Storia della badia di Monte-Cassino : divisa in libri nove, ed illustrata di note e documenti

발행: 1842년

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casa propria it presidio di Alsonso, pure covavano noli animais ass0χioni per Eugenio , per cui desideravano clie la loro patria venisso in mano di quoslο; ma non osaxatio. i in Osdun Riceio prima soldato di Vonlura, pol capitauo di xonlu-riori, o di ribaldi. Costui ora uno di coloro, Clin nolle sagionimai mancano, e vetigono in Campo non ad ingr0Ssar una

delle parti, ma rax volgendosi ira queste, asproggiarie e saro Suo pro. Con quoi Suoi salellili aveva corsu ale uno terro dolpapa, pol imparentato col prosetto dol eas et di Roma s' ravollo contra ad Alsonso, mirando a S. Germano, per toglier-gliola di ninno. Insanio s' infingeva amico suiscera o dei re, pro metiendo anehu voler venire n'Suoi stipendῖ. Con quos tuarii ammatio Alsonso od Arnaldo in S. Germano, cho non pia pensarono a tui. Ed occuli uti glorno sat si ad una dolio p0rtu di quos a cilici ii Riccio solo, sed ontrar come condoliovi

i agglugnorio. Ad Arnaldo non ando a Sangue quella visita, eho conoscevn il polo dolia bestia. Tu flavolta anuli'ogli s' in- sinso, o con poetii do'suoi incontro ii Riecto, e lo condiasso uella pia ZZa, come per dat si a veiloro non fomento di tui. Mac0mu i Sangormanos i Angloini videro ii Riccio, gli si socoro altorno in gran numero pendenti da' Suoi cemii ; o quosli, interrogato it capo dulla sagione, se lutto ora parato a sare quollo Cho secero, avulone un Si, incontanente mise te maniaddosso ad Arnaldo, o lo irasso in carcere. Cib basib asar lovare ii romoro nulla ei in dalla partu Angiuina, od allii celo d'impadronii sene. ii quale, non mollendo tempo inmuggo, men 6 l'Arualdo ineoppalo innangi rocea Jamila, Chia- mando Martino, Clio disen devata, alia rosa, minaceiando diporro a scem pio e 880 Arnaldo fratello di tui, so flosso alla dura. Non , ollo piogarsi ii castellano, si veniae allo armi; su comba tuto serocumente. Menire ni deva in gussa, uia latu

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s allita la sede ad Alsonso, abbandonando at numici it castellodi Carpinone) volendo con is trepitoso satio tornare in gra iadet principe, rigetossi sui Spaldi della rocca, e sinisurato dimembra clie egit ora, sege late una furiosa tempesta di fassi, che rincorando i disendenti, respinse la gento dol Riceio oSg0minolla in guisa, este questi ristello duit' espugnarione.

Di queste cose come suppo Alsonso, avulsossi esser mustiori di pronio consigito, angielth di molio si Orgo, e tale quale tro 'ossinit 'arrivare de' messi, a cauciare, dato di spmne at cavallo,

con quei pochi cavalieri che gli erano compagni in quolsollaggo, di noltu caminino a tutia lena verso S. Germano, innangi a cui inaspoliato comparve . Manilli dicendo al Riculo: Sgomberasse la terra, e non dubitasse dei perdono. Quoslinegavasi, que i inflava colle ambascerie per guadagnari empo a raceorre gente. Della quale come si vide abbas tanga rnilo, essendovi Stato uti accorrere di santi, o cavaliori daogni banda al principe , p0Se l'animo a sare ii possibilo,

perchli quella terra sorte, posta alle porto dei reme non rimanosse in balia de' nomici. Laonde bene studiato allaposlura delia terra, che pol eva con gente molestarsi dat an illo, spodi ii Mendogm con trecento lanii, a dare una larga volta sui monte da venire pol a cava iuro dolia citia. Cogi soco cos tui con multa cautela, e pulchh il presidio chocustodiva Monle-Cassino poleva romperii la via, quando visu dappresso, interrogato chi sosse, cOSi neconcio rispose, ossor della sagione dui Riccio, che su lasciato an lare Suriga fastidio. In tanto ii Riccio si parava a battaglia. Scomparti is uot in duo schium, l'una laseio nolla cillh a dissendoria, l'altra QSSO Stesso Condiisse suori ad offendere. Campuggio quelle trocollinc cho sono a plectola distanga da S. Germano, da cui poteVa dominare ii campo Aragonusu. Alsonso disposo i suoia battaglia , lenundosi da qualunque satio filio a cho non

