Antiquitates Italicae medii aevi : sive Dissertationes de moribus, ritibus, religione, regimine, magistratibus, legibus, studiis literarum, artibus, lingua, militia, nummis, principibus, libertate, servitute, foederibus, aliisque faciem & mores itali

발행: 1773년

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Per o limit a Citta di auia,

Placen Za, armigrani, e Modeneli, anco 'Iant ova pure ne sentia.

Per vendicar Ie rice, ut olleli, De suo nam do che tribui deves e Tutti l beni come a lor piacla Compit fu che non ci fur di fete. Tullo uel di Cremona dato avia. Ario Cer uri ne tu audat . Venne a Mantova con sua Compagni a.

Tulli li heni di Virgilio dato

Furrono ad Arrio integra mente. Virgilio ne i u molio turbato. Notabit eri scri ite di prella te. Mavitia vae miserae nimium vicina Cremonael Di mant ova parti immantinente. Verso di Roma si rei ad an dare, Per vole feller alto Imperatore, Con spem de suo hen ricuperare. In Mantova si era gran dolore. Limitta dini rubar si edia . Gran piant per a Terra fur allore. Arrio con sua grande tirannia, Consentia a cla schian gni mallare, Dando loro e iturio e balba . La Torre de Comun fece amm dZZare, Che Campanile ad cisso si se chisma Di Santo tetro, come ad esso pare. Rit orniam a Virgilio che si rama D'e illare a Roma con Ottaviano Male contento e con a mente grama. Cinnio a Roma pensi e fece non Vano, Di mesticherra 'alcu non avia; Furcia res diis valente Romano.

E con uello partava, e gli dicia Dei suo fatio, e come gli era stato, quali modi a tui si paria Tener ovella Lui ebbe pensato, Che supplican et a ita diano esse, per a modo lui saria scollato.

Virgilio non parve che iacesse Da lui partito, termina altro fare, Che amitavi an oglia venisse Di volerio conoscere, e partare. Cost ella sua mente ebbe pensato Di vole tempo u poco aspellare. Lo Imperatore ordin' avia dato, Di oler altro torno cavalcare Fuor della Terra, ov'era ordinato. La nolle gran pioggia con gran tonare. Lo torno fatio' tempo scilitaria. L' Imperator si misi a cavalcare. Tom. XVII.

A Virgilio due versi si faeta

melli Uersi id lo Imperatore. Volle apere chi fati gli a via. Egeus Poeta si ava 'onore.

Gran vergogna die tro ne rice via.

Come Virgilio messi ella Caledra Imperiatois Uttaviano altri versi, HI ce

O Uando Virgilio questo sapia,

Volle che 'Imperator si sapisse, Ch de versi gli era et to bugia. Altri Versi di subito lui scrisse, in questa forma si fu lo suo dire, Walla stranna Imperia li misse. Hos eho composui Versus tulit alter honorem.

Sic vos non obis. Sic vos non obis. Sic vos non vobis, Sic os non obisis

L Imperatore si volt sapire, at 'era che questo scruto gli avia. Alcuno di Virgilio tengli a dire. Ordinoe che per tui mandato a. Volle a tui sapere a certeZZa, Se quelli versi tui pur critio avia. Rispose, gli area gran folleZZa, Ch alc uno nome si volesie dare Di uel Io, che non era sua atteZZa. E che oveste per Egeus mandare, Ch i versi manchi compi re oves se. Chi fecerati altri, o sape benesare ordino che per Egeu si mandesse. Venuto, 'Imperator pli dicia, Chera versi manchi compire douesse. Egeus di presente i spondi , Ch quelli versi non apri compire. Virgilio a tui si gli dicia. Imperator , quoi vi ho en d re , Chi fece εἰ altri, apra anco fare,

Se comandate, che si dea comptre.

Lo imperatore si ebbe a comandare, Ch quelli versi compi ii oves se . Virgilio si ebbe a cominciare.

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Si vos non vobis ellera fertis o s. Sic os non vobis fertis aratra sυes. Sic vos non obis mellificatis apes. Sic vos nou obis nidificatis aves.

