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dico Aristotele, momento alc uno det moto, Dd veru no istante Dei tempo che divisibile si a cosi nol in quanto mortali simo, con tutiui ultro cose naturnii e sensibili non mai ciri troviamo in un medesimo Stato : madi glomo in giorno, angi pure d'Ora in ora, nuove quantitadi o qualitadi acquistando, Oppure te nequi- State perdendo, e con in corporale statim ditem po in tempo gli essulti u lo disposigioni doli' animo bono spesso cangiando, ci potummo
cere dullo mortali membra rinchiusi si amolontani da quella oternit
Gre non eor, e it di rerso tu serra, AP le tibili seri tron contra it mattino:
d ovo gl' intolletii puri ed angolici, liberi o
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duo fiato nulla med ima partu ed aequa diuu fiuine, per cili cho nili go ne d suggita innangi che la seconda voltu tu v'entri, cosiparimenti nulla si puli d'intorno alle sensibili
se assurmare, essendo la natura loro som-mamente inbilo, P, como vitote Platone, nil' Sere o at non Sore in momo. Si pud diro ancora che DANTE abbia indiso per cam mino tuosto nostro pellegrina io, secondo quel
s enim hulemus hic manentem ciritatem, sed v futuram inquirimus , ed altrove a' Corint ii :u Dum sumus in hoc corpore peregrinamur ab Domino s. si perclid io non mi sono postoa commentare questo poeta recellentissimo ma δε bene a larvi sopra qualelie copioso dis reo, non mi Potin rugionevolmente alcianori prendero se io con molle parole nul presente tuom dimostrerli come a questa nostra vita
mortvle possi amo, secondo it parere dei plut ni ei, donare it titolo di un infelicissimo pel- legrina io. Dico adunque che discorrendo Platone, padro di,' filosofi, nul Timeo d' intorno alla genera Elono duit' universo, is di parum cho in quella me lusima cuppa nella qualeii sempiterno opifice pur dianti l' anima del
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mondo avon temperata, in qual eoppn nitro nonh cho la divina monto, in cui te ideo di tutio loroso si storatio, come intose Mercurio Trim-mogisto instomo con annablico, Proclo e Pl tino; su, dico, di Imrere cho in colando inquella st in coppa lynvango dolia tomporatura primi em, Produc so ni, cierno it grando od inti ero numero delle nostro anime ugualent numero delle stolle. un anima ad una stellaeon proporatone convenevolo necomodando: o quanturaque Proclo si a di parere che cotesta divisione o accomodi Ziono dello animo conio Molle non solo npparten nitu anime nostro uniane, ma a tutio te nitro ancora, nulla
di meno Alcinoo con la muggior parto degliaecademici ristringe nilo sole unanno la sentenis dei gran Plutono: lo stesso filo se inquet suo divino dialogo, intitolato it Fedro, cou maravitiose regioni o di in stragioni comtissimo prova la immortali in degli nnimi nostri, onde conchiude Pol elie, non avendo ossi aleuia principio di nascimento avulo, perchhuello avvenire non sono por giungere nu niculasne, conchiude, dico, che per tempo infinito sieno stati liberi da questo lognino corpora loo cliu insistino con gli nitri dei sequendo il
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carro di Giove contemplasforo in verita, lagiustigia, la temperanga o la divina belloran o udissero la colesto armonia, dello quali om-bre ed imagini sono tu sensibili bellegeto e leinferiori armonio : la gressa opinione espr Suogli manifestamento nes libro delia virtudo intilatato ii Ismove, in quello dolia immortalita doli' anima intitolais it Pedone, e Dei d cimo libro dolia Repulbliea. Oltro a cib nollo stesso dialogo dei Timeo liene quel gran si sola cho spinti dalia divina necessita gli nnimi
nostri se ne ven no in questi corpi a maggiorpor segione doli' universo, o per imitare in cibr anima prim iera o comune per quessivoglia particolla di questa monilana macellina infusa o viviscante Ogni membro suo e gOVernante, come Virgilio, famoso poeta od recellente platonico, non mono gravemente cho loggi adm- mente inpresse in quei versi:
Principio coelum et terram, eamposque liquentra, Lucentemque globum lunae, litaniaque astra Spiritus intus alit, totamque infusa per artus Mens astitat molem, et mregno se eorpore miscet.