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inia angi; Riecto risto Ise in duo, non Sapendo se quoi dolia montagna 1 8Sero suoi o Aragonosi; ma oscito di diibbio, con grande impulo corse ad assi onlare ii nomico Mendogga, monito it re ad uti tempo lo attaccava alte spatio, o lentavata cilla. I 'ardito avvenluriero Vedendosi a mal punio, non polondo sar di moglio. sugati i suo i, cou la spada in pugno si se si rada ira i nomici, e giunse a riparare uel moniStero: S. Germano si arrose ad Alsonso. Dalle velle dei monte guardax ano at plano questu saZionii monaci, o se disperassero dullo coso loro, non li a dire. Tullavolla non volturo piogarsi ad Alsouso, cliu in qu ulla uerra con Ronalo irascor reva in molli peccati contro ii vi

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itui suo legato, che tornarono insi ultuose per tre anni, mache pol riusvirono a solico termine, i C sinest si adoperavano Ancor essi a comporre te COSe proprie, e speciat mente a crearsi Un abale, essendo morto Pirro ; peroeelth non Sapevnno quali lassoro i destini suturi, o se sarobboro stati lascia ilibori nolla olegione dot loro capo. Io credo che Eugenio, ricordando ancora di ques lurbolento Tomacelli, non .eSSegrandissimo dosidorio di vellere ian abato in Monte-CasSino, lemendo, che Se un Aragonusu veni va a sedero sul Seggio di S. Benedello, avrebbe rovinato, pili di quello clie erano, glias sari dol suo Ronalo. I monaei cho sorse avovano lentatot' animo suo, e l'avovano trovato poco favorevole in questas accenda, coli questa epistola che porto in volgare Voltero

e priore e convenio dot Sacro monastero Cassinose suppliche-e vole obhodiunga. Ε pur venne la plenuZZa dei tempo, in cui, e murch di vostra Santith, Sia deputato ian degno Successorec al santo padro Benedullo, Secondo sua volonta significalae nella sua regola. Quanti fino a questo di surono da note seselli ad abali suori di questa norma non ViSSero grane salio da monaci, o la socero pili da lupi, che da pastori. Ε tempo oramai, ehe secondo la regola monastica late une monaeo si destini ad abale, e Sin meSSo a sedere Sul soggio e di S. Bonodosio, cho giusta ii volere di questo, sia seel Oe dalla congrega ione. Fino a che si tennem a sat maniorae di elegione, ii monastero crobhe, risiori, e la disciplina dellae monastica regola su in vigore. ΝΛ, padre SanliSSimo, non si malvaggia cosa quella di cho li cerchiamo, non contrae Tagione, non contra giusligia, ma socondo la volonili di Dio,

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g Santissimo, non istare in duo, e non temere di sare cili choc da tal inaniora di argumenti h provato. David ora uia gar- si Zonollo ; ma colui che gli uomini rigellarono, ira i solio e fratelli su scelio a preserenga per re. Ed OSSO Iddio, che n0ne sallisce in sua promessa, dice, che ove sarli levato in alloe alciano eletio delia sua plebe, to verrsi soceorrendo la Suae mano, gli sarci consorio it braecio suo. Nh pol tenta moe diutro allo cose di spirito infanto da porro in non cale loe temporali : noi, avi egnaehh rie orti d'irsute cocolle, e luti avolla portiamo cu0ri uel petio, per cui abhiamo Salvatoe con aceorgimento datio mani di truculenti nomici ii moni- Stero ; in mille gui se iri oris ammo lo Ssorgo e te astu gio del

e tribolati, contristati, lentati, sacommo uri maschio resiSlere e per la dominagione tua, o dulla sania madre Chiusa tua

si stet te con not a sermissimo presidio. Ora Solo avanga cliec la sani ita tua dopo la procella a noi torni ii sereno, d apoι lo lamontagioni od ii placito et rauconsoli di ψ0 a. a

aucho per plegario a voler loro restitu ire it lolio patrimonio, ed a purgat si di quaturique culpa per l'aperto resistere che gliai evan fallo. Ε perutili ait 'ambasceria rex esse ii re aggiunto

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sedo, i messi gli si presenta rono supplichevoli, reuanilogii in dono ii volume dulla regula di S. Bene duilo, e porgendogli laopi Stola suguente che pur Volgo di latino in volgare i).e fit signore Alsonso sacro re degit Ara nusi, ii priore

e sed ii conventu Cassinose umili oratori e servi di tui, mise-ς ricordia, justitia, e gloria sempiterna. Son due anni dae Cho tu in vovendo da queste nostre parti, ii pregamino pere lettere a non volum togliere la roba, tu terre e te nostree Sus tango, dello quali prestanti re e principi avovano donatoe at pio nostro padre S. Benedello e alia nostra Radia, angi ae volor restitui re it lolio, ii rido nato prolemere, e te prole te e Cose accrescere di regali doni tolli dat fisco ; onde pere queste sante opere di religione, o di carita, it nostro ro e i

