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Credersipuo quanta bella diuina Risplenda in tui, si tanta astrui ne porge,siua ut eccellen api, quanta dottrina, Se 'opra di sua mansi bellas Orge Instat materia, che in v di declina. In stibi etto, ne vi tanto coge .sto I produca in tesol meraulli , Eu ama que ii teco i configlia. edoura unque far argomentando Con ei combatie d 'eler into eme.
S' .alas ada, et ira, e mette insando Pieta, digoder ei perde asyeme. I Jefarieforet aluo senet a perelio Che non uoua lessandria alto lisbelis. Gerra glis in contrariassetti auanti Spingendo Cis v suadesis chiera.
At si uo vendicar d orgogii tanti Lastrogo de delia nemica Intiera. Tatfra due agni eguaimente diritanti Potria troiiars, orda lupa fera,
Che non sa onde pria siti sua me into iurisio da due diuerse rame,
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AE in consigito a lui parue oportuno
Die quellasania, chlas i infusola. O fati serisse a te ista tu hiare,
Ouunque haver credet teluomini egi,
Negli boni di Persitas se chlamare deligiti sacerdoti, e i Agagri Ch api nauigifesolcare, mare, AC ipro, a Rodo e bi dri do i inegi bene a te uescole, e qua piisse e Di hiaro nome alsu ignor consisse. Pria, ne planeta che nonia mai tollauesse pleno, e pol scematos volto Conjicciolo interuallo it fortunato Drappello in Alessandria seu accolio Nobilest hiera, a cui albeli disto
Hrderquel, chenon ve te livolosolio Peria dura corte ia, che lammanta Vae numero fur ulti seruanta.
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Con lenti occhi tardi, e graui, Digrand autorita ne loro a petii, Venne dinania a Cesareque sat iisquentionsa con GA TE R I eletis E mo Ira tuiti in viso altisoaui, Asa nullo perse esue abbras i detri Che oleano inferi ne torsiilentio, Comer an pronti ad obbedi I Iasentio.
cuui Ar breue ossisi a cosa perse, Per a qua di si unge a se hi amolli E portando in suo di ragio diuerse,
Insomma assen armar si confortolli. B tr ei, e corone e premi offerse, S 'a ei angia acea uolpenstei folli, Delculsauer dir volpe a quellaschiera Piu dique , ch et redea, non di quel, ch ra.
Sol in tanto parea lor digrauer , Ch disconuiens molli hauer contesa
Aso pol con na reas a. Misse pur quecta a lui non sembra Offa, Et ais oler propria v. beet I tira, eccoso pr Ili, estem han certa, Che quella osi consonda,isi conuerta.
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Z lti, e mollisi a quenti erano , i quali Cose di ponio hauendo it Resuperno
La unga turba di Dei tanti, e tali Con maturo configlio haueano ascherno. Ch altro intendean dique Numi immortali, Edesse fere, e di quel fabbro eterno. Masen a carita feri, speranet a Gua pur Hetro alia ccmmune Psanaba. Laiotte, ch'ania innancis quesi'aurora,
Si hestanca a pugnar aspada inse. Venne Issi de Zinato e Mol sitide
quamia ' at hora,sci de 'acque Com' qualuolta'uis allegra ride La terso Imaggio 4be ederit piacque La nobi pugni, in cui Perror sanciri. uuando a Donna che per gloria acque A campo unse, ou erantiunti in prima Irinquanta orator di tanta rima.
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I sise , tot he folle, tot, honore Alla sim a di ei dente colanto, Se mai cura de ciet vitocco, core, Se de Vergini amate illo ne sanio, Hor ch 'ioso giunt,a di deisu, lore. Delsuo chiaro contra Io, alet ate ii canto, Date ita a Iosile, nobil e nouo Lam mi nasce maggior pravo mouo . II contra Io duro regiorni interis primiero annullo de i Dei a turba.
Trahe altro ame, e 'ordineperturba.