Egeus co suo animo di messe, Coa vergo a disse ali'Imperatore. Che di tui misericordia si avesse, Che non uardasse at suo grande errore Di uello che tui si se avea antator

Lo Imperatore gli ebbe perdonato. Conobbe di Virgilio ' gran sapire, Di present i ebbe rico mandato. Pollione e ecenate, a vcro diro Possenti eran coli' Imperatore , tra di loro si ebbono a dire Per fare a costulis grande nore, Togitem a far conflui domestiche eta, a d ire ello ire ii suo valore. Furo con tu con iace voleZZa. Virgilio con loro si partava. L obber udito, eis ebber allegreZZa- Virgil io an cor si lor contava Di sua venula a vera cassione Mambedue molt lo ascollava. Mecenate dice a Pollione, L Imperatore oveste regare, Ch renderati facesse sue agione. Di presente si secero a partare Allo Imperatore gli diei aD Virgilio gli viene a recitarct. I 'Imperator che volontie gli odia, Per Uirgilio subito ebbe mandato Che lui a bocca dire obolia. Virgilio' latio suo ebbe conlato. Lo Imperator' aliora comandRυ , Ch a anto. lasse critio e manduo. lettere at presente si ordinava, Ch gli suo beni gli osse rendutiis Irgilio eo mi at si pigilava. Infra certi termini compluti Promis tui a Roma di ornam. Giun se a Mantova Furo a tui vinuti Tulli eli amici suo a istare, Domandando come tui latio avia. Virgilio a loro gli ebbe a contare.

Postia da Arrio tui si se ne gia,Le sue lettere si gli appresentava. Comand che i suo ben ronduti a. Come gli Me tui si se ordinava De suo salti come si ovea fare;

verso Roma tosto ritorna Ua. Giunt a Roma si fece appresentare Avanti ' Ottaviano Imperatore. E Iu lo fecerae mola accellue ψ

Pollione allor e Mecenate ancore Lo videro con gran piace voleZZa, Ciastu dicior ostrando grande amore. Poco et ch egii ebbe n allogreZZa. Falto fumancelli erra Imperatore, ' maggiore tenui per certeZZa. Cias cun gli face grande uore. Filoloso e Poeta di grande ZZa, Di Rettorica si raclo maggi Ore.

L avveni mento di Crist prolati Zoe: Nella Bucolica sua di valore Questi notabit versi compiloe.

Jam redito Vireo, ededint alumnia Re s. Iam noDa progenies Coelo demittitti alto.

La gran scieneta dici, si se pande.

Pollione e Mecenat lo regare, Ch farcior debba una graZta grande. lui placer debba di do ver fare AI n'Opera che Ii renda fama, La qua si si nello poetare. Voglia far questo, ch'e','hanno gran bram M

grande Onore.

Per Pollion a Bucolica compose. Per Mecenat Gezrgica appara a. Ancora ita via con a sua vose, Uolle che 'Eneas u deseri veste.

Di fario volonti ercia si dispois.

IN questi tempi mostra che nascesse,

Che Virgilio si se innam orava D una iovine, che asses gli placesse. Quella donna poco di tui curava. FigIia rara' uno Cavalier valente. M pur Uirgilio molio Ia acclava. Virgilio era di persona possente. pastati trent anni si se avia, Quando a quella doma pose mente. Quella Donna allo suo patre dicia Deli assedio, che Virgilio te ava. Que Cavalier dispello ne prendia. In suo animo subito pensava, Di vergo gna Virgilio grandemente. Colla figi viola modo si trat lava.

Questa

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u illo in Roma pollente, Un Palat/o con una Torre via, Che di belloeta era apparis cente.

Alla figi iuola ordine alia,Ch'ella a Vitellio do veste mostrare Con tuiti l atti, hae eo ali volia. eo tuo Messo ovcule traitare, Lo quale a Virgilio dicelle,

Cub ch e volea, era contenta fare. Ma una eos volea, cli ' capesse. Che o Palaeteto aliora era chia Vato. Non 'era modo cli 'apri si potesse. Ma una cosa li avia pensato:

Che per a Torre lui postias an dare, Se ui serbasse ' ordi per ei dato. Con una fune si possia mandare Una Corba, in a quale lui en trasse, quella ui si faria irare. I. Mesto and a Virgilio, che pigliasse Ordin et di, he 1 far si ovia.

Ali xv alter prande allegre ZZa nasse. Venne to torno heci ordine Via. Vira ilio an eo con queli ordine dato. Di nolle ella Corba si mettia. meetro della Torre suo iratori la fune di sopra si firma va. Si rimate Virgilio ergognato. La attin i Romani se ne adava ve de Virgilio com e stasia Nella Corba E cias cun lo bestiva. OttaViano, che questo sentia Mand b, che ius fosse assogato. Eu fatio. E molt lo ri prendia.

