Antonii Genuensis ... Elementorum artis logico criticae libri 5

발행: 1753년

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degli Epicurei, presso a cui te pereeetioni erano imo vimenti degli organi seni ori, e dei cerebro, prodotii vi dagi' Idolotti distaccantasi dat te superlicie delle cose , come che in mollissime cose discorda sisero, essi perb conveni vano in questa, che l' intendimento umano si a una potenχa passiva, e te sue per ceEioni, pastioni. I Scolastici non ne han mai dubitato: appresso di loro E amoma, intelle Ius 6ὶ potemtia passiva, perceptiones, cogitationes, intelleoliones sint passiones. I Cartesiani, cli' han prete so di ri formare

trina , essi l' hanno consermata , ed in un modo ancora piu preciso. It Cartesio non fac eva altra di serenga tra te cogitagioni, e l' anima, che quellatruo vasi tra te figure impresse in una cera , e lacera me definia . Il Malebranche ha seguito te stesseorme, si e servito presso a poco delle me desime similitudini , ne ha mai dubitato, che te perceatoniseno varie modifica Eioni deli' anima in let, non dat ei nite. Un Autore anch' esse moderno a chepassa per uno spacciato Gian senista, si s' ἡ accescidi fantasa su tat materia, che ha credulo, te perce aioni varie, essere crearioni substa natali deli' anima in vari stati, ed ha inteso con tutia la proprietam eta fisica questa propos Zione, eo ematio es cont-ntiata creatis. Io non dird nulla det Signor Poiret, e di tu ita ly altra schiera de' Fanatici 1 ei astun sa illor sistema toccante l' intelletio, te idee, e te per- cegioni , che vogitono non altro essere , salvo cheri verbera menti dati a superficie detranima dei lumesu stan Elate di Dio. s. Ma questi gran nomi an Et di recarmi spaven

to, mi hanno stimo lato a penservi con serieta , edhanno mi a gurgato l'intendimento a quel guardare pili sottit mente, che a questa materia si appartiene. D po qualche ditamina, sono entrato net sentimento, che

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che o tuiti questi valentuomini abhian pariato semaa punio intendere essi me desimi, cib che si dice vano; o veramente hanno esti degli uomini falle tanee macchine; o final mente introdotio un Panteismo.

E il vero, che se te pereeaioni sono passioni, et leno non debbono in conto aliuno prodursi dati' anima nostra , come dat loro immediato atriis prineipio , altrimenti elle sare, bono arioni. Ecco dunque tollodali' uomo i' intrinseco altivo principio, e sartane una macchina: ou vero stabilito negli uomini per principio altivo de' suo i movi menti P anima mondana, ea ecco un Panteismo. Ma questi Autori son iungida insegnare cost sat te dotirine. Chee non si sarannodunque in te si in partando, o avranno essi credulo chete perceatoni netristesso tempo possisno nascere da dueatti vi principii Ma questo stes o non pud intender si, o non pubreggere. Se te perceatoni sono azioni intrinseche , ed essenetiali al principio intelligente , comedue pri ne ipj intelligenti A, B non hanno la medes ma esseneta, cosi non postino avere te perceEi ni mera icamente medesime: e se queste sono meta ἀ- seamente medejime, saranno A e B meta fisicamenteun medesimo principio, cib che non puo reggere.

Che se si pone la percerione x. , per cagion d' esempio, intrinseca ad A, ma non a B, e citi per uscire dassa superiore dissi colla; aliora non si potra intendere, che cosa ella mai si a la perceatone x. perris petro at principio B. In ogni mantera , se leperceEioni ed intelleatoni nostre non sono in notaltro, che ρassioni, o convien sar deli' uomo una maechina , e una bambola , con cui chichesia sitra stulta , o introdurre it Panteismo , o dire unnon D ehe . Ed ἡ certo maravi glia , che eostoro s stenitori della mente umana,come di se ita naa propria

intelligente, e moventeci, non abbi an vedulo, cheem con un tal si stema an da vano a destruggerne tu ea quanta la natura, ch'essi pur cerca vano con tutiolo stario loro stabilire.

