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delinque , esii finiosi servo si Iascia vendero. nes eoinpratore ine i cruae servo: e qui nil. la servi tu non h egetio dei contratio, maliena dulla si ode . Nel seeondo casti delinque piulto lo chi compia 'uom liboro, este Ι' uom libero che si vende , anzi compaSSionata segge la misera condietion di colui , ebe stretto d ut' ultimo bi-wgno. laoue a vendita seneta si e la sua liberili : e mollo piri seda onesia cngione nasca it bisogno : diccbe abhia ino esenapio inqueti' onorat a sigii uolo romano , Hie non avendo Onde selipellire illldre, Per non lasciario marcire insopollo xi vende per giudiatore. inque grati disturciata e posta tra 'l lasciarsi vendere , c 'I vente re se SicSSO, e tra 'l compratore , che sa di com strare un uomo libero , Io che accade, quando 1' uomo da se si vende , E 'I Comp torc , che crede di compraro uia servo ; Io clic avviene , quandol' uomo si sa vender da altrui . Ilo io raeeolia una lal disserentada due tuogbi delle Pandetio . .Pomponio GiureconsuIto Scrive . Celsus inlius reis; hominem tilentim scientem te emere uou PO e.
la H stesso Pomponio altrovo a serive , Liliari hominis emti intelligitur, si tib igno vi me emitur . Per quel che P0i Si RPPar liene alia Costitiation di Leone, io ii so sn te sequeuti serVngi ni . Dice Leone , cho intende inli di abrogare una Iegge minanR, in viriti di cui un uom libero, che vendovasi schi avo, SchiaVo restava dei Couri ratore. Or io vo sapor dat Salmasio . La legge Bomana , che su da Leone abrogata, ei e ogei vel corpo delle leggi 'Non dice it Salmasio, che non ci sia: angi e la trova, e Ia Cita:
m dominium nostrum redigi ny , si quis se major annis aQ. GaPretium primici 'andum Menire passus est . Ma se non ei h attrair e , che quebia , qnesta at Salmasio non giova. Paria Marcianodi chi si sa vendero da vitrui line participar dat preetao , Πυn dichi si vende da se : e questi iwr Ie eme dello sin qui son due di- Verbissimi casi . Dunqne Ia Costitutione di Leone tot se via it pote
si sar vendero: lo che Len si potea nee : nes vendersi da Se : lo chen ii su mal eoncedula a Romani . E vero, che Leone dice Se ιμSum Memmi ma ben possono eo teste parole intendersi di chi si si ve dere I miche essendo egit autore dei sarii vendere, in certo modo par ch egli si venda : e qui cade acconcio quel detto volgarissimode' nostri tulerpreti, ehe chi si qualebe eosa per meam C altrui . De che la saccia dR se . .
Ma perchis mire e altri dire quot elie Salmasio non disse , cish cte la Iegge romana da Leone abrogata si a per l'ingiuria de tempi perita , io Provero, che l' imp. Leone non ris Ho altro e, ina
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dominιὰis vostrum D, digitur,sἱ quis se major' annis Io. ad PDehum piarticitandum oenire Passus me. Si sentiano ora te parole , onde Splega Leone la legge , cui toglie via , quae lex hominem li- herum , qui .... liber atis dignita om ridecoro Π foris, quo execrabile pro Serimitu e Persoluendi Pretia lucr um Purticipet , sutim Seroitutem mercatur . Marciano dice , ad Pretium partici- Pandum . Leone dice, quo cxecrabile Pretii lucrum Partic*et . Enoti vi parc che si a lo ste,so ram 8 Partecipar dei lucro non Si pubdire di clii si vende da se , pote ih egli sel prende turto , rna dichi si sa vender da altriit, perchh parte ne toglie pcr se; e Va l'altata at finio Padrone , clie I vende. It secondo argomento h pur dat Revardo , o pili estesam ei te dat riteo e dat salmasio propos o : ed h preso dati toragmu degit antichi. Autonuetione nolle Glosso d' Isidoro spiegasi pendita : ed --t ali erano uomiqi Iiberi vendulisi a qualelio lanista pe'gi uoclii gladiatori. Aleunt , dice it Salmasio , da vano sempitccmonte u .stis pcra loro a queli' laso , e porcii e la locatione non trasserisco domito , non Perdevano la liberia. Altri si ven levatio det tu vo ad uinnista . t e prechu per la vendita it dominio si irasserisce , per- devano Ia liberia e e loro propianiente dico an Ai Amortiti'.
