Bullarum diplomatum et privilegiorum sanctorum romanorum pontificum taurinensis editio locupletior facta cura et studio Aloysii Tomassetti, poi Collegii adlecti Romae virorum s. theologiae et ss. canonum peritorum.. Clemens 11. ab an. 1700 ad Innocen

발행: 1871년

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An c. 1704 144 ut xluza quale proibitione s 'intendano inelust quelli, ebe o per sh , o per metro d' altri saranno scommesse in luntii publiei, benelth per altro ieeiti, e molio pili s 'intenda per quelliche Dranno rideare in nome loro . clii iras.sredira, sia lenulo in eareere un mese consei disiuni in pane ed aequa, e ali reuante publicite diseipline, e si a privato di qua si-xostia offitio o dignita ipso facto, sena' al. ira diehia rarione; il ehe s intenda an eo dei superiori locali, quando o gi assero, e dis Pensassero con sudditi questa proibirione. Si proibisce ancora in lulii ii monasteridella Congregarione Ogni sorte di eom medieo rappresentagioni, nm solo profane, ma aneo spirituali, eome aliene dati 'instituto dei mo. naco. evius officium est oraviis et plangentis. Vietiam o inolire a ' monaei suori det monastero lavaret ne ' fiumi o mare; ma se a leuno per eausa di saniis o di monditia avera ne eessita di lavarsi, lo laeeia net monastero eon ogni onesis e modestia monastiea. Xellerterearioni an eora e ri laseia menti dei Posser-

anaa si guardino ii monaci da tulit sit alli, deiti e molli, ne' quali si potesse conoscerta seivia, bullaneria e immodestia, ed acci -ehἡ si osservi tat eosa, v gliamo elie in simili spassi sem pre si a presente it prelato ouno de' seniori depulato da lui, aetioech hli pio vani abbiano qualelie rispello, e quelliche nelle predelle eose erreranno, ad arbitrio dei superiore , secondo la quali in delsalis, siano correlii.

Si vieta mollo piu it sar raddotii o rilro- vale per te bolleghe, landa chi, cantonate, piatae, o altri tuos hi publici, con se colario altri religiosi, solio pena di ire discipline in pubblico reset lorio, tre digi uni tu paneed aequa, e di essere subito rimosia dat m nastero, ove si trovano asser nati di staneta; e se sono forastieri, olire te νε ne suddet te, non p0SSano per un anno ritoritate nellaeitia nella quale averanno irasrredito que si ordine. CAp. VII. - Beli' umilla.

que diee eoti, viene a mostrares che o Iesallarione e specie di superbia. Dalla qualeosa mostra guardarsi ii Prosela quando dice: e Signore, it euor mio non si esaliato,nh gli oechi mi ei si sono elevati in alto, nΦeam minat in eose grandi, nΦ in eose meravi-

me me desimo non sentivo umit mente, m

malia i l 'anima nata, retribuisei ait 'animamia, siceo me a sanetullo distatiato dalla ma-dre sua v. onde, stalelli, se Di vos liamo salire alla pili alta eima delia somma umilia, e vel emente pervenire a quella e eleste esallaxione, alia quale si ascende mediantela umilia della presente vita , ei biso a coli' opere nostra ascendenti drinare quella scala the apparue in somo a Giaeobbe, perta quale gli erano mostrati gli angi sili elie discende ano e salivano; per ii quale discendere e salire se nra dubbio nessun 'altra eosa intendia mo, se non the per superbia si dia seende, e per umilis si ascende. ta rasa Mala drilla gignissea la nostra vita in questo Meolo, la quale, umiliato the s 'δ il euore,

ὲ dri trala dat Signora verso it ei elo. Perehii lati di essa se ala die iamo, ehe sono ii nostro torpo e t 'anima, na' quali lati la divina vocatione ha inserti diversi gradi di umilia ovvero di diseiplina, aeci Melth noi per essi

ascendia mo.

Il primo dunque grado detrumlia ε, seponendosi ii monaco sem pre it timore di Dio aranti agit ocelli, at lullo si suacterlidi non mai dimenti camelo, e sem pre si ri-eordi di luile te eose eomandate da Dio, eebe quelli, i quali dispresiano Dio, inco rono per i loro pereati Belle pene infernali,

e sempre neti 'animo suo rivolga la vita e terna preparata a quelli che lemono Dio. Eguardandosi Ogni ora dat viri e peccati, ei oedelli pensieri, delia lingua, degli oechi. delle mani, de 'pi edi e delia propria volonia. si asseelii di ingliar via lulli i desideri carnali.

ora dat ei elo ris ardalo da Dio, ed in ogniluogo i inoi salti esser veduli dat Pavettodella divinita, ed uni ora essere dapsi antioli annunciali a Dio; e quesio eo lo ma

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An. c. t M CLEMENS xl PP. M5 A a. c. i Tolnifesta it Proseia, quando mostrandoei lito seeolo non ei dira : e Tu saereti te tali e tallessere sem pre presente alli pensieri nostri, rose, ed io taequi .dice: e Dio pollit mente eerea, ed esamina i l l seeondo grado deli 'umilth δ, se la pere ri e te reni x: M aneo: ε Il Signore sa lissona non amando la propria volonta, non si pensieri degli uomini, imperoeeh- sono va- ditelli di ademptre i suoi desideri, ma sh nita x: e ancora dite : e Tu hai intreo i mieii iti quella voee det Signoro che dies: ε Νonpensieri da lontanoa: e the: ε Il pensi ero sono venulo a sare la rata volonta, ma quella deli' uomo si eonsesserit a te x. E pero. ae- di eolui the mi ha mandalox. Simili nenia ei oeeM Pumile Dalello si a solletilo ei rea li dice la Serilium: ε La propria voloulta hapensi eri suoi perversi, di ea sempre net euor pens, e la necessita partoriste eorona 3. suo: Aliora saro senra maeehia avanti alta It terro grado detrum iit, e tho l'uo modi vina presenta, quando talio mi e iniquit,sper amore di Dio e eon orni ob dieneta fiami suamero. gorgetto at suo matatore , imitando it Sl-