Ma con quat ordine l' umano spirito in quosto corpo discenda, vari sono stati i pareri
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do rii antichi leologi, e spretiit monte degli ne- ndemici, onde so io ne volossi regionare ii pi no uscirci troppo dolia Proposin materia ; Soln- monte dies che dovendo i anima scender nella generanione, te sa bisogno di uia corpo cho vola guidi : questo h dimandato carro nul Fedro, e vel colo nel Timeo, o vogitono i platonici cho ii sta coeterno non l'anima, nd che insti daloi si di iniunga : nh cio songa regione, porci elid la vera esseneta deli' anima h sempiterna vita, ondo it vivificare sata in propria opinrugione dipendente dalia sostaneta sua ; taleiihle fa mestiori di uia corpo nel quale perpetua mente esercitnr ΡOssa la gua propriae naturale opemχiuno, nitrimonii inrobbo forma vana, Min alculi tempo si stosso Giosa, it cho gili non pud essere; per cili che la natura o Dio, come in molli luoghi asserina Aristotele, nulla producono in v O : un colat corpo pare che gi ut, hia imaginato Aristotele nol secondo libro delia Generari e devii animali : ove, nuendo oti provato che l'anima intellet tuale si pubiuirtim dat corpo, per cib cho l'opormione dul-l'una non h punis comune coli' operagione del-l'altro, poco di pol soggiunge, cho a sitatin anima si convione uri corpo cho da questo
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mortale o sensibile diverso sta, o di natum piunobile est e gli clementi non sono: Iad voglio restare di produrvi in mom te sue parolo, Sapor testimonio dullo predesio cose, Comu n COI susione di Alessandro Asrodigeo o di tuiti qu gli altri che si hanno credulo di monte di Aristotele la mortali ili doli' anima s tunere; avendo ad unque ii filosofo regionato atquantodi sopra delia vegetativa e sensitiva anima, e prouulo cho nh l 'una nh Paltra vime di suori
uia cho ambedue sono in potenm nel semo, sadi csso cotesta conchiusione alia fine : a mei B Tum omnes ante esse impossibile rationibus y his ostenditur esse; quorum enim principi v rvm actio est corporalia ; haec sine corpore M inesse non pone certrem est e rerbi gratia am-s bulare sine pedibus, itaque eaetrinsecus eas renire impossibile est, nec enim ipsa per se B accedere possunt, cum iraeparabilia rint, v v que cum corpore e remo enim e rementum η alimenti mutati est: restat igitur ut mens B Sola ratrinsecus accedat eaque sola dirina sit :s nihil enim cum eius actione communicat action corporalis; sed enim omnis animis sire τirmn tio, sire potentia corPra aliud participares ridetur, idque magis dirinum quam ea qν
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v elementa appellantur: rerum prout vobilis tute, ignobilitatere unimae inter se diserunt, o ita et natura eius corporis dissert v. Dallo quali parole si possono trarro due conclusioni :l una contro Alessandro, o l'altra contro Aver- e ; contro Alessandro, che l'anima intendente non munia ; contro Auer o, che olla sta sorma vivificanto it corim; ma per ri tornare la donde ei si amo partiti, dico che lynnima nostra, OV- vero sospinta dulla necessita, clid altro non hil volore e la provvideum divina, oppure desi-dorando concorrere con l'nnima universale iu ggem alciana piceola parte di questa mac-china, si Ondo ques detis di Plati,ne : α omnis, anima totius inanimali curum gerit ο, guidula dat suo celeste carro, di ssura in s rapussando, e da ci cuna partitauiente Heuuaquatilli rice vendo scendu nouli selementi per ils 'gno dei granchio, chlamato portu degit ut mini, o di cui h signora la luna alia gen rugione molio vicina. Giunta cli h l' ima tigii elementi veste un secondo corpo formato dei lupili pure parti doli' uero, o per tal cngione dimiinduto stereo, siccomo it primiero per in sua molin somplicita si di manda igneo, onduvollem aleiani, trii' ii tuli mi credo si a stato