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Iurelii di taeerone o di Livio L. M. Giurano ancora προ- I tronio i gladiatori di dare ali arbitrio det Ianista , eua NilitarnauPud Ne, i corpi e gli animi. E che alim o vel P animo , che si Tende . se non . l. liberili pNn Vediamo, se ei riosea di pro are ehe gli Autorati non su-rono alte lego romane avult per servi. Paolo Giureconsulto Pa Iando di coloro, cui puo nn marito impunemente fimmazzare, quando li colga in adulterio, dira , ehe pub occider tra gli altri semm , et mm, qui auctor ento Rogatus est ad gladium. Ape tamente distingue ii seruo dati' autorato : che se I autorato sesin stato Servo , essendosi gi, detto seruum , superflue Sarebbero Statoequelle attre parole, et eum qui auctoramento rogatus est aes gladium: e Sterome la vote serutim comprendeva tuiti si altri dive si modi, onde laluno era servo; che ben molli ve ae erano in B mu ; C ι avrebbo comproso ancor 1' autorato . Olueaceid insegna
Ulpiano a esset disdelio ad alcane persona di sar testimonianetae in giud Zio . Conta tra quella gli autorali : e Ia region et di Vieto dice che sia i infamia della lar vita . Chi h metetana mente Feriato Delia Romana Giurisprudenaa pud trane di qui acconcissimo am mento . Provare, che gli autorati non eran servi . Sono i servi e clusi dei sar testimonianeta ita judixio, unieamente Perinh liberi Mon souo b ; nh si trouer, mai nes libri delle letat, che siano e-oclusi come insanii. perehe i infamia h uota delia persona , e i ser- i Per letae civile persone non sono r e per I opposito Si trover. emPre , che a litoto d' infamia Ie sole persone libere sono metu- se Q . mielth dunque me P infamia delia vita non poterano gli ut ait esser testimonj in giudixio , E laron liberi certamente .
da Sarsina , od aliri et nunque es si si che des primi versi di quella Iserizione dubita it Fabretto a tutii i moi municipi, ed a
Chiunque axesse staLilito domicilio in Sarsina , die generimamcntelu g a Sepoltura in un suo campo . permetiendo a Ciaseum dis' i quivi in vita uti monumento. Melius Sassinas municipibur Fingratiis incoleis e loen septitiurne dat. Eceettub π' i tre generidi Perione colle sequenti parole , dat extra axesoralis it Fabrettokgge extra aracforatos ; ma va heu detis utimoratis prendendo
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Latini dat extra auctoratis, et ques sibi laqueo manus ait M.tissent , et Dei quae tum Nureum Professi essent . Dunque gliautorati non piste vatio Sepellipsi in quel eampo per espresso divieto di Bebio . Or in raginno eost . V eccetioni riguardano quel g
nere metasimo, cui riguarda ba regola . Invitati generat mente suis no ut campo di Bebio munici es, eι incolae . Se ae eccettuartanoalcuno Persone; durique te persone eemtinate erano aucte esse minnicoes , . et incolae . Ha per legete te voei munis es et incolae non converigono a servi. Dunque gli Antorati posti neIP.eeeegione non eran sorvi : come Servi nota Prano coloro , co' quali van giunti, eloe, qui sibi laqueo manus nitulissent , et qui quaestum miam eum Professi exsoni. Ma innanai. Se gli autorati eran servi, clieaeca leva clw Bel io espressamento gli eccet uasse . Si sapeva Fia,
eecet inb gli autorati . segno e questo , che liberi erano , e tali .che seneta espresso divieto avrebber poluto sarabiles monumenti ita quel campo. M a Perelie pol evano ques di Sarsina recarii ad otita , clio fosse communa loro ed a gente infame quel eampo, laee gransenno Behio ad eccet tirare alcune persone libere si, via intimi , e egli automati, coloro', che si avean data con uri la cio volontaria- metite Ia morte,se m almente i lenoni , te meretrici ,'od altri dismil forta . Ma pub di i taliano . Ecepitnb Bobio, eome gli autorati, eos tolom, eti' erati morti volontariamente di laecio. Ma agi' impiceatisi di sua mano si negava per terge la sepol tura . Cautum fuit in Pon
tificalibus libris son parole di Servio se ut qui laqueo vitam
innisset, Diso Itus abjiceretur. Aneti toni monia Plinio che perleggo di Tarquinio noti di Tarquinio Prisco eona ei solve, rna del
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Cel tua vatio. si Sarebbe poluto dar loro sepultura.