E in lal modo ei h vietalis ii sare la pr ignore, det quais diee t 'Apostolo: c che hipria volonta , quando la Serillura ei diee: obhedienta in sino alla moris 2. 4 Ε dallo voloniis iue guhrdati x: e aneora It quarto grado deli 'umill b, ε se in ossa prethiam ii Signore netromions eha sis obbedienta incontrando cose dure e eontralatia in noi la sua volonta. Ragio vol- ris, overo essendosii satiε quaisivoglia i mente dunque ei ε insegnato di non lares uris, eon taei in eoseienta sthbraeei la pala propria volonili, quando ei guardi amo da lienis, e sopportando, non sti Et raeehi, e non . quella eha la Serit tura direr c Mno aleuna si paria, dieendo la Sinitura: et Chi perse-vie, eho patono agit nomini dirilia e buono, verer, iusino at sine, sara salvox: e altrove: il sin dellis quali no sommerge net prolando e Consorti si ii euor tuo, easpella it Signore v. deIPinferno s. Ε quando an eo ei guardiamoiΕ mos trando in eho modo ii sedeto debbada quello the h dotio dei negligenii: c Sonoisopportare per il Signora luve te coso, erun- eorrciti e salii abo in inevoli nei loro placeri s. dio eontraris, diea in persona di essi MN Quanta at desideri carnali dobbiam eredere, serenti: et Per tagione tua fiamo tullo ileta sempre lddio es si a presenta, dicendoigiora o lumentati a morte, e Alimati comeli Prosela at Signore : e Innanti a te, o Si ipecore da maeello a. E securi della sp gnore. os ni mio desiderio s. ranaa delia divina retri aione, con ali Bohhiamo dunque mariarei dat taltivolgrena soniaeendo dieono: ε Ma in luile desiderio, perche la morte δ posta appressosqueste cois fiamo vincitori per amore dii'mirata delia ditellatione. onde ne com-iColui elie ei ha amati x. E similinenla in manda la Se illura, dicendo: e Non andare altro luoro la Scrillara elee: Tu. Dio, esopo te iue eoncupiscenae v. M ad unque glithai pravali ed eraminali eoi s eo, eo me tioeehi det Signore vergono sollit mente i humilesamina l'argento; et eo uerati net laetio, e i rei, e se ii Signore sem pre dat ei elo Q hai posto te tribulationi sopra te nostrarissu arda sopra i sigliuoli duli minini per spalle x. E per mostra rne elle ei bisognavedere is si trova alc uno the eonosca Dio, stare sollo it prelato , soggiunge dicendo: o eba Io eerehi , e se dapli an ulli a nolic Tu hai posti uomini sopra i rapi nostri x. deputati omi di e ad reni ora sono annun-le sit tali eertamenis ademptono anthe illi a te te opere nostre at Signore Iddio lallor eomandamento dei signore, medianis la pa-

nostro e ereatore di tutis te cose, per terio, rienta nello cose avverse e Belle inglurie ,

Datelli, sempre ci dotata mo Dardare, si speroeehε essendo pereossi in una guantia, eome dire it Prosela nes salmo: cha men tralporgono i 'alira , o a thi loro inglie la i decliniam o net male e diventia mo inutili,inaea, laseiano anehe it mantello, et e Dio non ei ris ardi , e perdonandoei in sendo angariali e salti andare per lami unques in tempo per la sua pieta, ε aspeliando mirlio, di loro volonia vanno due , e Glebe in megiis ei e verti amo, uel suturo Forsan ranimi endo in. r. l.

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Aa. c. 3 04 146 BΓLLAIiit Mi 'apostolo Pasto soslangono i salsi statellied ogni perseeurione, e benedieono ibi loro maledice. Il quinio grado detrum ilia e , se non a eondera at suo abalo lui ii ii mali pensi ericho gli vengono a euore, o vero i mali cheocculta mente ha commessi, ina umit mentes tui li eonsesseph. Al elis sars la serii iuraci eonsoria direndo 1 a sei pri at Signorela vita lua, e spera in tui ,. Ε altrove dies: a Consessa levi at Signoro, peresiδ h buono e in elerno dura la misericordia sua v. Εsimi impulo it Prosela dico: a Io si ho ma. nisestato it mio peccato, e non ii ho naseostela misi iugi usitate, anai ho dello eon sermo

proposito: Io pronuncieria e consessero conire ins flesso te nite inglus litie at signore, e lu perdonasii rem pieta det euor mio s. Il sesio grado detrum illa h, se it monaeo . si a contento d'ogni xilla ed es irentilia , o alulie te cogo eo manda legit, si piudica eotiae malo od indegno operato, dicendo tot Proseia: e 1 nulla sono ridotio, e non me ne

talo appresso di te, ed io sempre leeo x. ii se iii itio grado di uiuillh h, se non s lamente dira eolle parule, ma anco eredan et piu in limo dei suo euore, essere ins

eendo rei Proseia : a Io sono vn verme e non

uti uomo ; obbrobrio degli uomini, od abbi riona delia plebe; esse nilo asallato, mi sono umiliato e tonsuso s; e simit mente: et Buono per me, ehe mi hai umiliato, a celocelth io impari i lues contanda menti s.lPot laxo grado detrum illa h, se it monaeo ni una cosa sateia, se non quella elle latomune regola dei monastero, o Pesempio dei margiori lo consortino. Il nono grado deli 'umili4 h, M il monaeo raveni la lingua dat partare, o. i nendo silena io, non parti prima eha fiadi mandato, mos trandone la Seril tura elle:

. Nel molio partare non si suggira I pe

I,'undeeimo grado detrumilla ἔ, ehe ilmonaco, quando paria, parti plana mente oseneta ridere, uiuit mente, con gravita, poelio parole ragionevoli, o seneta gridare; e sendo seritio: a li saxio si sa eo nosce te conmehe parole P.

li duodecimo grado detrumilia e , che ilmonaco, non solamenis rael euore, ma an coeon esso corpo , dimostri spmpro a quelli chelo vegrano, uinii mente; cloe netropere, neti oratorio, nos monastero, net Porto, nella via, net eampo, e brevemenio do vunque sirilro vera , sedendo, andando o flando inpiedi, sita se pro cui capo thino, e cogit Mehi sissi in terra, stimandosi sem pre Gl-

ser presentalo at tremendo giuditio di Dio, dieendo sem pre net suo euore quello elie disso it publieano evangelico, stando eogli Mehi sissi in terra : ε Signore, non sondegno io peceatore di levar gli Mehi mihi verso it eielo ,: o est Prosela ancora: ε lomi sono plegatos umiliato da ogui partes. psi dun quo elisi ii monaeo sarh salilosopra laeti quesii gradi d'umilia, subito pediverra a quella carita di Bio, la quale, es.sendo persella, seaceia via it timore, me. diante la quale cominetera ad ese ire, per

una sania usanra, quasi natural mente, sen-ra salica a te una, tulte quelle eose, che prima soneta timore non osservava, non pluper timore deli' inferno, ma per amore di cristo, e per la buona eonsuetudine scillae ditellarione delia virili, it elle it Signore

si deguera dimostrare rael suo operario monis

do dat vial a dat poeta ii, medianis la graria delio Spiriis Saulo. Ap. Vill. - Betri ostiri dirini nerte noui.

averanno i ha tolli poeo piu della mei. della notie, gia digesti si te ino, e quel tempoelio resta dopo te vigilie si spenda in meditarioni, Meollo quei Datelli eho hanno

aneo bisogno d'imparare aleuna cosa circa

it Sallerio, o v vero Lerioni; ma da Pasqua

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An. c. r04 cI EMESs xi N. 447 An. c. irdiis suo allo sopraddetis ea tende di novembre, eost si temperi l 'ora di dire la vigilio, ehe saliu un brevissimo intervallo, iret qualoi Dalelli possano use ira suora at bigognidella natura, sublio si cominesno te Laudi, te quali si devono diro in eo minei ando laluee dei glorno. CAp. IX. - ouanti salmi si derono dire

Xol tempo di verno deito prima ii verso:

tiliarum h1.. Deus in adiutorium meum intende. Domin

urali i mrr adiuisandum me sevina; pol si dexe dire ire volte Domine labia mea aperies, et os meum annunelabit laudem tuam: at quai verso si deve soggiungere ii terra salmo: Domine,

quid mullislieuιi auia, e la cloria: e .lopost data dira ouxero eantare ii salmo xciv, eioh, veniti Guliemus, coit antisona; do pose iii l 'Λmbrosiano , cloe P in no , ed appresso sei salini eolle antisoae; i quali salini soralli, det lo it verso, dia ta benediaionerabate, e sedendo tulit nelle loro sed te, siano lette dat fratelli sueeessiva mente net libro positi sopra it Iesirino tro terioni, i Da te quali si eantino ire responsori, clo/due seneta Gloria, e dopo la terra terione, quello elie Onia, diea la cloria, la quale subito et egit ineomineta a dire, tulti si levino da sedere ad onore se rixereneta della SS. Trinita; e stano delii i lihri, net qualisi hanno a dire lo delia terioni dρlla divinas eriliura, si dei Vesellio, eomo dei Nuovo Testamenio, e te loro ospositioni stano saliedalli nominatissimi doliori oriodossi e cal-iulici padri; o dopo queste tre terioni e loro

responsori, seguilino altri sei salini da ean

verso. la supplicatione delle litante. ciosi serie eletion, e eosi si s niseano te vigili e

Bieliaratione dei eapi est VIII e IX.

t 'I. .:..H. . que si tralia dei divino ossato, ordiniam oehe si osservi rordine det breviario nim alia, nasileo risormais e delle lavole di nostra

