fauille. Desuoiprogenitor 'antico honore S oppose alion desio ma non 'essisse. Anci come albor foco mageiore Ereue pio: gia rendeo, non pu noluisse Coisi ali incendiosuo foret a e vigore Fredda tema reco mentre Iresinse, E con 'humido suo si accrebbe

cie disio piris I cor istis non hebbe.

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so IL MARTIRI DI

Cerco diuerse rade e modi tenne

Con e compagne , ede vicine sue. Ela mae ira, eda nutrice verine Aprega est, s una volta e due . Ma ne tota allae encastre penne Tmtaua, in io tentar, detio si fur.

siue t accresce it disio , raccende it foco. iruggerse, ente apoco, apoco. Perche a bella fera ches leue Fuggi, anet i a corre suoprendesse, V Q pur di quel 'or, di quella neve, Chelel suo cor siforte imago impresse, V legittimo nodo ordisce in breue Amor it fili, ei di sua manesil esse, E tende pol sui herba alpiefugace, Epersuas sa dimanda lasace. Gelaro a tal dimanda ambo parenti Pres hi e certi di futuro male, Che conosceano in ei gli assetiissenti Di que disio che tanto in Donna ale.

Conuulto ciose ne mos ira contenti

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Si prometted 'AGNE SE, es assecuraci non debbasere r tanta ventura. Ma misero non sa, quanto ringanni, Non a in quanta Caribdi Vatiche Va ripensando con qua dolci Tanni, E con che visco ub'be tu occhi intriue

Crede insigiouenili e teneri anni

'glie troua di pompe, e regi amicte E e fa auora diuerse vente Voro et di gemme in bel modo contene. Mille ornamenti, mille se rare Disua mano alia Vergine appresenta

E con parole alte a merc. impetrare

Mouer que bello, ei ald Clio tenta Ma comes se vili albe di mare , Ne di miraris pur vim , he consenta , E delegii cchi e desse recce bionde ara , escars orae , si nasconde.

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Chi verra misi, he 'ast, lustraoconte Dei felicegiouane meschino Stende te ei e mani auide, e pronte, Ne Clie, pomo , he parea vicino. re te abbra, mada bella fonte Sensi ge, octo ne pergere e bino

ci oue mori ademesua, lina que Comes 'aliun Olbo orse a mano Lombra, o la nebbia ad abbracciar intende Fuo che deli Ombra, o delia nebbia iliano colino discorno auro non prende. O si de te letouaneti insano, i sese 'accorge, ne seu error riprende. Dinuouo tenta vincerne a proua, E laserant a e 'opra in tantinoua. Per ritener asu 'eranet a viva

dice , ob ella si montrosis tua Che esu oco uberto, e me promesso Amuo , b a colpa sua tutio rascrma, Egulaue Uallo gli 'error commesso C 'asi gran Donn est iccio dono, Eie obieri ad amore humilperdono. Per

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Per emendarsu alis, e placar quella, Sola per cui a vita non glis iace, uua cosa a mondo epiti regiata, e bella E iu diicita a ei prometterface Horti, serui, palsegi, oro, antelia Pur ch accia con ut perpetua pace, Enon isdegni esse dilui conserte, sitie che molle aure ripula granis te. Eche no a Z qua pietra est non muoue Per mitigar de corda pena acerba circa 'Adia, it Catalo, perche ritrouessua gemmase iustimata, estu siserba, Enhebbe molle e di belle e nuoue Come verisse mai Roma superbanique' loni, ch'a Cesare, e a Pompeo Mando forse Ima Cassio, d Eritreo. Di quella pietra Onde a nolle perde Si hiari, gluten, he vibri es iri, di quel 'astra che o dola verri Empse e gia alio alia occhio che misi, quella che dure a nqua no perde, Misti con peris, e lucidi cassiri Lauora fece viscopi se monile, Che Regina non hebbe unquassimile.