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6. In verit1 questa dottrina , che la delle nostre intelle et ioni tante passioni, pare a me, che indue solis stemi possa aver luogo. o in quello de' Spinosisti, oin quello degi i Obbesiani. In quello, perci oechε ε

concorde con cib, ch'essi insignano, non effer altro lamente nostra , che la mente ne li' Universo in notmodificata : in questo , perche secondo em te perinceatoni sono aetioni, e rea Zioni dei cerebro, pro-dcit levi , o aventino come the sia origine dagliesterni oggetti . ora polchε noi ne' primi due po- sulati de I g. 3. abbiamo date per salse ambeduequeste doririne, resta che in niun conto questa comune opinione de' Filosofi possa soste nersi. Ma ben-ehὸ io abbia prevenute queste sentenZe, pure Perme iter, U. E. ch'io aggiunga due sole parole per distruggere , se io posso, amendue tali sistemi , acinei oechε quelio , che pongo come certo , non abhia replica. . La mente mondana di SpinoZa ἡ tutia eterna, ha tulte te sue idee eterne, te quali sono necessa xi modet lamenti della sua natura. Spinoeta vi conis vlene. Egi i dice in termini chiari, ra ea Dei, ex qua .nfinita finitis modis sequuntur, uniea tantum esse potes Eth. pari. G. prop. q. Quindi e , ch' ella non pub altra mente intendersi , che come una infinita, e semplice intelligenza. Ora questa per sua natura non pub essere divisa in parti: ella e una, e semplisee, e pere id indivisibile. Per consequeneta douun-que ella ε, non E che tuita , ed infinita , e tutia infinita se inplice . Non pub ella dunque esser modificata da altra cagione: onde ne intrinseca mente,

ne e strinsecamente pub dipendere da altri che sa. Ora seella in no i pensa, it pensier nostro questa me- desima semplice infinita intelligenZa , plena indivimhil mente di tuite te possibili norioni , e forme rina, se noi non vogliamo inutii mente, e vergOgri

si mente dissimular l' animo, ii pensier nostro non

ἡ tutio , ne infinito egit si modifiea secondo Ie

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uarie impressioni dei nostro cerebro: egli dunque

distintissimo dalla mente mondana; e in conseguen-Ea it principio nostro intellettivo, e la mente nostra distintissima dalla mente eterna . Spinora sarehbesorrato a distruggere tutio ii suo mal pensato, epegingio ancora ricucito sistema, per rispondere a questo argomento. In fatii, chi potrebia sostenere questa sconcissima proposaione d' un uoino, che ha riem

pluto ii suo libro , non solo di paralogismi, mad' opinioni contro a' chiari sens delia eosci eneta de

tuiti gli uomini, mens humana adaequa am habet eois

anitionem eternae infinitae essentiae Dei Eth. partia. pro p. 37. . Ma che intende egit SpinoZa per la par la Dio in questa propos aionei l' inlisino n' aveadunque egit un' ad equata cogni Eione λ egli era dumque impazaato fino a farne compassione. Una me re eterna scevra d'ogni corpo lenaaὶ che' la conses.sava, mentre te tesse va contra un sistema Eh, eh'e' non inte se mai cloech8 egii strisse. Le quali cosequante volte mi si presentano dinan Et alia mente, ait retiante stupisco, come un libro, ponendo da una delle parti l ' empieta contenente cosi manifeste contraddi Eioni, abhia poluto essere non dird amismirato da chi che sa, ma pur letto seneta fastidio. Niuno ve n' ha , in cui , come in questo,

Velut aegri somnia, Danae H antur species, ut nec pes , nec caput tin. Reddatur formae Ma torni amo alia nostra materia.

g. Quanto atrobbes, io ho, pure ehe io non mi si a s overchio di me, e dei mio pensare in vaghito,delle dimostraaioni ancora pili chiare . Questo Fi- Io sola non polrebbe mettere in dubbio quei viviis di, e chiari sentimenti, che tuiti gli uomini , eheri flettono, e che sono di se consei, dicon o di sentire dentro di se me desimi . II Cartesio ha vedulo bene, che per quanto possa un uomo dubitare Mogni altra cosa, e non pud certamente dubitae dix. k a que