Congregatione. In quanio psi alia distriburione delle ore, dei iempo, in eui celebrareia deuotio gli ossat divini, s)osservi quanto prese rixe clemente ulli. eioh, ehe in eia-seun monastero sita in luogo pubblieo aliaeeata una taxoleila delle ore distin te per vir l 'o Irio, ere., seeondo the dat superiore sara disposio. CAP. X. - come si debiano relebrare te sigilia delia nolle net tempo di esto e. Da Pa qua insino allo eatende di novem- m M,lmia. .i

nolli, ma in luno delle tro legioni, so nedica a mente una dei Testamento Vcteliis,dopo la quale si soppiunga un breve reponsorio, e ivlle te altro cose si saceiano, come di sopra s)h delio, eioh che alle vigili edella nolle non si diea mes maneo di dodiei salmi, ollue at in , Domine quid muhiplicaria unt, et ii xc , Venile, exultemus Domino. Diehiararione det euilolo X. Doxe dice per Ia brerilis, ere. dichiariamo n. ehe net delio tempo si possa laseiar Pometiodella Madonna senipre di nolle, aeei et, δpiu comoda mente si possa diro in tempo. Cap. XI. - come si debiano relebrareis vigilie neue domen Phe. Xhi x torno delia dumeni ea i monaei si D. -- .

si tenga quest ordine, et , ehe deis, eomedi sopra ordinia mo, set salini ed ii verso, sedendo luiti per ordine distinio nolle s die, si tergano net libro, eonae di supra diremmo, qua tiro terioni eon i loro responsori, e solo nel quarto responsorio si dicadat ea n lose la claria, la quale subito elio tui comitaria, tulit con rivereneta si Iovino; dopo te quali terioni seguilino por ordinesei altri salmi eo tranii sono, eome quelli di prima, e simit mente it verso; dopo questodi nusto si tergano alite quailro terioni eon responsori secondo rordine sopraddetio; dopo te quali si dicano ire eantiei dei pr seii, seeondo che ordinera rahalo, ii qualie antici si sal mezgino coi P. III. lata. Ε dello

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An. c. 1 04 148 BELLARIdu BOMANLM An. s. 1 Mehe sara it verso, e I abale avra data lahenedirione, si loggano altre qua tiro terionidet Nuovo Testamento, speondo Pordine datodi sopra. Ma dopo ii quarto responsorio, Pabule in minet i in no Te Deum laudamus, equello stillo, lepga rabale la teritino dol-r Evangelo con onore e tremore, siando iuili in piedi; la quale lorione e angeliea fornita tho sara, ris pontino iutii , esuhilo Pabale soggiunga Pinno Te deeri laus o data la betiodigione, si eomineino te laudi. B quale ordine delle vigilie eruat mente sit ga ii di della domenica in orni tempo, cosi des tale come di verno, salvo se a caso la quat eosa non sta piu tardi si leva sero, impero cche aliora si deve abbreviarea leuna cosa delle Ierioni o responsori, laquai cosa pero at tullo si abbia cura, ehenon avvenga; e se pur a vverra in coro, de-gna mente a Bio soddissaeeia quollo, per laeui necliseneta sara cio ace ad illo. Vehiaratione dei eapitolo M.

dario margiore terga te terioni, nes seeundo nolturno it minore, e net terro quello elie sarometo, e sempro ii maggiore dρl eoro dieati Pater noster a vespro ed alle laudi. cxp. xli. - D ehe modo ai debia relebrarerootio tilla laudi n/l di delia domenica. n. maltim ii di della domentea alio laudi in prima

dotivi, tela. Si daea it salino Lxvi, mus misereatur nostri,

seneta antisona, in dire ito, e dopo questa sidi ea it salvio L, Miserere mei Betis, con PAlleluia, pol si diea it cxvii, confitemini B mino, ed ii Lxu, Deus, Deus meus: di pol Benediella omnia opera Domini Domino et Laudate Dominum de eaeris, una lerione deli Apocalisse, eiM il eapitulo ed it responso. rio, o P Ambrosiano. eioh rinno, ii verso, ii ea niteo dolr Ex angεlo Benedielus Dominus Deus Israel, te litanis, Gria ereison, e Pater

noster, o Sia sumito. c. . XIlI. - In eia modo ri debbano

dolio laudit elah, dieasi ii salmo l.xvi, Deus laedum di bis miseretitur nostri. senaci ani sona, alia disiesa, prolongandolo atquanto, come si sa la do. menica , acetoecho iuili si ritrox ino at L, Miserere mei Deus, ii quale si dico eolran-linna: dopo ii quale si dicano due altri saliui , secondo Pusanra , cloe la secondaseria Π v, Verba mea, ed ii xx is, Diau initiatus: la terra seria ii xLIi, Itidiea ma Deus,ed ii Lxi, Misere, e mei Deus, quoniam in Iaeonsidii anima mea: la quarta seria it initi, Exaudi, Betis, orationem meam cum deprecor.ed ii Lxiv, Te derat hymnus, Betis: la quin laseria Lxxxvia, Bom ne sevi MIulis meae, e ilLxxx lx . Domine re uilium: la festa seria ilLxxv, Mitis in Iudaea Deus. ed ii xci. B num est eon'eri Domino: εd it sabbato si diea it extiti, Domine, Gaudi orationem meam, auribus percipe obseerationem meam, ed ileant leo dρl Deuteronomio, Iudire eaesi quae

loquor. ii quale si divida in due glorie, pqrctoeche luiti gli altri ea n liri dei proseli si

come sal meggia la Chlega Romana; dopo queste eose seguilino te laudi, elia, Laudata Dominum de euelis: dopo diea si unalerione detrapostolo, eice ii ea pilolo, ii responsorio, P Ambrosiano, ii verso, it eant leo delPEvangelo, te lilante, e eost stano sanile. mai passi roslirio delle laudi e det vespero. che ii superiore in coro non diea, udendo tulit, noli ultimo rorarione dat Signore, eiusi Pater noster, per te spine dellistandali che nascer sogitono, acetocelth icongregali, mediante la conditione promessaehe dieono nelle parolo ramula nobis tili a nostra, flavi ei nsa dimittimus delitoribus nostris, si purghino ed emendino da eosi sallo virio: ma netralire ora Pullima parte dideir orarione, ciM et ne nos induras in tentationem, in lal modo si dira sorte, ehe datulli si risponda sed Idera nos a malo. cipiet. XIV. In ehe modo si relebrinoia riguis neste festi dei Santi. Nello festivith dεi Santi, eis in lulle is n. s. solenni ut, si saecla eo me vi sopra abbiamodhlio do vorsi sare it glorno della domenies, eccello si dicano I salmi, te an liciae e te