Mi lenne una tal disicolla sollectio per quali ho tempore mmo ne dis brigat in sine cod . Fu tempo in Roma , net quale do i ex auis insem. ti glacere gli uccisori di se medestini : ma non saeuic, in logge. servata a come, Plinio soletiungo . In sulti, Per tacerdi Imere via . e di Catone melle per ragioni a quo' tum Pi ouora te Sidi ori morte , a Silano , cho venuis per sua collia in ira a Ma lio Torquato suo podro di propria mano impiccossi , e ad altri liis imi morta n ques modo , sappiamoicite sumn satin,Solennie et ritu , ed ono vole,sepiatura su data. Olirectio s' incomtucib pota dia linguor ira coloro . elio iter lo tedio delia vita e coloro , cliepoti Grai teneta di de litto uccide, ansi . A questi se ondi e verisimiale ,.clie Fit lasse Degato l'onor dei sepolem ; a que' primi non gi. .
Put lie si repulava cosa locita , mi onorata darei la morte, quando, i m nimia a nil esser grave Ia vitri r in qual.distinetumo fovente
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-ndiliones olim dicebantur e nsorum IocaIiones. Placemi di areis
In musco inco sunt qui sese oonditant . e parta delle meretrici , e de' lenoni , che danno a sitio i opera I non vendono se modosi ini. Standa ora cosi la cosa sporo, the non mi a cusercle di ardimentit, se io uegnnilo que 'duo genori d uotuini , elie 'I Salinasio
distinguet' uno di eo loco, the si vendevano , l' altro di coloro , Hio da vano a filio te sole opore , Danea monio asserint , che Pre dendosi seinpre ii verbo uendero tu signiscato di locare gli aut rati sossero non venditori . ina sempli et ineatori doli' opsteo toro . Mimu ovo u erodor Cod un Iuogo tropon hollo di Sen es V . Parta Ili deli autominento, e rapporta P orribile formola dei giuramento, ille pronunetia Ian coloro, i quali foeondo it S ilmasio si vende vano serii, uni, Dinciri, necari , e d ste locaus mauue α euae. Non polea Seneea dir di i iii ad ispi egaro i xen litori ili' se mederim i , E quella sermola sola li designava a La laneta : e pure ei dice ch Erano locatori S mplici deli' opere loro . NI mi ostano i duo luoghidi solira rapportati di Ulpiano , o di Patilo . ove H distingue --ctoratus da colui , qui O oras locavit: pol lih la distinetione none posta ira te deite due voci auctoratus , et locaoit ; Dia fra quel-R se gladium et bestias . Erano locatori ii opere gli riui , e gli altri ; ma i primi ad gladium , ei6h a comballere con altrigladiatori r i secondi ad bestias , ei Oh a combat lore non con ultri uom in I, via colle si re . Clie so non oςtante quella sermola , chel tu a Serv I conviene, cho ad uomini liberi eli Autorati per giu-u ' i 'ςηος tocurat manus , ecco che io lio sciolia pur l' attra
imi colla , che nasceva ilui' eiuramento pro so Petronio , sacraΠιe e ιΠλIuria imtis uri vinciri oreberriri eon quel che segiae. Ne mi turbaquei verberari. La legge Porcia , cho saerosanti volte i corpi do' ci titia ni t Oniam, Per into rotaetione des Giureconsulti non disese contrale hattiture a corpi de vilissimi od infami ei ita lini . I debitoriual Pretore addelti a Creditori erati liberi , i cittadiui per thiaris-Frma testim laneta di Quintiliano pue veni vano da creditori aspra--nte battuli . I ladri in Roma o servi, o libori fossero, si saceauatteie legali alia colouua uenia d ordine de Triumviri Capitali , me Ascoeso Pediano insegna. E qui δ'da notare , che ras I 0rtandosa pur da oratio Ia formola elio reeita vano i gladiatori , v EParma Mi-essu , che in quella di Petronio non δ, ed a mostrar Ii-ππa gu uulorati assat laene e dure . Nella formola'di'Petronio si vice, uri perberari ferre que necari r in quella di Urario si dice:
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1 28 rari virgis . ferroque necari . Α portar eon propriel 1 gli nomini liberi si balteono colle vergite; pe servi si D vano i sagelli. Restano te ultime parole delia formola da-Petronio descritia : ta quam tegitimi gladiatores domino coryone , animosqtis religimu-sime addicimus . t gladiatori chlamano it lanista dominum ; dunque eran servi . Ma chi non sa , che la parota dominus non sem-Pre a servi si riserisce r I mariti antica1nente dalle mogli . e da imolli mariti unche te mogli surono per rivereneta con quel nomechiamale ; e generalmente i capi tuiti di qualesie ordine di pers ne; onde i capi delle sazioni neli' antico Circo si dicevano δε-- ni factionum: sermola, che in molle anticho I serietioni si trova : e per dire tora , che torni pila presso'. gli utunni, e i discepoli conquet illoto onora vano i lor Podagoghi, e i Maestri r e cosi si devet utendere Dei verso di Manilio ιι m dominum dominns Praetextiae lege sequatur e cloe it Ped ηgogo seque l' aliinno . Potchlidunque ii lanista alimentava , cd istrui va i gladiatori ; onde Columella b chlamo lanistas auium coloro cho istruivano gli uccelli alia pugna ; non E da maravi gliare , che i gladiatori suoi allievi , o discepoli it chlamassero con quel nomo. Ed is sospico, che nes- Ie parole animos addicimur, la voco animos si possa riserire nouxolo alla cicca tibi id teneta , ma ancora alta docilita, clie promette-
Ed ecco sciolio l argomento prem deli autoraetion degli anti- clii . Ma pila lungo che non credea h riuscito it inio rasona mento; cinde la soluatone degli altri qualtro argumenti clie restano ita be--, elie ad altro glomo si disserisca.