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.ppartengono alia natura nostra. Ε' indubitato chetuita la Pseologia . o sa scienaa deli 'animo , di- pende da questi principi. ora clascun' uomo offer. va bene , eh'egii non solo pereepisce vari oggetti, ma ε olire a cib eonseio delle sue perceEioni , exisset te liheramente sopra quellet donde seguita, chesono in no i percerioni di percerioni. Se ogni per ceZione ε un moto prodotio ne i cerebro , la perce-zion dei la perceZione sara un moto d' un moto , oun moto sopra se stesso, o riverbera mento d'un moto, cili che ni uno uomo , ii quale saecla professione leger Filosofis , elo di partare intendendos , vorre M per avventura dire . e e' non volesse ro vestia remite I'idee, che noici abhiamo delle cose, e eercaretina scien Za, la quale sesse Hor det numero delle sue idee, e che non fosse fondata, che net non δε eis . Pili per intima eosci enaa sappiamo , che noi non

re laetione: chlamisi la perceEione della relazione, X. se ogni idea o perceEione ε un moto, saran per lomeno tre mori in un giudirio Α, Β, X: ma come A non contie ne B, ne B A, niun singolare conte. Nendo un' altro, ma se solo , siccome ε di perse m n isto a chi unque vorra attenta mente la natura d

gi i esseri singolari considerare; cost X ne A contiene, ne B: pertanto quest' unione di A, e di B, ch e la percerione x , clo della rela Eione , non pubeontenersi in muna di queste tre . Ed ecco comequesto sistema ei mena a negar aver no i giudirio effa Ziocinio, cloe a r in negar l' intimo nostro sense , e farci, o vogliamo, o no, non solo bestie , mapure macchine . Ma si v uole estir pa Ero , per in tendere a si fatre novelle. q. pongasi ad unque essere la perceatone arione,

Ia quale nasce dati' anima , e te E essena tale, ed im-

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manente, dove pare, ehe la ragione , e 'l senso e mune degi' uomini ei porti: ed ecco noi saremo obligati a confessare , di essere at hvio sopra la natura,ed origine deli idee,od essere queste cose in intelligia hili alia nostra mente .' primamente, diremo no i chel' idee sono esse percerioni , o da quelle distin te Z Ese sia vero questo secondo, saranno elle innate, ocreate da esse mente , per occasion de' moti dei eorpo a. o prodone in no i a ei ascin uopo da Dio ὶ 3. S ranno spe ale che ei provengono da' sensi q. Saranno esse idee di Dio, ehe noi vedia mo in una esse

aiate unione eon esse luist O final mente quale he non se che or tutio questo m' eguai mente ignoto . Io. Primamente, poghiamo non essere altro leno.stre idee, ehe esse percerioni; e' sara for Ea , che,c me te pereerioni non sono. che arioni prodotte da esse animo, o dalla sua essen Ea per necessita di natura emananti, cost lo sieno anche te idee. In sat-ti questa e la dottrina dei Lethniet, e des Volso. S condo questi Filosofi dat primo stato deli' animo inintelligente dipendono tui te te sue pereegioni, te qua li sono serme intelligihili, ne ite quali si rappresen'tano te eose sensibili. Ad unque queste perceatoni, o forme, ed idee, ehe chlamaret vo gliamo, intelligibili, in niun eonto derivans da esterne cagioni: tuinta la loro ragion sum eiente E in essa essen Ea, natura, sostan Ea deli' animo. Ma queste pereerioni sono

forme di eose possibili solamente, o di cose esistenti ea landio Z Io non intendo ne questione sopra ii primo : e non comprendo it secondo. Io concedo v

lenti eri questa produgione di forme di eose mer mente possibili potetsi sare datis sola natura detranimo. tutioch io non ancora n' intenda it eo merma nitin' uomo intendeta giammai , pure ehe siadella nostra rarga, che la mente , la quale affat- eo ignora te eose es stenti , e che non ne tr va in se 'erun' orma, e che non ne riceve vestigi

da eagioni esterne , se ne possa fare delle imagini.