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An. ridis LEMENs II pP. leriosi appartevonii ad esso giorno e sesta, in a s 'osserui it sopraddello modo. Diehiaratione dei eap. XIV. .et 2' Dictiariaivo in tutio io seste dux orsi os- cum . sorvare it breviario, ectelio dova sussero per spoeiale divisione o litoto det luogo segnali illi ossai propri, o v vero se in aleun psese hisognasse aeeomodarsi in alen ne suste alla. eonsuetudine e divo et Iona dei popoli, ordiniamo sim timente, ehe tulit i iii oli dei luorbi di nostra Congregarione si saecla al- ineno doppio minore, e la festa di S. Sohastiano, seeondo ranii ea eonsuetud ne, si celebri solenne. CAP. XV. - In quali temo si dicti Alleluia. n. ait tuis io Balla sania Pasqua in sino alia Pentecoste,

eosi nei salmi come ne i responsori, Mnga

intermissione si diea Palleluia: ma dat larin letoste insino at prinei pio di Qua resima orni nolis si diea solo i noiturni eon li seiultimi salmi; e suori della Qua resima, ognido mentea, li cantici, te laudi, primo, terra,

festa e nona si dieano coli Alleluia, e ilves pro si dira eolle sue antisone, ma li responsori mal si di eono eolr Alleluia, se nonda Pasqua in sino alia Pentecoste. hiaratione δει eapiloro XV. r..i. vina Iove dice, sino a sua resima, dichiariamo Εμια ε iloxersi servare rufo ecclesiasti eo, ebe si lasei l 'AIDItila alia Selluagesima. sis. XVI. - In eia modo si debiano relebrare

festa, nona, vespro e completa, pagheremo

ii debito di nostra servi tu, perelth di questa ore inlese it Prosela, quando disse: Septisa in die laudem dixi tibi: elia: et Selle volieil hidrno si lis lodato x : e delia vigilia nol- iurae, quando disse: Media noele aurgebamed eo uendum tibi: elia: ε A merra nolle mi 1 Edii. Main. legit is tesse o. T.).η49 An. c. 1701 levavo a eonsessarii s. In questi tempi dun. quo dolio laudi, di prima, terra, sesia,

nona, Vespro e eompleta rendi amo laudi alnostro creatore sopra i liuilial dolis si tiria sua, e a consessario levia noci la. nolle. civ. x xl l . - 0tianti adimi si deuana direnetis ore prede re. Axendo gia ordinato quanto at sal meg- Ba p.almugiare dei nollurni e delle laudi, ora Vεt 3η3 horarum. giamo nelle ore seguenti che si ha da sare Alr ora dunque di Prima si diea primi eramen in il verso: Deus in adiutorium meum i tende. Domine ad adiurandum me fessina, eii clar a. e t 'inno della medesima ora, e potire salmi distin lamente, e non Milo a unctoria: i quali sint ii, si reeiti una letione, et M il eapitolo, it serie eleison, o sia sntia. Terra, Sesta e Nona si dicatio eoi medesimo ordine, et M il verso ed inni di ei aseuna dide ite ore , ire salini, ii ea pilolo, ii versi

ris eleison, e stano finite ; ma se la congregarione sarh margiore, dicansi seile salmi colle antisone; ma essendo minore, si sal megrino alla diglasa. LPometio dei tesprosi termini con quali ro salmi e eon Ie ani,

sone. dopo i quali salmi si dica it ea pilolo, ii responsorio, i 'inno, it verso, ii cantico deli ' Evangelio, eice it Magnificat, it Xyris

ereison, i 'orarione dei signore, e sta sinito. completa si a terminata con dire ire salmi, si quali si dehbano dire seneta antisone alladisium, pol si di ea l' inno di delis ora, il pilolo, ii verso Bris elation, e la benedi-2ione, e sta finita. Dichiaratione Il eap toto XVII. Cha s osservi l 'anii ea consuetudine, M. f. mlhridam condo it breviario monasileo , do po Prima, in iis v. u. o na 'tempi di digi uno dopo sesia, di andar processional mente net rapitolo laeendo laeommemorarione de ' delatili per i familiari, benefallori, e leggere it mari trologio e laterione chlamata eapitolo, conforme te rubrielie det breviario. Simit mente dopo eo m- pieta si taceia Passereses e rorarione per i in orti. Finalmenie egoriiamo the si man lenisga la eonsuetudine di dire atrora di Prima ed a eompleta la prima oratione.

