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SON ET TO3 Pirti gentit, cui gloriosa brama
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STetile avaro Campo, Ove tra sterri, e bionchi, E infruttuosi tronchi Inutii Lauro serge, Che si 'altrui speme porge in vana gloria un lampo , Di Parnaso E il terreno , Amico Eueno. Benchὰ tua saggia fronte La verde planta adorni, Qual contro a i gravi scorni D'ingiustitia is schermo Forse ii cuor duro , e sevmo Di Nice , e r ire ι e 1' onte Co' dolei versi tuoi Placar tu puoi Ah l Tu ben sal, che giacque Da violaneta oppresse Orseo ; e invano appresso
A Dane Apollo coris ;Con suo dolor si accorse
Quel, che in Sulmona nacque, Che 'l Pleitro non ammor Ingiusta forEa . Non ta potere ii canto
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Colla seminea gonna; E se Fortuna ἡ donna , Anch' ella a i earmi ὀ soldaonde ali' Aonia corda Resta si nojoso Vanto Di ssogare i tormenti
Degna ἡ ben i alma serte , , Che i sensi suoi governa ,
E 'I tio dolor disperge ;Prende l'avverse serte, E P amoroso seco A scitereto , e glom. Dali 'Apollineo serto
Gloria a Te non caccretae; Esso nuovo onor ebia Dalla tua cella dolce,
Che ogni aspra pena addolce Dal tuo ficile aperto Soave stit, che ogni egra
Alma inllepra. L' Αonio coro illustre Con meravistia apprende Tue note, e da Te pende Febo , ed invidia it tocca, Qualor nella tua bocea Vede amabile industrerit delle Grazie it coro Alto lavor. .
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E 'l modo imparar volle Nuovo, socondo, e molle Da quei lagaci Fabri
E bel placere. Ridono ii Gelo, e l'ora Α i grati detii tui . Se Tu. ne' Regni besorseo novel scendessi, Benchὸ da pene oppressi
Trio, Flegia , Issione, E 'l ner Plutone eL' atre Cure inquiete, L angoscioso Timore, Il rabbioso Livore, Le crude Furie ultrici Satian per Te selici Per te gloja, e quiete
Autia P inserno. Nὸ creder gia , che questo Di amica sintasia Un peniter vano sa rQuel, che due lustri aseondo In sen, dolor prosondo , Allor meno ἡ molesto ,
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E il euor raptis. ς, che Megera accolgo , Τissone , ed Aletto Nel misero mio petio et Cerbero in sen mi latra e Stride gelosa , Q atra Cura , ed inum mi volgo A Delia . Ahi l lasso . O come
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Uando io vidi, Cicearelli, De' pili rari fiori, e belli, Ch abbli it suoi di Atene, e Roma
Adornata la tua chioma pDolce invidia accese it core , E eos, partommi onore :Vedi Carmine, che scar D anni ancor gi s'apre ii varco A immortal famosa laude :Vedi I Arno come applaude Al bet seon de' carmi suoi iE tu , stolio , ancor non Vuoi Alla gloria aprire t rai, E arebbe tempo ormai Vorrai dunque , oscuro, e vile Star tra 'l volgo sempre umile Α una tal giusta rampognaΤinto it volto di vergostra
Volsi subito it pensiero Al gran Pindaro, ad omero ,
Ed a quanti mal la honte Adornδ di Greco alloro Delle Muse illustri it coro . Mentre it vago stit mi allelia,
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Importuna Farfalletis L sta impressa mi a statarna rIo la scaecio , esia ritorna e Impariente alfin l' incappo, E le dico : or si ii strappo teste ali se moleste. No , risponde, non sian prestera tue mani ad olimggiarmi: Tu ben dei ringrariarmi e Insegnarii vo la vera Dolce, e facile manieraD' aver fama gloriosa .
Quel di Belia amabit viso . Di placere allor se pleno Fui , che quasi io venni meno. La Farsalia suggi via , Ma restb nes cor la inia Delia impressa a e tal dolerara N' ha Ia mente, che disprema Fuorehὸ Delia, reni altra idea. Questa Donna nδ, ma Dea Tulli regge i sensi miei. Tullo alibrio sono in let. Addio dunque , o Greci allori, It delio de' vostri onori Le mie brame pili non tocea :Son quegli occhi, quella bocca, Quel bel sen to studio mio e Libri, onore, Amico adeso.
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O DE III. A Lihi l Amor di pace , o il bet troseo
Di Tracta auguri es nato Eroe, cui seota Maesta , la Gloria , e la Fortuna Illustre Cuna. Altri d 'Amalia it vago volto ammiri, E P alma grande, e i nobili destri, Di eui riuar non pub picciola parte L'ing no , e l' arte .
Cantino e 'l giusto impero , e 'l gran coranio ;E al canto tot risponda altero , e lieto Tebro , e Sebeto . Altri ancor muova i bellicosi carmi, E spinga it suo pensiEro in meraci ali' armi, La dove in riva at Mat virili sublime
Citra , Madte di Eroi, che invitia osa stiscuorere ii servit giogo, e altrui mostrasti , Che liberta non sese anche leggiero
Tutio vera it tuo sangue in sua di si , Che n'ὸ ben degna. A cosi chiata imprea di, ehe t apre ii Galli spano Impero Certo ii sentiero . Vedi te vinci trici sile bandiere : di gita vinte te Miniche schiere :
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Libera si, se de' Borboni ii sato Per te si ἡ armato. Gia su i Campi trascorre, e altero ora La libertiae it gualdo , e lieta mira
Vinio talia Cottania, e dat Consisto It g tan periglio . o bella Libert1 anto sei cara lDa Te Natura sue dolcerae imparat Ragion sit , quando Tu la mente rego Siegue sile lego.
Libero l'Augellin vola cantando , Benchὰ abbia raro , e roeteto cibo : errando
Lieta, Mnchὸ affamata, in sotta silva Gode la Belua :Se a Reali delia te e quello, e questa In gabbia E chiuso , e amica man l' appresta Esca soave : pur si aggira , e fremis, E irato geme. Ahi l lata j Io servo sono, e 'l rio Signore Di me, de' mi ei penseri ἡ il crudo Amore: Ligato Ei tiemmi, e pur d' atro veneno Sol m' empie ii seno. In ustissimo Amor , perchὸ si caro T E il discorde volere, e l planto amaro JO fa, che Delia at par di me s'invogli, O an cor me sciogli . Delia superba va di sua bellena . E i miei sospir non sente, aneti gli spreetra. Io , come Cliata at Sol, sempre son volto Al suo hel volto
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E la sua immago ogni altra idea ricuopre: Ne Oggetto altro, che Lei , che 'l cuor governa, V' E , ch'io discerna . FERDINANDo genrit, che far pota io pBen vorret at tuo canto uni r il mio, E le glorie ridir si rare, e tante Dei vago Infante. Ma invan to tento , Amico : e in van tua Mente a onorate imprese m incoraggia: Invano onor mi rida , e mi rappella.
Squarcia it misero petio , e 'l cuore accende. Delia, pieta': Le fiamme mie Tu puoi Spegner, se vuoi. D. Ferdinando ri ροί eon un Mnetto Aristando ad amar Platonicamente , a cui Carcani fr/