Q Padre , piet0so nullo aspetiare , terribile net surire , mae propigio, favo volo, pie evole alle preghiere; it quale si ii axesse di so coi luoi, aggrandito di stati terreni, ee dopo la morte, ii avesse me nata l'anima gloriosa nel regno e du'cioli. Ε tu hai cessato la pregii iura dei pove relli per duue anni, Dei quali consumati e tribo tali dat lo tuo guerre, e su sturbato ii divin nostro cullo, neglutto ii sagri sigio, ee non ne pati poco la regolare osservanga. Νh pol sitimo e noi numici ai re signor nostro, cui presti imo Sumegione ee Soceorso, e per te Vittorie dei quale sauciamo uia perpetuo e pregare, mentre ad uti tempo favorem amo at vicatio dic Dio allissimo ; cui per man tenere schiulta sudo sed obbo- dionga, eon allogro animo Ogni dantio e sventura duriamo. e La quat cosa la maest1 regia non deve recarsi ad onta, mae guai dando alla sortissima nostra deVOgione, rieonosea Dioc Onnipotente nVer concesso a questi monacongi sede di taloe tempera, che faceta avere a vile la morte dei corpo , per loe losoro dolia ubi, diunga. Ora di nuovo ci sauciamo suppli- e chevoli a curcarti delia pace, e delle nostre Sus lange, Se per ij Reg. Coum. 3IS.

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vitae axvonium at volgore di uti biennio Iddio abbia compunto e ii nostro re e signore a clemenga, e compassione. Ε Sese essere Serillo, in tempo di paee meglio onorarsi l'aulore dolia pace. Αdunque abbiamo spodilo a lo corratori die nostri boni, e dolia nostra roba questi gi vani fratelli nostrie dilutti, non avendo potulo i luoi servi supplicanti depularii e i piari seniori, i quali per proceduta vecchlegeta, e pere tu quadragesimali penitenge, e per te fortunevoli guerree affranii, disanimb la dissicotth dei caminino. Ora questi

e che les th recamno lettere at papa, at re nostro Signore velagono presentando it libretio della rogola dol sanioe padre Benedello, quat nostro preSentuZZO, onde Se pere casu lo parole di p0Veri monaci non vadano a Sangue ale re nostro signore, almeno questi si rechi ad nseollare loe apostoliche , e temere te divine : e portiamo fidanga, angie certegra, che ad un solo correre di occhio sui codico doliae Santa regola, ii re nostro, mOSSO a pieta e clemenga, ue not concederli licenga di OSservare quello che non h dato e alia real maesta di adempture. La clemen a dcl ro nostroe signore Sia Sempre VerSO di not. Amen. Di Monlu-Cassino et noli' ultimo di di margo Irio. II ali coso scrivevano i monaci sorsu considenti cho Iupratiche di pace appiccate dat pontusiue riescissero a buon sine ; ma pulchh queste rimaSero in orba, altra lettera mamdarono a papa Eugenio per ale uni monaci, la quale recava.

e Al signor Eugenio vicario duilluccesso Finio di Dio, ii prioree cd ii Cassinose convento suoi figli asstilli, raeeomandandosi, e mandano Obbedierim. Indirigesamo alia santita vostra per c questi nostri si atelli la risposta dei re di Aragona, alle VOStrec lettere, che abbiamo ricovulo dat duca di Sessa. Cossoroe non Vogitono renderet in nostra roba sed i nostri boni, cheg a QVano Occupati, Se non Prestiamo Obbedionga ad osso re. e Ma noi ci lenoninio noli' obbodion a dei successore di S. e Pietro poscas oro, o non in quella dei re, ni, Stendemino

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e sanae, e nudita, e guerre, ed Oppressioni, e periculi cie surono sopra per la sedulia nostra verso di voi e la salitae Romana Chiusa, inclita vostra sposa. Ma Vincem m0 nhe voi tali quella obblianimo, illi malamento operamino nollae vostra sede, ne det tu indie tro it citor nostro. Da luttu luet quali selagure solo la vostra beatitudine pub cavaret, con- cedendo a noi licenga di polerci creare un abate monaco,