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Doriental color , conflaci 'oro ordir es e con tal arte inlinio, e non pagheria 'opra Uni thesoro L Arte cesagace havea linto Tessenis ques ricchi mo auoro Vn marit Tio con alm infero, Che nulla disserente era dat vero. Coperto Icapo di purpureo velo Asacerdote innanci a fochisanti astancha agna ccisa, i lumi at Aese Volgi, e benigno si regia ilieti amanti

Sono intorno ministra accestis et eloD'arde te carni ancor viae remanti,

Astri accende lemmme, altri discerne Che tosian importa te parti interne

Di pudico rossior sparsaga faccia

Las Osa a terra tengli occhi maiieti, Amostra che vel 'atto is diri iaccia Ala non perὸ hesei degni lal leti Desios V direnti. Ecco I abbraccia, Perche olfacio antica v ba acqueti. Ecco per manda prende , ecco la ira,

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Hauea de manlro 'in regnosa mano Di re sanciuili Ombrato, Idrano terse, E dimontran deli angue esse romano Alte lis da tuiti altri assa diuerso. E insecun d 'si haci bellombiante humano Dun color vivo cosi dolae a sterso, Che Arso manca a fauella, et moto, i e cosa πὸ, he cisia o Ia a voto. porta insiccastina I foco accesDue e braccia allas' a alcano infuso Altri prende te noci, is altriba resoL'olio, onde renti it limitare in fuso. Harent, i rito desie no e inteso, Come di quella eta richie lea I uso. E par, ch ognitura sibi, occhi Arguardanti, ede parole socchi. Eugna quella occa , he fondata a suasasso, misero di signa, Edi tornar a ei sui lora datacin quosli donisuoi non si dis igna E conjuancia di agrime agnatala regis, che di tui pieta e vegna, A cui de belle luci a terra se,

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C cosmo i uoi doni, et Atro amante Arriuo prima conjibriochi e vaghi, E confedesco ita in se Hamante

Emi die gemme precise ante, 'λben, ion, bella a ui appagbi. Di queste in or legate in modi belli Vli inse i collo e circondo i capelli.

Legam si genti , nodo anto AD posso scior segius, infamia io temo

diae potra morte ancortintaris a uanto, Per che fera mi orti litorno euremo E come farps io torto cotanto

A mi Signor si degno, si supremo, Alisio Signor, che senacias eia pregi 2 ' Signo di Signori, e R. de Regi. Teatuli occhi, he con gli ocu uoi

5 'incontran per ventura naso voltis Che nonpon sar iit, pol, Chegioia apportior poca, ne molia Eeate recchi seite voste oi, Cui a sua cara oce non e sita.

Beata 'alma, che per uison ira, a senet a uicio che 'ammira.

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LArche siue di te se non son mai vote, Perchei doni astrui copia in ita. Cio ch'egli uolsenet astanca sipuo te,

Chi ripararsi puὸ regii per cote 'O hipi is ostra egio hauer, 'egli 'ait 'Lietiservono a uigii angeli a cenno, Et his pariat pote boniade, esenno. Vergine e lasua adre, it adre maiDonna non hebbe, purei nacque a mondo. Vediuiso com' bello Lepurci' si E' Sol dilui men vago, e mentio ondo. Son Ombre a lato a lui que chiari,ai, Chefanda terra beta, et marsecondo. Formati in bel per ito a meraullia,che nulla, opocostra bellas migua. 2 settar trouaticlesue abbra ascoso,

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Alui io cly di medieta commetto , 'amando tui, di macchia I cor non paue So cle vergine is re Io, elu nosetto Prole, he da mi de sola sisaue. Gm'e pudico si cor, pudico it letto, Osi risere ii partori non have.

Aquisset sed obseruo e uiso amo, Eglie fatio tostoso, altri non bramo. Vergini sente, ne pudico templo

Falto a Signo dei vostro corpo havete, sivest altera, ponta, e que io sempio Con lettrea'or ne vo Iri cor scriuete Estre a Univerno, Uni dono empto Sotio vel di pieta quinci apprendete, Grando gli occhi subito da questi Doni vili, a que nobili celeni. I iouinetto, Edendo cio diuenta

iis reddo iacci in me: asi gran foco,

Eos dentro a cor trema, epaLenta,

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