V Irgilio che si ede vergognato,

In suo animo subito pensava, Di far vendetia ebbe terminato. Fece in ' foco tutio 'ammorZava. Non sii tro vava alcu che foco avesse. Lo ooolo Roman si lamentava. Ottaviano, a qua molto incresse, Per tuti ii suo Savi manda va,

Che 'lavor cito modo si tro vesse. Tulli quanti a tui si se scus a Ua, Che d auer soco no saperia fare. per Virgilio allor si mandava. Lo moeratore si res a regare Virgilio, che modo debba tenire, Ch di foco Roma faccia abundare: Vir illo aliora si ii tene a dire, Ch se foco si devia ritro Vare, Convien che ' Cavalla faccia venire

At sua figlia in Plaeto, e quella accoηciare

In qua tiro i iij, cui coperto ita Chiis orta loco, a cui vada a impiZZare. lo Imperatore quest increscia

Ch era fi lia di nobil Cavaliore. grata vergotii a lui si ne saria. pur di foco si face a melli re, Che unda uello non si pollia stare.

Fu mandat per uello Cavaliere. Lo Imperator si gli prese a partarer Io mi su ma ur conυten che sa, Che te id 1 o non possem stare.

E pur en deita mi e s v geemo, Chemi ilio si e ora a caelones Ma Iacio che sa, en to a heremo. Lo Cavali e con mala intenZione R ipole Si pur uello chera voi piace. Di far vende ita ave cor di lone La donna in qua tiro pie post si iace, Lo culo dii coperto si tenta. Per foco a a chi bisogno face. L uno ali' altro a foco non potia, Perche eci' uno eci' altro 'ammorZava. Per se gni Casa tor ne conveni a.

Molli torni pa illati gi si flava,

Aneti che Roma di foco ornesse. Lo a vallere gran dolore portava. Ma Virgilio che a tui non increpse Per vendi carsi, allegreZZa facia. Contento era, che classeu sape se, Che ustilo incant tui fatio avia, Per vole la sua effa vendicare, Non curando di que che si dicia. Di foco fornit senZa mancare Ch fue Roma tutia a compimento. La donna a casa furiatia ornare, Lo Cavalier face gran lamento

A lo Imperatore, e si dolia, Che farto li era si gran tradimento is Che di questo iustiria far de hi a Che la fi luola e lui son vergognatiῆ che Uirgis, a tui dato ne a. E T' Imperator rispote se Non dubitati, si Che questa costa io lasci passare.

si Sara punito de hi suo peccati. Per Virgilio allor se mandare. Presente i Cavabero a lui dicta: Dura morte a meritata fare.

a La

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Ne mergognarmi con tanto dicit in .

Se I fome savio, avria aput fare, Che ui ne me non fari Uergognato. A Do Ole si mollis Dddisfare. TAIte que se agioni 1 ho allegato. φὶ se fastet quello, ch e P amore: Che molli ara in uello a allato. U uno e P altro diaci Imperatore. M in effetio pur duro ali paria La vergogna fati e lo dilon ore. complacere a Cavalier volia. Uirgilio in prigio fece Acciare. Lo Cavalier contento Via.

om Getilio su imprie onain, e come talitis di prigione per incantamento. prigioni di Roma e da notare. ι Un muro ' in torno alto si gia,

accas ato ove li post stare. Nel merro gran Cortile si se auia Doυ lo dicit rigioni eri aua,. I tra lor placeri si desia. Virgilio ' and arsene pensa vae

Ne Cortile una nave di segnoe. Li rigioni eri tuiti di manda va. anda se o tuiti loro preROe, Dicendo, se con ut volia an dare. Alcu per effa 'andar accelloe. In quella nave si ii fece entrare. Ognun per remo u baston dasia.

In sua oppa si se mite asset tare, a classe uno i loro si dicia.

Ciascure di tot a naυiga se diis niente, farto non e indusiati. Da te p=igioni tuiti ci sciremo. Consimo t. E farete liberati. Quando gli parve, disse is Date a rem . ,, Clast an mostra va forte navigare. La nave si leuci. Disse is Anderemo is

Fuo do Cortile si edea an dare; In verso Puglia a nave tirava. Per aria a deita si edea irare. I rigioni eri , he in prigione flava,

Che ella nave non volt ero entrare, Ved ut i satio, tuti lamenta V a. Virgilio a nave fece calare.

