Paschalis Carcani vita : [Discorsi, Rime scelte, Rime piacevoli di Sofista Pericalle, pseud.]

발행: 1784년

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RIME

274 Tutta, si, tutia rael mio cor Venere Lasciando Cipro venne ae risedere:

Unde ella sola i mi ei pensieri

Domina, e muove a uio talento

Ella dirigge i passi, e l' opere , E le parole ella' sol det imi ;Nὸ vuol , che pensi, o parti d' altro , Delia, che solo di tua bellema.

Con questa dunque divina giovane, . Io , Ferdinando , ne gloria rigidi ot discortendo , or let mirando , L' otio , e it Deddo vincer potrei. Nὸ per iei manca ; ma certi rancidi Vecchi severi , lata, me 'i vietano , Che co' lor. gridi, co 'lor minacce Turbano ii nostro dolce contento . Unde io non pota vegliar ira studi , Che no 'i consente Venere indomita; Ed andar , dove it mio desio Guidami, ii vieta sereta inumana. E son quat pietra , che in meaeto ali' aria Sospera pende da sorte vincolo ;

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Fate, che un colpo tronchi la barbara Man , che mi riene , vedrete subito Me in duplicata ragion di moto Correre in seno est' idol mio , E farvi cava , che non miserisi Dalla lungheria dei raggio immesiavi; Ma dest' effetio, che in let produce Valido, e grave urto violento . neggio , Amico , intanto l' orrido Freddo pili cresce, e 'l vento fossa, Che me seuotendo des lungo errore Rendemi ali' uso di mia ragione . Lasciam, che i Numi providi pensilio A quel, che ε tollo vedere agit uomini; Αl mal presente di amo or ripam ;Agiti it lato pol le sue sorti . Non manchi ii suoco ; buon vino rechisi ;Liete canEone te Mase deliino rTe , Ferdinando, te clancie , e i libri Scaldino pure, e me it Bicchiere.

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1 6 RIMEO DEL Ungo tempo adorat Ia vaga Delia. Quat divin Nume ;Al chialo lume d un bel volto amabile Cimo mi resi ;Aliora appresi a sospirare , e pungere Gia pria si fiero.Quel lusinghiero , languidetto, e placido Soave 'uardo ni riguard. ,ed ogni mia pili valida Diaeia vinis Il laceio strinse , che sembrb insolubile , mel dolce ri Che in tutio si viso vagamente spargesi Da due bet labri, Cui de einabri, o di pili niant porpora Tinse ii eolore Per man di Amore ; onde Et te sue pili servide Accele faci, Che a molli baci ognun , che miri, invitano , Si desce se caDa quella bocca. Ahi l quante volae s misero l

Io venni meno Dei latteo l.no con coimo, e solido Al lento moto, II eiglio immoto quante volae tenner Quelle acerbetae

Poma perseite, che gia mi sembraronota pio bella , opra , Che mai discopra dei supremo Artesice L industria, e Pariel Ma

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277pIACE V LI. Ma a parte a parte chi sipria roterea ulti gli assania, Che in mearo agit anni deli' ea pia florida Io gia sostenta pero ottenni quel, che pili desidera

Anzi di tante P e tante pene gravido Fu un breve gioco , me ii mio gran soco , eh' era inestinguibile , Vinsero alfine. Pue junio ἡ il fine di mia iunga inserua , Vinio ε vincanto ἔE tutio ἡ vanto delia tua perfidia , Delle tue hodi.

Non sδ, se godi, che io m sciolis, e liberuor ben conosco,

me sol di toseo, e dei pia amaro assentio

Furon condite

Se a tuiti io sui, Mentre tra tui sedeli nnun eredeamiit pia felice. Dali' infelice mia servita misera Un solo vero Fruito, e sincero io ne ricavo e grase, Delia, ti rendo me conoscendo dalla tua malletia Di tutae it core divino Amore in me pia cerea it nido ,

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che Don Ciccio G. . . ἡ un gran cogitone ἰ E cib , con una tes dimostraetione, Che pili chiam in Euclide non si apprese.

Ε, in fatui questa Verita pal ese , Io non mi servird d'altra ragione, Che delia propria sua consessione, Ques mi diceste, e quat da voi s inteis. La dote di sua moglie ei vuol, che senio Tredici mila studi, se en monti A sol mille, q trecento il valor vero. Adunque bissigna eod sare i conti: Mille, e trecento uniti a tui, ch'ὸ un χας, Ttedici mila son, M piu, M meno.

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Tu , che non leggi Pussendoris, nε Grotio , ri tu a li sposi quino benefitio. Non devi alfine eon un bel presietio, Tesset l' istoria dei Lucan, det Bruetio. Nὸ devi commentat Virgilio , o oraetio. Tu non devi spiegat Paol Manuetio, Dei sit due versi net sermon non Laetio, Jntorno ad una sica , ed in prepurio.

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Colpa stan delia Natura: Sol per rendemi seliceta Natura mi eria.

Not sifim rei de' nostri asstiani ;

Mentre audace ognun procura

ta saper quel che non ilice, Di poter quel che non Puo.

Se non vuole est puniro Con queir aequa, in cui l'ardito Uman germe naufragd. Viva it Gel , che es reo vieto Di toecax l' arbor gradita , me racchiude in se la vita r

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Chiari son gli umani errori r Perchὸ brami tu i impero per regnare. Ah l non ἡ veror Not regnimo, e servi tu .

S altro a noi tu non insegni, Cho it seper di saper niente Lo sappiam bastantemente e i Taci, Socrate , non pia .

A ehe servono i reseri Sol per togliermi la pace Α ehe serve i or fallace Sol per porta in servith.

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Regni Giove , ed ii prosondo

Suo consigito a noi covrendo Sol ne mostri it raggio ascoso, Donne , in voi di sua bella.

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Solo it Milo ne diletta, Sol nel bello fiam beati ;Perclia solo sim creati Per unirci , o Giove , a te.

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