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. α forme. e eorri spondenti ad esse eote . N

io mi ci sperdo . Questa serra ε ancora maggiore deIIa creatrice: final mente la creatrice non produce , ehe eib ch'ella intende: questa produce serme di e se , che non intende : ne te produce di cose come possibili, mapure esistenti. Questo ἡ un bello indo vinare pare a me, non altrimenti, ch' un pittore , chepretenda di aversi satio de'rit ratii di eose, di cui egii non ebbegiam mat idea nessuna. Ancora questo ε rivolta rci net pili tenebroso Metticismo,che si possa fingere, circa i' esisteneta delle eo se corporee: e r in nega. re inita I' evidenta de' sensi: ε traὸ ire it chlaro se timento delia eoscien Za. E mi mara vigilo forte,cheii Volfio, in partando deli' idealismo it dileg i, e ldi ea nato dalla seuola dei Malebranch : po icheio non eruo vo sentimento, che pili diri ita mente ne menia lini' idealismo , cies alla sella di credere menti . edidee,e di negare tuitiquanti i corpi, quanto l'armonia

prestabilita dei Lethnia e dei Volfio . Ε ben E daeredere, che se ne accorgesse ii Uolfio, quando neIIa psicologia Rarionale con tanta maestria andb di Iatando questa propofizione, ehe quantunque nora vi fossio serun corpo ne ι' uniismo , feeuirebbe non pertanto ranima umana a far is De fumioni,non diminamente, M al. remente da quelio che ora 1 a. Ma egit E fovere hio oggimai di balterci in questa materia. It comun senso de

pili illuminati Filosofi di questo secolo ha satio, chepid non si dubitasse di questa dottrina . Che la mem

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nostre pereezioni , Ia eui maggior parte , ei οε le rime, e semplici , che sono gli elementi della sua

cienZa , la mente riceva per di suori , non si cret. Via su ; abhandonia moci a questo lenti mento, dove pare che la piu verisimile ragione ei porti; chedi- remo final mente e he sieno queste serme Il dire cheson ea ratieri , e suggelli deli' anima , ch' ella porta seco col venire at mondo , E un bel partare, spare a me, senEa che chi parta, e chi a scolla s'intendano . Non ni ego io gii esser possibile ; ma io non l' intendo. Pili che ii di iam ino , pili mi si is in intelligibile. Io non intendo l'anima, ehe come unaso stanaa sempi iee incorporea , e tutiaquanta artiva o in una tal stan Ea quali ea ratieri posso io immaginarmi olire che tueta questa dottrina deli' ideeinnate eccetiuato se per idee innate non si prendano esse naturali inclinarioni deli' animo, che con-vien essere con esia nol in generate , come naturali leggi e mee canichel, per cui fiam portati at nostro ultimo fine , simili in eid alle leget naturali della materia; ovvero quei giudigi , che natural mente vengono in testa a tuiti, e the son detre prime e naturali verita questa dottrina , io dico, non ladistinguo nὸ poco. nh punio, dat te favole de' Roman El. Chi potesse darista ad intendere per Vera , gli converrebbe, che o non intendesse , o potesse a sangue heddo leggere tutioci b che S. Tommaso,

per mio avulso, ii pili grande de' Metafisi ei, it Malebranch, ii Loche , ii Rudigero , ed altri hanno

contro a questi logni de' Platonici seritio , che vera mente non altro nome si meritano , che di segnid' insermi, e di sole . Ma tralaseiando ogni attracosa, che io non penso di troppo internarini iaque sto eo tanto faticoso rintrae ei amento. egi i E certo damara vigilarne, cheta iuni riten gano queste larve delleide e innate, credendo che esse seno d' un gran sussidio adisendere la Religione contra a' De isti, e' Libertini:

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non m' in ganno , ch' e' non v' abbia eosa che pili loro favorisca . Perci ocche stabilito una volta, che tu te te nostre idee seno torme ingenerate con essonoi; ecco isella tu ita la necessita della revela Eione , edella esterna legislaetione : questa E severchia , do venoi non percipiamo altro, che cib che ε in no i meis dbsimi. I De isti ei si tro verrebbono assat e modi oesti si ridono della Religion revelata , ficeo me dicosa verchia , e inutile : ed avrebbon in vero trovata Ia piu gran ragione per combalteria . Se non che ly ε eost nuova nella Teologia questa dottrina.ehe anai di trovarne vestigio nelle Scritture , o ne Teologi sino at Cartes o , vi si triavera manifestamen te insegnato lyopposito. S. paolo non ei lascia dubitare, che Dio, e te cose divine, non altrimentida noi si conoscano, se non per la via delle creature, che son segsette a 'nostri sensi. I Pa/ri tuiti, e turti i Scolastici Teolosi han sertaro l' istesso lingua getio. Che se noi leggiamo nelle stritture , che Dio e' illumina con interni movi menti, deue intenderit , o di essa ragione , che a tuiti da , ed in tutisti conserva , e che chiam a si ragio, e vestigio dei luis me divino, secome E in salti o vera mente at di se pradella ragione , ne li' ordine della graetua , di cui io non intendo partare, e Pon gia in quello della na. tura , di cui io parIo . Mal travolgono dunque lasemplieita delle divine stritture i di sensori de trideein nate: essi vi vanno con anticipazione, e vi tr vano, non cib che lo spirito di Dio vi ha deitato, ma cib ehe essi vi portano nella prevenula fantas a. Μa tomiamo at nostro proponimento, Pere, it eammis λ iungo, e 'ι tempo δ eorto. tr. Avvi di que'Filoson , che hanno per sermo, non potere te idee nostre intelligibili pro uvenirne, ne da' sensi . ne da essa mente nostra. Costoro prima non intendono, come dat eorpo, per una distaneta infinita di esseneta, eh' ε tra it eorporeo, e l' incor. poreo , poliano neli' anima agglugnere i moti e te

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32 Arme corporee. Pol son Iungi da poter capi re, chela mente scevra delle cogntrioni delle cose , possa per veru na mani era formarsene delle imagini, o ide e . Per la quat cosa sono eis ricorsi a Dio, cid che sono stati soliti di fare tuiti coloro, che per quantunque ricerche han falle, loro non 8 venuromat satio di v edere ne ita natura te tagioni, di quel fenomoni , cheem investiga vano . Costoro pens an o ad unque,che Di produca in no i tui te te idee nostre . a tenore de' movi menti, che net nostro cerebro si destano . Questa dottrina avea si altam n te poste te radici net ea podet dotio Gian senista , ehe io sopra mentovat , eli'e', come dissi, ea van Eb sino a dire, che pol chὸ lei dee e te cogita et ioni sono secondo lui una eo seme- desima, e queste sono realita sostanetiali deli 'anima ; in producendole Dio, cret ad Ogni istante quasinu ova la sostaneta deli' animo . Io conosco the Dioὰ ii primo Autore de' movi menti delle creature e ni una dottrina pub dimostrars con pili chiare zaa :ma io sono altrest certo , che , come d ce un gran Teologo , sia grande argo mento di de boleeteta di causa , ii vedere, ehe non si pub ella sostenere altrimenti, che eoi ricorrere a Dio. Tuito Dio op ra nel la natura: ma non tutio vi opera immedia tamente , se non vogliamo farei Pante isti . Donde segue, che nella indagarione delle eagioni de movi- menti naturali, non si debha rieorrere a Dio, comea principio immediato, se non quando nol samo cer ii , non esserui serra alcuna nella natura , e' ne l-le cause seconde, donde quelli possano dipendere: Οve

Rano est luse. Ora questi Filosofi hanno em dimo- strato con evideneta che non ei poma essere altra castione deli' idee nostre suor di Dio Han prodote demostraEioni, ch'ella sia Dioὶ filio a tanto chlamnon Pavranno satio, essi si hhri cheranno in artatu

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