Quando su in uogo dou egi volia, In terra piana a fece stellare Que ch era dentro tuiti uori scia. Vir illo con loro si partava, . da uelli comi ato si prendia. La nave subito se distant ava. quelli linera dentro se 'andoe. Virgilio verso Napoli tirava. La uardia de la rigione portoe Questa novella allo Imperatore. Di Virgilio fuggito recit Oe. Decii prigioni erat disse ancore

Ritore iam a Virgilio, che se pia

Napoli credi tegni la via. Purcio senti ero si ven ne a fallare. Passati ii Vesperi si se tro vava Appo una Casa, hi edendo albergare. Lo povet uom cogi gli partava. se olentie di quel ch'hb io vi aroe.

Virgilio e lo compagno accella Ua. Dentro a casa loro si se en troe. Da be non 'era, poco da mangiare.

Virgilio a femina domando e .

Meremo niente a cenare

La femina allor si respondia. De paue Oremo, cia porro mangiare. Vino non femma dicta. Disse Virgilio I suo compagno z

Utva non e matura Com farete

Virgilio disse: Ben jarem patio.

Diffe

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'aliis r aequa et oi s lo impie rete. Or. inato it vino prese a partare

virgilio a suo compastu si dicta:

un Spirito ne mile in via Che a Roma subito ui en andasse, che alia cena ' Ottaviano si . .

Che seneta fallo lie gli portasse

La imban digione de Ottaviano. Gillla pretio, e che tollo ri tornasse. Quello Spirito non an donne in an O. Un grano agi iero di came allalleCon molli polli si se porto in mano. Di questo a ita viano non increlle. disse alio Donete , che o servia,Seci' ha edulo hi ' taplier togli esse. Di vergoetna it Dongi l si ri prendia.

Rispos Vi esto mi par incantamente. Nou o p uor, che cosa quessa sa. Ottaviano seneta mancamente

Dille: 'MitGn, queso a fati fare. della εffa allogr la mente. Torno a Virgilio, che uole enare. At Botticino incanto si facia. L acqua perlatio in si e tornare. A cena tuti in sieme si mettia. Avea molt bene a mangiare, molio en da bovere si avia.

Andoste ne a sera a riposa re. La attina per tempo si levava.

Virtilio allo Villa prese a partare. molto ui e et ingraZia V a. Do Vascello de vi gli lene a dire, Che uel per ben' andata gli lasci ava. Cho non volesse ma loro ediro, . Che osse dentro di que Botticino, notassero ben tutiori suo dire.

questo non mancara mat lo inor Ma se dentio Oi ai ci guar rete, L Vaste non Di rendera pia vino. Viradio allor Dio rimarrete. Co suo compagno a Napoli Pandava. In poco 'ora a Napoli se vete. Fece I entrat , he non demora Ua.

L Oile I risposta gli se corteis;

Cho parve a lui homo di virili grande. Rispos o contento horae interie. Poco steti est la fama si pande. Ous e metu socia schedun dicia. Chi qui condotio qui ' san paria grande.

Co instes domelli cher. I. prendia. I valenti lo pian a isitare, E ciuiti loro grande onor facia. Alc uno lo com inci a regare,

Ch in Napoli memoria lasciasse Dei gran saper che di tui a partare, che questo prego tui accellasse.

A et tempora ostra che vera

vir illo uno diice polo valente, Ch Milino per nome si dic esse. Roma gli criste, che di presente mapoli da lui debba venire.

De suo venire alcu non senta lente,

Melino di Roma si e i partire. Napoli subito si arri voe. Virgilio a tui si ii ebbe a dire.

Tornare a Roma si ii comandoe: Roberto dὶ che ' mi Libro ii d a. Di non legger u in uel loci pregoe Melino tost si se mise in via. D e noti non eis di eam minare, Tanto che tui a Roma 1 iugnia And da uberto a di mandare L Libro de suo Masitio, cheri mandava. Gliel die Ruborto senZa di morare. Au ut it Libro in die tro rit ornava. Di Roma scito opha gli venia

D leghercio Libro lui si ramava. Come a legger o Libro si mettia, Di Spiriti moltitudine granda

Contra di tui tuti se ne Veni a. Che ' o tu che uoi tu P utri di manda. Melino allor tutio si pavent Oe de mori r ebbe a tema granda Melino si ore se ad argumentare, di presente a loro comanda Ua, Che wella via debban falegare, Da Roma a Napoli a compi menti, Ch sem pre uella ne ita debba stare is

Gli Spiritici furono libidienti. Quella trada si fece legare Di assi ivi senZa mancamenti. Melino a Napoli len a arrivare. Virgilio molio forte Dri prendis.

Tu i ostio ν sic di morire. Coa lui di questo face gran ament

Virgilio

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Uirtilio lasci di pili non dire. Ricordandosi uel ch era regato Di fare alcuna cosa uot Vedire. in suo animo ebbe deliberato,

Nigromanetia vole operare, per gran fati esse nominato.