Filio ali'anno ri43 i dolori nolla Badia non ceSSarono, ospogli di signoria, i Cassinest vissero in ista O aSSat miserevolo: Renato alia persinu, dopo sanguinosa lotta, cedulo it tronodi Napoli a chi pili poleva, novella Schialta veniae at governo dot Napolitani des lini : regnb Atlanso. Papa Eugenio do voltu piogaro ii collo at voleri della fortuna; angi perchh l'Aragonose non facesse qualelie brutto gi uoco con quel matto di A medeocho si lascib coronare di liara, io invetii solenne mente delreanae. Allora ancho Alsonso su inchinev0le a quanto ii papaehiodevagii in torno ulla restiturione degli ecclesiastici patrimoni, o te Cassinosi cose presero mi i0r plega si). Qi3 uiolato l 'animo det re verso de' monaci, Spediloro amplo diploma, net quale ordinava che latta la Cassi neso Sigi ria alloro si tornasse tale quale so l'ebbero per lo innangicon lutti i privile. , mono quollo det mero e misso impero. Fu pol importuna la inclitusta di Alsonso salta at Cassi usi ad in flanga dolia ui glie di aver monaei da iuviarsi alla risorma dot m0nastero di Motiserrato. 44 6 Dispersi i Cassinusi, pochi orano rimasti in fulta quella tempesta di Aragonesi, e

Fatti pili animosi i Cassinosi per queI diploma, o tollid' impaecio, non spes sero pili tempo a Spedir letiere e messaggia papa Eugenio, per aver sacolla a creare ii nuovo abale.

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Dollo salso, si assumbra rono, deliberarono, volarono i 446 : Antonio Carrasa su scollo ad abale , chq ando in Roma a presens arsi ad Eugenio, ii quale fomito collogio di cardinali, e tollo it loro consigito, lo bono lisso solennomonte. Nel di 25 di maggio vigilia doli'Ascensione, abale Antonio ontra 'a Conlulla pompa in S. Germano. E sesto, o luminario si secero alSuo arrivo, sed in vo o di giria o di auguri prorona pexa lagente, sesul lavano i monaei. Ma large it gaudio su troppo, esu seguito dat pianto. Antonio dolia casa Carras a nobilissima nol reamo eradi facili o dolei costumi, inferi e non contaminati, illa D sso si oppa carisa di congiunti, o doboleZZa di animo, per insevolita selli, Clio negli anni ora molto procedulo, net belprincipio det go verno contineto sorte a frava gliario it maldui parenti, parto doli' amoro at fu i : non to dico io, ma lodico it cronis la Petriacet. Non soco male alia Badia , mn permise che altri it facesso, o vat lo stesso. Appena preSe in manu te redini det g verno gli surono a' hanehi Giovanni, e Carrasello Carrasa, como dicendogli: non esSer g iusto Chedi lania signoria solo godesse ; ricordasse si dei sanguo. Αbale Antonio pioloso uomo solidisseeo Olli e la loro ospulla gioneat dosidori fraterni. Conciossiachii fullo it roggimento dixi se, ol tenendono pol missione dat re Atlanso: al fra ollo Gioxannis db lo coso civili, ii quale nol badiato patagio in S. Germanodi morava pili elio Barono, avondo in sua mano rostea Janula

minato giurisdigione investiva, giudicando, e proce SSando a suo latento: o contonio dolio spirituale dominio, allo sacrocose solamento inlesu Antonio. Largitissimi stipendi si prodigarono ai badiali seniolli como por rimori larii dei grave

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savnno. I monasti flessi non is lolloro at copor o di quellatirannide. Un censo Venne loro assognato da quei dithai 0richo a mala pona bastava a soddisfaro at bisogni principalidella vita e di poca o pessima vellova in orano Hrnili, menavano glorni tristissimi; e abalo Antonio dormiva. Perat fro vegliavano i disertati monaui, o attentissimi spinVano ii destro come dar termino a quella ribaldoria Carrasesea Io i inventiorO. Duo cardinali togati det papa passavano perta Badia, e net monistero reearonsi por ragiori di devorione. Liuia accogitenga loro secoro i tribulati Cassinosi, o di Se

mno, pregarono i porporali, onorare di loro prosonga il nas OIo, e dei monastico dosinaro prendessero parte in

Ioro stato, di quolla tirannido it Carrata accaggionarono, eni mali loro sollicuo chiodendo, i legali deputarono mergani ira Ioro e Alsonso, per togliere quolla pesto dei Carras a. Ιpontifici legali lamoniar no con loro, e in corto Operarono I). Appena questi si dipartirono, Giovanni Carrasa, eho dot dotio e dei sallo avexa conto Za, sali at monis luro assiopalo disgherri, e banduggiando, imprigionando monaci, lolSovendetia : sed occo di nuovo disertata Ia Badia. E cib lulto neca leva solio gli oechi dot bonosido Datello abalo Antonio. Cosi seorsero due anni, a capo de'quali trapasso Antonio abale. Velago a t0mpi assai dolorosi pol Cassinosi, o diro come per quasi moggo secolo, mutata la forma dei loro domestico reggimento, torpirono gli animi, ammisori Ogni cosa nulla Badia , o dolia Badia non rimaso cho l'ombra di uti grannome. Toceat delia riconciliagione di Alsonso con Eugenio,

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