Sa dati inra mi a Ierion vi ricorda . io per pili gravi argomentimostrat, non essere stato mai permesso in Roma, che un uom li- . hero vendesse se medesimo , e schiava di libero si sacesse : e treargomenti disci olsi , onde Ia contraria eomunissinia openion Si Sos tene. E se ne doveano sciorre due altri r lo elie nou uvendo P.
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e che eravi un pubblico luogo , dello it Vico risco , in eui si solevatio tali vendite celebrare. Le parolo di Plauto sono αὶ , In Tusco Vico ibi sunt homines , qtii ipsi se se Oenditant. Allostesso modo h dat Hevardo interpretato quel passo di oraetio' b)'
Tusci turba i ta pici , grando enipicia essendo vendere Ia propria liberta , Speetia ente appreSSO Bomani, da cui foveate Sacra
Altrimenti per mio avulso intendor si doono i luosthi di Plauto di Urvetio , a sporro i quali quulche cosa e mestior che siclica dei Vico Tusco. li vico, per cui dat. Foro at circo InasSiniosi passava primamente da Toscant , che v abitarono, ii nome pre- se di Tusco se ,: di rei Pico Turiario si clitanio . Cio si Inostra per due testimonianete , t una di Asconio Pediano, e i altra di Λ-crone . Asconio d) dice , che 'I simulacro det Dio Vorlunno eraa suoi di net vico Turario, signum VI tumni in ultimo Vico Tu--ris eri; Ma si sa ben per cinscii no , che 'i su detio simulacro Era net vico Tusco e, . Acrone spiogando quel di Uraetio, Tusci turba imia oici, Scrive eost , Tusci idsm , qui nunc Micus Ἀ- raritis dicitur . si vico adunque vella olli di Orario det to Tusco eoi proceder ilei tempo 1 urario si appello. Posto clo se troverem . quai sorte di gente net vico Turario dimorava , conoscerem noli empla turba dot vico Tusco, di cui Draetio , o gli uomini, cite in quot vico vendevari se stessi , di cui Plauto rugiOna . rar ini sa
Che te bottoglie vi sossero de' mercanti , si pilo ricogliere dat lo lato ridiano Q il quale appena detio, che net vico Turario ora it si- molacro det Dio Vortunuo, fragi nugno , Vortumnus autem DP rae mereaturae : auat twr quei vorso di Maretiale I Neo nisi Prima Oehil de Tusco oolloria uicoc per quel di Gioveuale se , Et oellere Tusco uexatae ditntioque vicinus; si pud Credere cola GiO- vanni Brittanico fh ed altri , che si scrinet vico. Tusco i mercu- danti di lana. he pol vi se sero te meretrici almeno ne' primi tem pi , ii testimonia Acrone , Deinde , quod in Dico I rario antE
genie la pili venale esto si ut Lia. E va hen delis latinamente vel
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i oder se si esso eiani, ehe non vende gio Ia sua liber I nia si ossis B sar per danaro la voglia ali i. Cosa Sallustio sa 'della Citia di Boma gia guusta e corrolla partando, la disse Citta Menale, e da
na bene Pili est' altro uti passo det medesimo Plauto b) , ove conmolia si usu dice , che si coinperatio , e si vendono te nolli delis meretrici. x edi donnacria i una vit meretrice parta cosi perisclierno it servo Militone di donnaccire t o te gran t agitia sach'ollia fa : ed io non no compereret setis nolii Per in bici hierdi neιι- , vale a dire at pili vil co,to ciet mondo. En mo strum multoris 3 tantula tanta uerba funditat, cujus ego Oeb n hisae CXutho septem noctes non emam. F e percue usi Plauto il Der maSehile, homines, qui se se uenditam , ei stia a dire iIBevurdo , doversi intender quot luom anxi de li nomini liberi venditori di se medesimi, ehe dalle donno venditri ei des corpo loro ; dapoictili e cosa risaputissima , che olire t Giureconsulti socii antichi Latini eia gener dot maschio non solamente comprende- vano anehe te donne , la quale e troppo Volgare usanra , ma desis gnavano tui volta te