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Origone, che gi 'intellotti puri od evangelici ς soro attres, di uu colat corpo partecipi, mossili et nvventum da ques dotio det Salmista: e Quis iacit angelos eis a viritus, et ministros eius
v signinigni rerentem. la quale opinione si po- trebbo gngliardamente conformare con la mistoriosa visione dei pro feta Egechielse, ovo Pgli dice avere scorto quatim animali, che nudavnno e rito a no in sernia di succo o di sacello Rrdentissime, Pil in senibianza di corruscante fulgore, conciossiaclid lo audaro sed ilritorian csprimu nsmi bono ii movi monto dolcorpo igneo, ii quale, essendo di circolar figura, omo quello cli'h di natura colesto e quasi spirituale, si muove in giro, onde si puli diro chosempro sta nul principio e uel fine det movi
mento suo, e cho vada e vcnin in uia modosimo
tempo; in suoco pui, te sucolle ed ii fulgore com rus ante che altro significhemiano che ii corpoclamo, luminoso od ardente' di colanta puritae sottigii rem, che si pud quasi diro che non si a me tuiti gli nitri corpi prosendo; onde, intendendo di tui, disso Zoroastro questo parolo:
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sgum c lo ravvolgi monto dei due sopradetii voicoli e corpi instomo ed ii lor moto circolum: puri monti it parro di Elia rescendento in cipio che pili vide Eliseo, non discorda punio dulla platonica opinione dei curro ignPO; Orn, Pns-mndo pili olim, dico clio l'anima nostra la-
sciata di quot secondo corpo, domandato nereo, se no vn errando diuturno ut sopolcri, como si
to macellio donli errori suoi, se nuvione periscingurii ch Olla abbia vivendo monata vita colpevole ; ma ovo h giunta es tormine dolia sua purgugione, quella Secondit vi te guttando, o libem assulto nes suo primiero vel lo rimariundo, se Do vola loggieri nitu stella sua, conlii quale linata o felicissima vita si gode, infino a tanto che, passati mille anni, Sospinta un'H-tra sata dulla necessita, ritorian in terra at g
verno di questi corpi sensibili. Tuttoeio su divinamento espresso dat grun platoni eo Virgilionei festo libro delia sua Eneide, ove canta cosi :
Quin et supremo eum lumine ritia reliquit, Non tamen omne malum miseris, nec funditustumnescirporeae ea cedunt pestes, penitusque necesse est
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- 27 Multa diu eoncreta modis inolescere miris. Eryo Mercentur poenis, veterumque malorum Supplicis eaependunt: ullae panduntur inanes Suspensae ad ventυε ς aliis sub gurgite vasto Infectum eluitur scelus, aut eauritur igni. Quisque suos patimur Manes. Eaeinde per amplum Mittimur Elysium, et pauci laeta arra tenemus: Donec longa dies, perfecto temporis Orbe, Concretam Gemit labem, purumque reliquit AEthereum sensim, et aurai Simplicis ionem Has omne3, ubi mille rotam volvere per annos, Lethaeum ad fluvium Deus epυcat agmine magno, Scilicet immemores Supera ut conveXa repi3ant, Rursus et incipiant in corpora velle reverti.
Ma ritorulamo ulla tralasciata materia. Ρ scia che l'anima si h vestita dei semplico manto
aereo, cade net tergo corpo terreno oStraeeo,
OV vero testae , che vogliam dire, percioeclidnetly una e nulPaltra guisa d dat platonici nominato ; nel quale bovendo det fiu me Leto restasὶ saltamento sonnacchiosa, che nulla pili desse passare coge si ricorda: non mira pili la divina giustigia, temperanga, belleria o sapien-m; la quale se con gli occhi corporali apprendor si potesse, come serive Platone net Fedro, produrrebbe in uoi maravi glioso amore di shmedesima, nd ode pili quella dolcissima armonia cho sanno tu celesti streno ; olire a cili si