Caste dati ovo uello si e fare, Mnel P acqua uello si fabrico e

Che ancor si ede e per opera pare. Ancora oltra di quello si in cantoe,

Una nosca in unoetro incantava ,

Che tuti l attre mos che si acci oe. Alauna ossea in apes non entrava. Quo sto a Popol grande mente iacia. Maon 'altra fece che tu si montava. Uina fontana ' incanto facia,

L quale sempre otio sit it lava, da gittare mal non 'astenta. quello otio si continua va bastamento di quella Cittade. Grand allegre ZZ il Popolo enava. Alire cos e di grandi nouit ade Uirgilio in quelia Terra facia, Maravi gliose e di grande bellade.

Ottaviano , he questo sentia, Di Uirgilio non pote comportare, Che suo di Roma sui stare debia. di presente sece comandare, Che per Uirgilio si a mandato, Ch a Roma tu de baa Ornaro. Virgilio fue a Roma ri torn3to. appresentandos allo imperatore, Da lui u molio bene accellato. Con Octaviano si sermo allore, da tui grande onore si se avia, tracii uoi si furiatio maggiore. Virgilio che troppo si alia , Da tutia a gente era ben amato, grande Ono da ias cun gli veni a. In questo tempori ch io 'ab recitato, Nacque che ita via convien an dare Neli Asia colla sua gente armato Si stet te grande tempo in armeggiare, id quella parte si ebbe vittoria. Poscia pens a Roma ri torna . Virgilio , he avia grande gloria Dei suo ignore ch a Roma tornava, E che t tenui avia tanta Uittoria,

In contro no a Napoli si and ava, Comei nonci avel mai edulo. In uel tempo lo Sol molio caldava. Dallo gran caldo si fu combat tuto . Infermo a Brindisi si e portare. Poscia a Napoli ancor si fu ridulo. La morte che a nessu vuo perdonare, L anima dat corpo si se partia. Tuttaria gente laci lamenrare .

In Napoli sepelito venia In Via Puteolana a grand onme. Di sua morte que Popol si dolia. Anni inquantaseit avia allore Ben quindici anni trapassat era, Quando acque o nostro Creatore. Ottavian, che venia con sua schi era, De la morte di Uirgilio dia; Di gran dolor e lamentanZa cra. i sus Saroni aliora si dicta

Di scient mort lo pia valente e Non credo che et mondo I simi sia. Prego Dio, che graetia gli consente, Ch P anima sua debba accertare. L fue iriud non ' scira. di mente. Ne mi dolio. Non pus io altro Iare.

TIberio anni re tui si vivia

Dietro alla morte di iesu Cripto. Di uella morte gran dolore avia, Crocefisso e mort Giei Christo Londino Cavalior : fu a uella morte Pentito de peccato e bene tristo. Dolea si ' esse stato in quella sorte Di quo che Giei Cristo mort avia. CG gran contri Zio se dolia forte. Longin , he curta ista si avia, Quando di lancia di ede ello anco Cristo, e sangue o acqua se uscia. Albiso suo and de Sangue Santo, di presente ut fu illuminato, Si che il edere a tui non era manco. Alio Longin ridando ebbe perlato Ver Fittius Dei era costui, P. tost uncia verroi ebbe pigliato. In lo quat laveZZol portato eraiscet e fiet. Di uello abbeverava Con a sponga Christo evanda fera. Di ac glier que sangue fati coe . In 31ello laver Zol lo reponia. Poscia illa casa sua se portoe. Fuor de lave et Zol lo sangue rasia In una ampolletia uello si mise, molio caro presso se teni a. La mitigia, ch'e' avia, si demisse,

interamente lui si se dispoisD' esse buo Cristiano tui se mise.

Dicia a cias cun con hiara voce,

Che crede vopli ne Figliuo di io, Ii qua su crocefissocia uua Croce. Longino

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222: in venne tanto uono e pio, tutio it tuo a ioveri alia Fuoi di Gerusalemme se ne uo. I. Ampolletia da lui non si partia.

ivata destro ne camminare,

Porcii molio cara se la tenta. Di Terra in Terra sece lo suo an dare.

Tanto, che a Mantova lui arrivava, Coi a Dio piacque che ' do veste fare. Ad uno spedalet to ut i and ava, ve Santo Andrea e siluat . D alberga v il Priore dimanda va. Corte semente lui si tu accellato.

Longino i si sermo di stare.