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CAp. XVIII. - con eha ordine deutinoesser delli essi rami. h. . alti. Primi pratilente nelle ore dei di sem pre sita Σ- diea ii verso Deus in adiutorium meum in

tenti, Domine ad adiui andum me festina, eii Gloria, o l 'inno di claseula' ora. Dappol, ait ora di Prima, la domostea si det, bonodite qualiso eapitoli det salino cxviii, Bessi immueti lusi in uia. Ed alle ali re oro, cichTerra, Sesta e Nona, si dieano ire ea piloli per elascuis ora dei sopraddetio salino. ΛPrima delia soconda seria si dicano ire sal ini, et M il l malus eis, ii ii, υuare fremu rtivi sentes, ed ii vi, Domine ne in furore, eeost per ei aseun giorno infitio alla domeniensi dieano a Prima per ordine ire salini, insilio at xlx, Esaudiat te Dominus. lii tal modo pero elio ii ix, ctoo conplebor. ed ii xvia, eice dilictam te. Domine, si dividano in duo claria, e eost si saecla, che alle vigilio ladomen ira s' ineominet seni pre dat salino xx, eiM Domine. in cirrure tua. A Torra. sesia se Nona della seeonda seria si dieano nove eapitoli cho res lano delsalmo cxviii, ei ire ea piloli per ela se una delle ore predelle. Finito dunque ii detis salino exviii in questi due si orni, cloe delladoinentea e seconda seria, nella terra seria a Terra, Sesta e Nona si sal mergino tresalmi per ora, eo mineiando dat cxlx, ei ostsd Dominum etini ιribtilarer clamant, in sinoal cxxxii, Beati omnes qui ιiment Dominum elle sono salmi li quali sempro, in sino alladomentea, alle medesime ore, si replicatioogni giurno, servando pero os ni di una siessata uniforme dispositione d ' inni, versi e eapitoli; di maiii Ara che sem pre la domenica si cominei dat salmo cxviii. 1 vespro orni di si ea n lino qua uro salmi, i quali eo mine ino dat cax, Diali Dominus.

continuando in sino at cxLvii, Lauda Ierusalain Dominum , eceptio quelli che si seque strano in diverso ore, ciue dat cxvii, confitemini, in sino al cxxvii, Beati omnes, eceelio anco it cxxxvii, Dee nune benediciti suminum, ed ii cx ii, Domine, Gaudi orationem meam, auribua perelae, eω.; gli altri tuiti si devotio dire a vespro . Ma percitu velagono a BouΑΝΓu An. C. 17M

mancarvi ire salmi, pero si devotio dividerequelli elia nel sopraddelio numero sono piulunglii, maggiori, eice ii cxxxum, Domine, probasti me, ed ii mi iii, Benadielus Dominus Deus meus, ed ii cxtav. Mallobo te, Deus meus rea: ma it cxxi, elue Laudate Dominum omnes gentes, perche δ piceolo, si eon-giunga eoi cxv, elog credidi propter quod. Accoinodato dunque Porisne de 'salmi v spertini, te ali re eose, eice capitoli, responsors, inui, versi e eantiet si dieano net modo

the abbiamo ordinato di sopra. Ed ait' oradi compisela ogni giorno si replichino i me- destini salmi, etia it iv, cum in earem, ilxe, oui habiles, ed ii cxui, rice nune. Disposio i ordine della salmodia dei glor-no, tulit gli altri salini che resiano eguail malilo si dixi dano nolle tigille di seile nolit, in lal modo ebo dividendo quotli eho sonalia loro piu lunglii, ne sicino ordinali dodiei

per elaseunti nolle; ma supra luito ammonianio, che se per sorte questa dispostri edi salmi dispiaeesse ad aleuno, ordini esso secundo che altrimente giu die herli esser me-glio, purchh ad Ogni modo a questo s' ai-ienda, che ogni selii mana si sal mergi tutioit Salleris di numero e enioe inquanta salmi, ed ii di della domentea alte vigilie semprest eominet da eapo, i in peroeelisi ii monaeii quali per il eircolo delia selii mana non salmestiano lutio it Salierio eon i soliti nitet, mostrano troppo pigro ii servitio diloro divorione, eone iussi ache noi leggia moi nostri sanii padri serventemetale quesio aver ademptio in uu giorno, che piaeeia a Dio che risi tepidi par lulia la selli mana

persella mente saeclamo. CAP. XIX. - Bella diseiplina dei salm talare. In ogni luogo eredi amo esser la divina n. . h.pntia

dimeno, senaa alcun dubbio, quesio eredi amoebe inassima mente ax euga, quando nes sitanis atronitio divino: e pero gem pre rico

diambei di quel elie dice it Prosela : a Se vile at Signore eon timore , ; ed in Miro

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353 λη. c. 3ζοι consideriamo ad unque in che modo et hi-sogni stare alla presen ra di sio e depli

angeli suoi, e sti amo in modo a sal megis stare, ehe la nostra mente s'aeeordi eon lavore nostra.

almeno dorarione meniale, ed una volita Panno si succiano da ei aschedula religioso edaneo da 'eonversi almeno per ollo glorni gliegeretri spirituali. cip. XX. - Bella riheren deri oratione. Bichiaratione Gi euphsIs XIX. n. M ..dia clemente ulli generat mente, ed Λlessaneta; - sit dro VII a not speet almonis eomaiulano. eheum nessuno assalto per qualfixostia pretesto di' maptiorania o privilegio, benelth superiore,

