Paschalis Carcani vita : [Discorsi, Rime scelte, Rime piacevoli di Sofista Pericalle, pseud.]

발행: 1784년

분량: 340페이지

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분류: 미분류

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RIME

vII. ALMico Signor mio, tutio va bene: Ogo a venti ore io porterovvi il libro, Sciolio perd, perchὰ dice Ralmondi , E dice bene, che puo Mon signore Mandatio in nome suo at ligatore Ii quale lo servira con pili calore ,

Ed aneor servir1 per uia colore , Accio possiate estgerne il valore. Voi siete , amico un uom di. juditio .

E farevi pagar da vostro Zio , 'Acciocchὸ pili compito sa it servietio. Questo serebia it sentimento mio , Miluo semper judicio meliari . Salutaremi ii vostro Segretario , Ld a latemi pol mi istinario.

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delia moneta.

untiate onorar net vostro piles Me vόstro servidor quat vostro amico,

D'innata gentilem ἡ- pregio antico. et . . .

E di parole io son cosi mendico , Che quel ch' 8 necessario appena dico.Quel chi Mermi pol un libro , ὸ un grande intrico. Co' testi, e eo' Dottori io sol m' implico rQuesti io sol leggo , e in questi sol istico, E questi tutio it glorno io maledico ;Perchὸ ad altri dan pane , e a me panico . Io servo at soro at Tribunal m' esplieo ;Cli' io non vorrei passar per impudico :E amo quat Platone, o quat Giamblico , Con suoco innocentissimo , e pudico , E 'I glutero pel gemino Palico , Quel legetiadro Duchin ch'io benedico, E dico it ver , nὶ son Cardano , o meo, Pio grande io lo vedrd dei grande Errico sAnes di tui, ehe in riva dei Granico

vitise l' invitio fino allor nemico . Io servo at Foro dissi, e nol disdieo ;Nὰ sono autor di libri, e non m intrico Con queste grandi idee, ch'io non nutrico;

Ma io gia intendo l'enigma, e lo districo: V Vien

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-RIMEmen ta lettera est' autore, ed a me it sim Vorrei pur dir ; ma questa rima in ico Mi ha tatio entrare net pili stretis vico, ' abbia det bet Parn.is. ii siolo aprico. Se m chlamassi almeno Ludovico , Se non sessi Pasqual , in Pasilualleo , Po rei vir , che quat sui sempre ab antico

Salo ι uri quelcia io disii . io non vi dico .

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E sotridendo grida : Il Mondo ε claco. Allor meglio vede ei gli uman costumi, Pereliὸ della ragion i' occhio in tui regna, E simile divi ene es Sonimi Numi : Quanto E vero ii proverbio, che ci 'nsegna A non fidarci mal deli' appareneta , Che spes la virta di vietj E pregna a Sembra una pura imago d 'innoceneta, E di modestia ha pien ta lingua , e t voltis, Chi 'l petici avra ripien d' incontinema. It virio da nesi un mai viene accollo, Se discoverto appare agit oechi altria. M a solis it manto di boniade involtor Non E gran reo , chi de' di rei sui Fa comparirne pur picciola parte, Perchὸ ciascun si guardera da lui iSe men si mostra , ἡ pid perseria l'arte, E quello in male oprar sera pia destro , Che sotto ait 'innocenZa ii mal comparte. Questo sata d' iniquita it maestio

Degno S esser ligato a una colonna, Merite vol d' uia temo , o d' un capestro.

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Che d'ingannue ognun riporta ii vanio, NE uia solo v' ὁ, che t 'alti uia D la gonna. Ridei sinor ; ma alitia convien , che in planto Si muti ii rise , e a disvelar l' ardire D' una vit seminuccia io muova it canto. E sino a quando dourem nol soffrire, Che invendicato ita quel fasto iniano, Con eui te hodi sue sa ricovrire Tacer non ud ; tacer non possis ; e invano Tenterei di sienare ii mio furore, Che a pro di un pomi tutio arma Ia mano. Santo Nume dei ver, te net mio cuore Tullo it poter di tua viris discese. Tu mi alta a Relar l' infausto errore rSe non propria passione ii sen mi accesse , Ma 1' utilia comun mi rende ardito , Tu fa , che stan te mie querele inteis: Ed at piacevol suono ii vero unito Contro l' incanto d' una rea Sirena

Nel mio doloe scheretar sia piis gradito.