L Ampolia eli 'Orto ebbe sol terrato. molio lotio quella fece andare. La Sponga seco ancora si mettia. Pol si mile la ede a predicare. Predicando dicea, che si credeste

In Cristo bene det, io di Maria Fio di Dio e questa ede avesse: si Idoli adorare non debia, Che so Demonii a Dio acetati;

rida si debla acia uona Via. Da lui te genti erano am maestrati, Le viriti usare e libi et lasciare; Facendo quest aranno a Dio amati. Tullo a Popolo com incio ad an dare

Ben volentier a sua predicaZione, Perch di ben' eracio suo partare. Pose la gente in gran diu OZion , Si che .gran parte volentiori gia, Do 'egli era con consolaZione. Octauius praeses a Terra reggia.

Dicte che di present osse pigliato, che in angi a ui me nato a. Quando in angi a tui fu presentato, Ottavio disse, come si chia mava, che ' suo nome non tenga celato. Longincio nome suo manifestava: Dicea I sin Longin Non gliel negoe,

di farsi Cristi an is o regaUR. Di qua parte tui era , domando rLongino appleno si gliel ebbe Nio.

Perderet te anim feneta peranaea, Poco arraυυ lo penti dretani. Tu dei olere crede con fidanea In Iudio adre viro creatore,

Lo Praeles tost in furia si sale. Gridando dice Musea it traditore. Fece porta subito ii dentale. Cli e cavare i denti a gran furore is

L lingua ancora gli fece agitare Di nequieti venia in gran sudore. Longino milemente opportare: Concia mente e col ore si stasia; verso I raeses si res a partare. Se tu credi che δι' Idoli Di sio, Lasciam con loro doυere fare Adopri a sua foreta, e me la mi . Lo Praesul contin a tui res a partarEO solio, tanta pena a sonortata, Che riuo non 'ra enuto alutare ZLongino ebbe la risposta apprestata. Diis': Io non o fentito i tuo martiriam te ne accorgi tu uom hi enoto Et ancora quem ti retio ire.

Lo Praeses gli rispos di presente Decii miὸ Dii ieeneta sci do , Cia tu si ostendi δε tu e possente Longino aliora tost si piglioe Una secure In te statue feria. Era di sata. A terra I gittoe . Tulli gli adornamenti disfacia: Di que Templo tuti a terra gittava E illi altri, o tutio a terra se ne i a.

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Li Demoni, che elle statue flava, Per da rispost a chi or richi edia, Gridando forte, tuti se 'andava. Sacerdoti, che ne Templo stasia, Di questo fatio avia gran dolore,

Ch li suo i ii diffatii loro si a.

Al Praeses partava con gran furore, Dicendo a lui com 'avia consentito,

Lo Popolo si su tutio ad unito. pregava Longino olce mente, Ch si si forte, e con it cor ardito. che lor' anco dentro a sua mente, Voglia Cristo benedet to adorare, que tenere per Dio Cnnipotente. Longino dendo quello tuo pariare , Si is a Dio in inocchione, umit mente lo com incidis regare. IH su isto fece OraZione Che que Demon tuiti via cacciati Fuor a Terra vadan a annaZione.

Che uel Popolisti a raecomandati: Che loro si se acci an atteZZare. Si te hera anime loro se beati. Cristo ei audiu lo suo regare. Falto quest i Demonii ridando

Fuor de la Terra tuiti res an dare. Tuttacia gente Ora Zion a ZTando, RingraZiava Cristo, che fatio avia Tanta graZia, sanna cantando.

Per paetio de tergo di si venia Uno che Belial era chi amato. Ottavio Praeses ut si dici alse eis Longino si ' chen effato

Con sua arte σρica che I sa fare Saria gran bene ne osse Mato. Fue tanto lo suo gran stimulare, Chemttavio per Longino mandaVa, contro a tui si se res a partare. Dicia: Longino , Longino J e gridava.

Le 'attie ante di iti se a Cittadem quasse Molio si se lamentava.

Con Itie arte magiche, ch aoperasse Per malletia , e per suca tamento

Le obire statue si fons uaste se si esse At quesio a Re amento, Me e gli altri si farebbe pentire .m consentito lo uo tradimento

Anfrodisio a Praeses ebbe a diret Costui, che a fati tanto lensetis A quo a Citta , tu lo uoi rorquire 'Diciant lene vi e Bato inlato, per questo fe overia norare; Ε a che tu gli vita Hare Uigis Lo Praeses con molio ma partare, Ad Anfrodisio irato si dicia, Che Longino fantasime sapea fare.