A -xaruis. vilo it generale med emo. si lactia esente dateoro, niar pro tempore, quo quia in propria o PDii munere actu fuera Metipalus. Possonopero i superiori dispensare eo' letiori e pre- dieaiori ita tantum diebus, quibus eos tellere aut praedirare conlisseris, o eon gl' inter mi eeon quelli elie a eausa di studio sono legitii-mamenta impediit. I irasgressori si eorroggano ad praeseriplum regulae et Onstitutionum. n. .m i. i. ordinia mo che qualuitque professo, an eo

.leti et non sta negli ordini saeri, sia tenuio

ionibu i atrossitio divino, se gia non fosso ipsi lii inamente impedito. Dipol ordinianas, the Pom-rio det signore si diea adagio, scicendo lepause o punii doue si conviene, a vveriendo a neora i monaci, ehe non saceiano nel stae oeadonra deli 'ultimo sit labe iunga eoda o di mora, aceto the quelli the lianno a rispondere o servitare, possano in iteramente eo-mineiare e ehiaramento 'essere inlesi; il me- desimo si laeeia a proporrione deli' ossa io della Madonna, quale si polrii dire atquanto piu basso e pili presio, e si sacciano te gera sessioni e inelii nationi net modo che sono segnate uel hreviario e messala monastico, en essuno ardisea introdurre nuove eerimonione tr ossa io . ne alla messa, nd in resultorio, ni in suonar Possirio, ma si a tonsor inito, edin qua lunque monastero si a una ta voleti an alia quale si scriva in quali glorni e qualiore si debiano portar te e sile, o di di ε dinotie, in quali luos hi, e quando s'abbiano a

suo nar gli organi. E per Ogni monastero si . osservi il medesimo modo di ea n lare, e visiano librotii per te proeessioni e eerimoni edella geli imana sania, quali si componga notulti alla eonsuetudine nostra. In tuis i m nasteri si laeeia uni giorno una merr 'oraso, volendo noi persuadere agit uoinini po- Chi . iam date nil ale una tosa, non prosunalamo eio sui. Φ3M hi 'irata. se non con umilia e riveroneta, quanto magissior mente dilbiamo supplicaro Dio signoredi tulle te cose eon ogni umilia st pura div aione. E sappiamo elio non in molio partare, ma in purita e uelletra di euore, eis in eo ni-punetione di lagri me noi emor Nauditi. Epertanto i 'oratione deve esser breve e pura, salvo se per askllo d' inspiraetione delia divina graria non lasso prolungata. In convento non limen o al tullo g abbrevit vorarione, e salis segno dat superiore, lulli in sieme si

gansi iressa statelli di busti testimonio a disanta conversaetione, e e lituiscansi deeanili quali ah biano solleeitudine delle loro da

melili di Dio ed i procelli det loro abato. I quali deeani stano olei ii tali elio a loro

pes i. E non s elegiano per ordine, ma per morito di vita e di dolirina e di sapion ra. Ma so ale uno di essi, gon salo surge di superbia. sara stata ri prensibile, ed essendo

corretio una, due e ire volle, non si vorrhe mendare, sia deposio, ed uia altro che nesia degno, si a in luno suo instituito, ed ilmedos imo ordiniamo si saecla dei proposito. Cap. XXII. - coma tibiano dormire Ii monaei. ciareuno delli statolli dorma in nn telio viri /. Mi. da per sh, ed abbiano i letii a subiis r manti. condo it modo della conversarionoed ordine detrabale. Tulli, se si puo lare, dormano in un luogo medesimo; ma se lamollitudine non to permetia, dormano sdidei a dieci, o vero a venit a venti eon liptu vece hi elio di loro abbiano cura e sol-

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leeitudine, e nella mederima tella conlinua mente in sino alla mallina stia it lumeateeso. Bormano vesilii e einli con cingoliouxero sunt, e mentre dormono, non ab-hiano est telli a canto, acetocelth per tofo dormendo non si laeessero male; ed aeci

elth li monaei stans sem pro apparecthi alial divino servirio, e elle sillo it segno, elevali si seneta di mora, s agrellino spero congravi ih e modestia) di provenirsi Puno i altro ait' ossa io dixi no. I statelli piu gi vani non abbiano tolli l' uno appresso Paltro, ma silano meseolati eon i pili vecelli, e levandosi atropra di Bio, moderatamenio si Gnsorlino i uti l 'altro per te eseus arioni dol

Pro retor. n. sci. . . . .

vole consuetudine net dorma loras, diviso percelle, si ethe eiascheduno abbia la sua, non, separata dat dnmilario eomune, ina eon-giunta eon quelle doetii altri, senga ornamento

alle mura pii al tello, ma si que gla che laeamera glano corrodati con umili ed uni. formi suppelleiliti, eonvenienti alla modestia n. ii. . v. religiosa. Al superiore pero si possa por. mellere Pavero altro ea more, e qsaelle, ehesono separate dat dormitorio, si adoprino per te ossetna o in altro uso e eomodita

comune.