Egli ri luce a lochia e tri, feri, Oue per dimorariagio si turba. Ch a uel che non conuien quinci si pigi, Se i concesti principi altri non lega Ellis dimoni odor comesur que ii Huommifatii Dei dat olo ignaro, O c purio auolose erili Da principio que saggi ii ver celaro. E de uoces, e deli acqua e de electio vi gli essetti, e la virtus gnaro, In cui ritu celso, si come in quadro
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E quanto puo bear tutio conitiens, cim' serjuo beato in altro oblistio Chiriceue 'astrui, molirando visne
Dunque o 'vit Eli, o di che 'altrose emo, E meo adora nido solo, e supremo. siue lie quei ch in oler, d 'alis se scuro Tresse a luce, formo i Sole, ae torno, Esopra joco, ed aer dolae, e puro Di Iese i ciet, che ne si vota e intorno, E que suo vago chra Iallino curo Eba, si telli, e chiari timi adorno, Lumi , he Hetro a fauolose s sempio Cinsit Greco et Romana altare, e templo.
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sANTA CATER IJ A. 17sMasepe Gioue et i me lio intendete sive la prima cogion, he reo se cieto,
Da volt homuid'mn tanto D foeto tete Pien d auole, e 'ombre it ungo velo. E concordi comme , di tui credetessuel, b io per bocca sua te ne rit eis.
Credete che da uisolo depende Natura, et mondo, igni ben discende Credetelo inui sibile, immortale, Eche di nulla os egit esembiante Asa se riguardis quei, Pei face, e vale Puoistimar, che istia sempreuauante C 'Cli empte i mondo e irende bello e tale, Da luit in stulti e ortherbe cile piant , Stelle illael, onde, mario pesci suoi, II sentirgli animai, a retion not. Credete, b intendendo egi est soGenera I erbo, egenerato ama, Dal erbo amato it generant anc 'ego di natura sua con erualbrama.
siue loci uino Amor si dolae, presso Spiriosanto, e diuin da noi si obiama. I solo DIO, ch intende, e uole, es ira, Eis mede, Osiri lue egi .
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Comune a re persene nie 'esse ba, Una a Delta, 'ol re in se. Cosii anima nostra ha consenet a, Memoria, e totonia fra lor diuise Indiuisibilmente ent menet a Egli ne terrenio Iro, immortalmisee. Enon per altro che per a figura Deis si iis a tui nojfra natura. Mirate lui, he ne riporta litorno Com ha re vari essetti, essendo vino, In amma, e vola, e colse viso adorno Ri chiara insieme 'uno e 'astro polo. Indiu ibi ente inins giorno Son tre se, calor, a luce, et volo. Tre fici in ungino, in retempoEmpie a rota, che sura i tempo. i se os omeliar, che mei accuso Cio ob a mondo. creato a L. et is,
Maio mortali, a cui miror tu insusI A csson e loci babili, preste, Agguaglia a legrandibabbiamo in s
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creen a omenti γ altri, che a penna Lasicia homa anca, e partestringe insi me Si fretiolosa che non benili accenna, Hebbe a Donna, ch in suo di non teme. E come DIO lo cor puro te impenna oda, sparge, in erde, annulla e premesiuantison contra ter deltiso ismi Vibrando intorno acutisillogi mi. Piu, b'altri non penso fur torti, escarsi
E di acciuoli e di tenebre starsi, E qua 'opra da agno i torsermoni. Parin Cederit ancor seco diras, En ba parti te liti, e te que lioni
Ad na in astra cosa Comentando, Deli humana natura a et si hieri S usse eterna. cominciasse, e quando. Ella, b'occasio porge sit edec 'ita sinua principio eras mando, D'alto ii paria comincia e dice serit angelici stirti anco ascose.
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s or accontando in tanto uetversiimilia,che ede parti 'onda, heu, etia, Ea mar per lettosuo 'el ge, mi lia. La terra far si dura, si olet ta Scorger Inuou olcon merauiglia,che primieris, ubito lampe uia, Ond 'in monte, piani elua verrinia. Formagii augelli, egit animali et 'huomoch esse Signor, o R. deue de tutio, Pur chelongurati Avietato pomo, das a volt basiua d En astro ruito. Midalis elusii he eccolo domo Delia credula mulie eccol edulio,
Eiasterile uena acqui Zo impero Fra grano, e 'orabo, e violo a messe. Aor a tigre irata, ' leo ero L'innocente vitella Tordo oppresse.
E de angue de bue che alii ob collo Hauea messo impar assatollo.