E per arte magica che' facia. Ave i uoicienti menti ad orbati, morte dura meritato Via. Anfrodisio con parole sensati: Dio e Cyilsiani me gran ignore, in ut non e fantasme ne incantati. Non presumere a coistii fare furore,

Acci che Dio non acci corr&cciare. Potres, heu porta pena e dolore. Ottavio Praeses ebbe a comandare,

Checia Lingua agitata gli a ,

Perche contro tui fece tal partare. Longino allor oraZion facia Dicea O Iesu Crisio Redeuiore, Non comportar che tanto malis a. La lingua gli su agitata a furore. Ces Cristo sua pol sanra mosfrDe. Avogo fece Ottavio retore. Come Anfrodisio verso lui uarii ne, vide Ottavio ceco diventato, Gridando forte, Dio ingraZi Oe.

Dicea CrisI , chira glorificato, Come tu ei Z iussi ca, ignore, La tua possaneta, tu si mos rato. Ottavio Praeses si dici allore: Anfrodiso, io ti Oglio regare,

Che pre/hi Longino, che e tuo amore, Ch Ali piaccia di OIere regare Per me tris e misero peccatore Λυσι, che mi ebba perdonare.

fe tu metti bene a tua meute, Io non o ingua, a Cris Signore Mi Ia partare a te, e a Iutta gente.

Ottavio Praeses respondia allore: Non foramente ho perduia a tua; In utra a persona si h dolore. Tuttici membri di vi a P attrissae Prega Longino che debla regare Iesu riuo che mi renda a TisIa. Alio Longino si res a partare, disse: Ottavio, se tu uoi uarire, Contra di me sentenet Hebbi dare. CP ι schene degno di morire. Morto Ui sa, Crisio regaroe. Greetia mi faccri di farti gurrire. Alior Ottavio Praeses comandoe, Ch gli osse la sua testa agitata. Di present fu fat, com comandoe. Subito Ia ista gli suo ornata. Ottavio 'ogni doglia si uaria. Tutiam gente su maravi gliata Ottavio in inocchione si mettia. Comin cibi es Cristo a ingraZiare Della gran raria, che fatio gli avia.

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et Popolo si facia r.in partare Des miraco ved ut di present'. G a Cristo com incion no adorare. Ottavio praeses immistinente Lo corpo di Longin volger facia I ii rappo lanco mise obit mente.

que con grande onor si sepelia Nello pedat dou 'era o suo stare. Ciascuno in tui gran divorione avia Obiello Olpitale si ebbe notare. Santo Andreia ad ello si chiam a Sucia ii arra di Manto come par B

Tutta a gente con una gran rama

, anno a uella Chiel visitare. Di perdonan Za si a grande fama. Quando ita vi la morte sece dare San Longino di Dio servidore, De rues di Decembre su compare.

tollo Tiberio Imperadore Ottavio Manto per ut regetia Mes dici nove die tro a Salvadore. Per Longino miraco si venia i a Campana deli Oi peda sonoe

Tutia a noti resto non facia. Ne persona a campana tiroe.

Per miraco di io si procedia. Tutia a gente si maravi glioe. Per ternat memoria si das a Ordinarion, he sem pre si facesse, Ch in ta noti sonare si debia. Fu stabilito che far si ovestes a noti di sua morte per memoria, Per tuti que' che tetro succedelle. per tal modo si se fu ' Istoria Di Santo Longino corpo beato. Cristo ne metia ella sua gloria.

CRONICA

DELLA CITI DI MANT OVA.

LIBRO ME CONDO.

TFodosio adietro Imperatore,

Qua tirocent venticin q' anni corria,

Venti seti anni si steti Signore. I suo tempo assai fati si facia:

In retagna in FranZa guerreggia vaRoma e Puglia an cor die tro ne sentia. In quello temo si se comin clava Discordia grande tra li Milanesici Alli aves molio minacci 'Ua.

I Comasthi si fenno alli deses,

Com uo Vicini vollerti accordare. No poter far, ch ei ven ner alli ossesi. Pave si edendo non poter fare Con Milan es t actordo, che volia,Co grossa gente seneta diffidare, te Porte di Milano si corria, Rastellando tutio, che lororOvOnno,

Uomini e bestiam assa prendia.