n. nain. m. Deeiiuato it generale, apti allui superiori κ' o predica lori non si permeitono li ea mininelle ea mere, lih a veru no ii dormire ae. eomps gnato, ma elastiano nol suo letio, elo si nostre delle camere o eonvento, theriuuardano te publielie strade, o sono vieino ai seeolari, si chiuilano in modo elia gliena venga impedita la veiluta. Non possa aleuno entrare netral imi colla seneta lieoma dei superiori. Meello in quelle dei seniori, nelle quali si possa eni rara per causa delle consessioni e lesioni, o it prelato o i seniori spesso eon diligeneta eer. ehino te epile, aeci oeelth i giovani nh in

the parro at prelati e seniori, a prano le

dei te celle, e partitigi, laseino loro te ehi aut

eondo eomanda clemente Vlli, a superiora tenga una tal e litave eon cui possa quando gli pare apri ro Ogni eella, e perh ninno, benelio di nolle, lenga la cella serrata inguisa the dat superiore non si possa a

prire. Bove diea: alia it Itime aereas, s os erilla eonsuetudine e rogo la, ehe la lampadaslia a tecta in dormitorio lulla la notio; non si lenta lume olire sit ora depulata per dormire, quali lumi non si mellano a let-liere o luoghi perteolosi d 'abbruciare; o chinollo predeile eose si vover1 in eoipa, ne diea net ea pilolo it suo manes nento, e se eondo la quatilli det tallo, sia eas ligato dat superiori; nh a leuno ardiso eondurre alia sua cella seeolari, etiam a litoto di conses- sargit, seneta liteneta dei prelato, e qualunque

volia aleiano ax rh persona seeolare o religiosa eon licinia det superiore, stia rufeio mergo aperio, angi vi si a continuo silen Zio, .s si se lixi per quanto si puo Io strepito. ed otni eosa si taeeia o dica quanis pili bassamenie si puole. Dove dice, dormano festiti, dithiaria moli monaci dormire vestiti, purehε abhil nota tonicella eolrabito e eoi cingolo. Dove dice, foramenti dei leui, ordinia-mo elio in dormitorio non si an o coliriei ina giano in forosteria e netrinsermeria,Neello se at prelato pare, di lare ali i-menii per trinserini deholi e vetehi. Si prothisce perh aver per te ea mero padiptioni, eortinaggi, se non di lino, hombage, o si iracosa di poeo prerro, e mollo piu ogni sorte di paramenti di sela, vagi d 'argento ed oro. quadri e pillure sun tuose, ed orni altra pompa disdice volo alla poveria religiosa, solio pena ad arbitrio dei generale. E i superiori locali, travando trasgressori, siano tenuli darne parte al padro generat ρ, in cartieando in elo la loro coseleneta.

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LLEvras ratore, id in eam a te uno contrario allasania regola o disprerratore delli et mandamenti dei suoi maggiori, quesio tale, se-eondo it precello di nostro signore, si a ammonito Ia prima e Meonda volia da' suoi maggiori secreta mente, e se non si emendera, sta in preseneta di tulti publieamentori preso, ma se n/ anehe eost si eorrepterra,

ae intende quale e quanta si a la pena dellaxeo muniearione) sia Momuniealo. Ed os .sendo pure ancora oslinato, si a punito d' a strione e pena eorporale.

essergli eonveniente: non gia hen εllo dani uno et e passi ne aneo is etho elie glisi illi.

delia semunieatione.

Meonda ii modo della eolpa si deve e tendore la misura della seo muniea, o vero eorrerione, it quai modo a misura di essacolpa penda e sis nel giudirio dat Pabale. Se dunque aleun statello uten irovato in pluliavi eolpe, sia solamento privato della pamieeipatione delia mensa. Ε questa sarii lapena d 'uno privato dei eonsoretio della mensa, eho net Poratorio non imponga salini o antisona, e non reeiti terioni insino elie non aura soddissatio; e dopo ehe i Dalelli averanno mangialo, solo e da per u prendala reseriona det etho, dopo la comune relatione d ε' fratelli, eon quella misura e aquali 'ora e hs i abale avra giudieaio conve Iairsegli; come se, verbi Iresia, li halelli

mansiano a gesta, quel statello a nona. ege li statelli a nona, e quello a vespro; eeost laeeia insino a lanio the eon Medis sa tione conveniente eon segua perdono. cap. XXV. - Belle αυε Iiu gravi.

ptu grave eolpa, sia sospeso dalla mensa edat roratorio. Niuno delii Datelli in eosa al-euna eon tui s 'aeeompagni, ne rapioni seco, stia solo ali opera a sh impos lagii, perseverando in planio di penitenra, rieordandosidi quella terribile sontenra deli 'hpostoloeta diea: c sn sl salio uomo esser dato a Satana in morte di earne, arei oechh net glor-no det Signora lo spirito si a salvo 3; solo prenda la relatione det etho in quessa mi-sura ed a quel rora ehe t 'abale et iudieheth

dare ima elie non pala venga da lui , quasloeculli consolatori, aleuni de' statelli piuxeeelii e savi, ii quali quasi segre tamen leeon solino it traxagliaio Dalello, provoeant dolo ad umile stadissarione, eonsolandolo,

in tui la earii a x ; e si a per lui pregato da tulit; imperocelth grandissima sollecti

di ne deve avere t 'abale, a ton ogni Raga. eila ed industria curare elle non si perdaale una delle pecorelle a se comesse; a Mypia axere rite ulo eura delle anime inseme. o non tirannide sopra te sane, e lema lem in area det Prosela, per ii quale Iddio dice:

c Vol piglia male quello the vede vale esserpiu grasso, e quello et, 'era de te, Matelais vale uia 3; ed imiti Pegem pio det buon pa-siore, ii quale, laseiale novania nove peeorene' monii, ando a tercarne una sola, th eras marriia, a trinsermilli delia quale Ebhelania compassione, ehe si dund poneria so-pra te sue saera spalle, e eos I riportolla alia gresse. fAp. XXVIll. - si quelii eis essendo

piti veste Greetri, non si garanno emendari.

se aleun stalello, per qualusque eolpa n.

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