donne sole. Eccone un esempio appresso Ε Nio , Quis tu es miter qui me insueto nuncupasti nomine. E eone pur ura' ultro appresso Tertulliano , ehe mi dorrebbe di averomesso ; eotunto bello mi pare Parta egii di un Senatusconsulto Claudiano, per cui te libero donne , te quali usavan earnaimente ces servi altrui , se alla prosenta di selle testiuaonj per tre vesteda i pndroni ammonite non sa ne astenevano, erano dat Pretor o dat Preside date a medesimi padroni in servitii. Or udite, couee' ne parti su) , Nonne insupor censuerunt seruituti vindicandos, qui cum alieno sermo post dominorum denuntiationem in consuetudine perseueriarunt 8 Gran inara vigila prese 1' eruditissimo Pietro
Fabro s , che Tertulliano de maschi dicesse quel che delle donne
avea stabilito ii Senato Romano: quindi sospellanilo che Per iseor reetione si leggesse semiruti oindicandos, qui hanc iniente emendo, servituti Minmcandas , quas . Ma olire che cotesta emendaZione
. contra l' autorita di tutu i libri flampati ed a penna , chiunque abbia presente ii verso di Ennio, che lio io recato in memeto , non sara te maravi glie , che Tertulliano col gener det maschio disegnita semina sola . E mi par ae avere at primo argomeuto det Bevar
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beonem et Caelium quaeritur , si quis in as tum confugerit .vitia eo se conferat , quo solent oenire, qui se Denates Postuliant,ian fugitivus sit. Clie ne avessor credulo Labeone E Celio, da Ulpiano si tace . Ma hen ci dice Ulpiano Piel th egit ne eroda. Ego puto non esse eum fugitiuum . Le parole quo sesent Menire qui se Menales postulant dat Bevardo s' inlendono degli Domitii litie ri. che wlevano ad uis determinato duogo portarei , e nominutauieu- te ut vico Tusco , e quivi espi si venali. Ma te parole di Ulpiano non possono degli uomitii liberi intendi rsi in alcun modo. Ed tu vero se s' intendessero vegli uomitii liberi , che si evolaevan venali , ii diibbio, che tenne solleciti i duo sumosi Giurisconsulti Romani Labeo i e e Cclio , e quinci ancora Ulpiauo , sarobbe questo, Selaggitivo pol esse dimi quot servo, ii quale audava at luogo, ou eran soliti di andare gli uomini liberi per vendersi schiavi . E vipare che lasse cotesto uia dubbio da turbare te menti di Labeone, di celio , di Ulpiano 3 O '1 servo andaxa in quel lilogo cot reo di-fiegno cli mentire la sua condietione, e vendorsi alimi, come se libero sesse , o non per quel fine vi and ava , tua o per onesto assa re od a diletio . Se pleno di imal latcnto v an lava , non cra da dubitare , ch E s se suggitivo, Miciae lo stes,o Celio b) avo ainsegnato suggitivo ossor colui , che clatia casa dei suo pudron sipartiva con animo di non survi ri torno. O non per quot sino, ma orer onesta cagione , od a dii cito v an lava , e dovea ossor posto moridi controversia, che suggito non ora. E pure a ud La*eonem et Caelium quaeritur scri ve Ulpiuno , e quinci a poco o' dice di se c), Ego puto non esse eum fugitiotim : dove quot puto e non oscuro segno di mente dul biosa e disserenio . So liene , cho sui ouo soliti i Romani Giurisconsulti di usar per modestia te dubbiose v ci fomitan, oidei tir, videamus , ancho qnando cosa reria , ed indubitata. asserina vano ; conte per molli osenapi ha di inostrato ii Cu-jacio costume antichissimo nel Foro Romano , ove i Giudiconii , quantunque dubbio non restasse loro Deli' unimo , pronungiavmo sibi uideri d) , e i testimoni dic vano arbitrari , schbene con Bltissimi giuramenti attestassem di vellula : di che i corono se a questo modo , Illud oerbum consideratissimum nos Vae consuc-ιudinis, Arbitror , quo nos elicim tunc utimur, quum ea dicin α mus