Ο Musa tu , se la tua dolce vena Di vendetta, e rancor ia semore esente, Fa , che di gius o Megno or ua ripiena . .. Stringer la penna contro uri innocente, Fora gran colpa ; ma scovrir de' rei L'oeeulte hodi , ἡ un sanio zelo ardente

A creder , che una donna oneri sta , Quando tra mille appena ne son seii Pur

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PIACE voLI. ' Oppur anche eid eredibile saria rMa che una donna salvi in selle scene L'onest4 sua come possibil sa

se una di Canterina ii nome olliene, Tu subito dirat con piis ragione :Di putiana it carattere ella Iime,

Il Teatro A un composto di persionesciocche, vili , ignoranti , e vietiole Seneta Dio, senaa lcgge , o religione :s Qual Dio , quas leme pud permet ter cose, Che a corromper de' popoli it costume Ii trionsante viaio sol promis 3 P. Della pid v I plebaccia it succidume, Ladri, bugiardi , traditor , russiani, Della perduin gente son te schiume. Or di, che siano i miei sospetii vani ;Di, che posta tra lupi un' agnelletia Abbia luno a se par dasse lor mani :A far, clocchὸ non vuol, lira costretis Da preghi, da minacce , o da promesse, Dail' inganno , o dest' arte pili perseita. se te donne son male da se stesse, Satan pol caste in se 'l Teatro Quando, Se fosser buone, anche serian qui oppresse.

Forse alletiar non giovera cantando , Qualor non corri sponde ii volto at canto:

E andera da una brutta it male in bandor Se dunque di bella non ha alcun vanio Giovanna a suo dispello sara easta, E per lei di sua voce ἡ van l' incanto.

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Incominciai per gioeo , Ed or son tutio foco ἔMa questo pia mi uccide, Che mentie io la burtivas Da vero ella bruciava eor eis io vo sar da vero, ella sen ride

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glier te eonvenienae, e la ereanra, Tu mi Iaselasti in merio delia danra . Dunque, erudet, eost traici in amico

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IN UEHale di segreteria s

ta antiquario per casualita, Baeta te mani di Sua Signoris . . E prega a vitii eofi sinceri A , Senra misteri, e seneta dir bugia Qualche notitia deli' antichia :Se dei libro si parti in bene, o in male so null' affano, che saria mera mala Ma is sono tur animale, Che ud seri vere in rima 4 meetra notae Col eam che non sδ, s E capo o botae Amico , buonanotae .

Caserta e non sepres se i litte, o gli otio. in Dei mille setaecento cinquantolio.

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Belietto a Gallani nesSIgnor D. Ferdinando mio Patrone εVoi sapere che questa ε una stagiohe, Che se sciogliere in acqua te persone;

Onde venir sae questo alto. cantone, E non trovarvi ὀ una distruetione. Son stato anche dat Duca, ed un Paggione Mi ha dereo, cli' egii flava in sentione , Cioὸ impedito in conversiaione Iond' io restato son come un minchione, E son quὶ rixornato , ed at portone Trouato ho Monsignore, che col coetetone Pallava d' un cavat, che ha un gran pedone. Salito finalmente, da un ga One Ho avulo in caria questo peraone, In eui vi serivo la commessione,

Che m ' ha scritio tali' Aquila it Barone Marchi pili , che in un gran letaerone

Fa con me una gentit lamentaetione,

Pereh8 ad un lungo suo scariniaccione Data it Duca non ha responsione. Ma finiamo pur questa camone: Io vado in Oda a sar .relaetione

Al Barone es questa missione. Voi siete giunto in tempo . che .1 l'one Mancandomi io restava da cogitone.

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