Con grande ob a avia tornonnae. Ibi Milanesi, che questo sentire, Di mala voglia tuiti quanti lannae. Di vendicar si e di arcior martire L Milanesi molio si pensava Per qua modo egit it potia fire. Pure in un torno si deliberava, Che da ted e da cavallo a Tulli en armati si comandava. Pavia con gran gente si corria Ma poco concior poter uadagnare, Perche aves accorti si stasia. Milanesi si miser alloggiare Suci Porte di Favi a s attendaUa. maneant in a Terra facian trare. Molta gente di dentro 'lammaZZava. Li aves an gran dolore avia, Per te sue case che edi an ruinare.

Molle fiat Paυes uora scia Con Milanesi a scaramucciare, molli dicior o presi, moria. Di Maggio si comincion no a uastara Le biade in reni parte si trovava. Anco te case si iacia bruciare.

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Paves gran dolore si portava, Perche sue cosse uastar si edia.

Di far vende ita fracior agi nava. Urdine e modo tra loro prendia Di far' andar una noti gran gente Sul Milanes a far gra ruberia. che vadano pure arditamente, Le case in gni parte a bruciare, sar gran anni sieno valente.

Da una Porta secreta li mettia. In Milane se fenno io suo an dare.

Ogni mal che poter far, si facia,

Pigliare, e rubare, e abbruciare.

Poscia in die tro presto si redia. Giunt in avia facian gra sonare Di campane gran festa si facia. De mal alto facia grandi allegrare. Milanesi, che questo si sentia, Ma contenti racior si agio nava Grandi ordini fra loro si dasia.

Basti a tui te e Porte ficcava. E abba laneta uelle facta vardare. L'avango di loro a Milan tornava. Delibero quelle basti lasciare, Fin che osse avia assediata, Melie 'i an dentro venisse a mancare. Stetiero no a Margo che eguia, Che de pane in avia si trovava, Μ poco tempo die tro si venia, Chera pane quasi a loro mancaVa Sicili altro pensiero a lor fare Era bisogno, e tracior consigi lava. Deliberon no di ove mandare A iacen Za, che loro soccorresse, Come li uo vicini ebbon fare. Gente e pane a lor a dou esse, Perchei a baraglio et ter si do via bene o male che Diocii facesse. Placentini allor si ii soccorria. Cin quecento omini bene armati, pane in quantilade lor asia. uando aves lanno appareggiati, Una noti una Porta fer apri re Di uori uscimo con grand' ordini dati.

Iunaneti he de di osse i schiarite Tutterae basti ebber involati

La gente dormire niente sentire.

smarriti tuiti si furno is egliati.

Milanes tristi, feriti, impiccati. L si et ano grandi li rumori. La Milanesi si pigilava e ccidia

E contro loro anda va con furori.

Milanesi hi morti, e chi fuggia, Gran quantita ave ne pigilava; A avia in prigio si li mettia.

Le besti tui te loro si rubava, iaccoman a roba si mettia. Polcia lectasti tui te si planava. Gran gente di prigion aves avia. In faυia si facia grand allegrare,

Percia vittoria che auuta via. Milanesi facia gran dolorare , Percli era rotta e res la sua gente . Pur pensava a oversi vendicare Loro si stoldava grande mente Quanta gente di ibido lor tro vava. Per verne asia uon agamente. Paves ancora lor non dimorava. Gran minimento e gente si facia. Farsi tu forte classe uno pensava. Ciai cuna parte gli amici queria, Ch a quella guerra do velle a jutare, Ch a loro gran bi signo si facia. Comaschi racior ebben a partare,

Ch Milano o Pa Via si diffarebbe,

E che per loro meglio si arebbe, Ch in se me loro pace si facesse,

Benche credi an cli ad deuo no farebbe. Suo Ambasciatori volt ero h and esse Milano, per vole loroastare Milanesi quat animo a veile. Furono con Milanesi a partare, Dicendo uello, ch'era i suo migii ore.

Di questo quas non vollono ascoltare. Comaschiis avia an daro ancore,

con quelli di pace si partava. Lor si disposer che pare ' mi gliore.

Milano ancora si rit ornava Lode sani hera fati sentia Anche loro a Milano se ' andava. A Milanesi gran rega facta Che pace conci suoi vicini vire Do velle voler, che uona si saria. he ave per amici tenire Vogliano i Milane volonti era,

Questa era tosta da non contradire.

Tanto su pol di loro la regii iera, Che rispo se volersi consigitare Quello che per loro meglio a sar era. Milanesi infirme a partare. Fu pro post quel, che far si devia, segui guerra, o pace pigitare. Chi per u modo chiis altro dicia.

M uno antico e Degio pro Uato,

Che molio uo parta lui si faciar Sihnori, hie o mi si perdonato, Syrio dices It cola, che non placesse.

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