Paschalis Carcani vita : [Discorsi, Rime scelte, Rime piacevoli di Sofista Pericalle, pseud.]

발행: 1784년

분량: 340페이지

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분류: 미분류

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SE la mia lingua auessi eguale es c re, 'Forse, Amaiia, potrei spiegarii a pleno, Quat soave placer mi desta in seno Mitar fia Ie rue braccia it nostro Amore. Non diret gi , che Italia it prisco onore Sol da tuo Figlio attende: o che ii serenoni pace avra solio ii suo g usto sienoro che di Tracta ὀ nato ii domatore. At merio io non diret, che premio aspelli Sol da Lui, che dei Mondo fia 4 contento , E glorioso , e sitato, e serae, e pio. Diret, che Madre io sono; e i dolei affetti Materni io spiriarei ; ma invan to tento. Tu sola, Amasia, intendi si placer mio.

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STtamo, Amalia, a viael la gloria nostra tr Vedi, quanta dolceria it tuo bel Figlio

Muove, e come H oris Gave it culio Tutta innamora Ia terrena Chiostra.

vedi , quat Mael ade ii volto mostra rvedi quella , onde Europa alto cohsidio Attende, onde Asia teme it gran periglio, pronae, a cui la fortuna umit si prostra . Vedi i ta labri, ove la sua pili chiara Sede, fia che Rees ClemenEa vovi: E la man, che wre sol Merto , e valore. Vedi, che ii Gelo in Opra cosi rara Di tanti fimi ornara alteri, e novi A noi fu volle, ed a se stesib onore. Su

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Dei coli' industre mano . Ecco ii di signo. Nella culta Et riposi: e lyarco amore sto a suoi piἡ de' mox gli ceda si regno. Segga a un lato la Gloria r e inaessi a degno Manto i ricchi trosel, che ii Genitore Le porge , e s suo lavor siccian sestegno Delia Piet1 te mani, e des Valore. Ridente ali' alteo lato la Fortuna Inviti a dolee sonno ii di Lui eiglio Col seave agitat deli' aurea cuna . Stat sta te Grase Amalia in lontananeta . E additando ali' Esperie ansiose ii Figlio, Dir sembri r o quanto i vostri voti avama

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PER LA MORTE DI D. ANTONIO MAGI Oeco.

Di far . che giusta si, ma non severali dritto sua rapion dimostri in Lui ;E la Legge si osservi, e 'l Reo non pera pMa s egli a me, che deli' audacia altrui Crudet ministra , e vindice pili fiera Sono , v uol tor la gloria, oiad' io gi, sui Ε ne' delitti, e nelle pene alitera Tutin il mio Megno in tui scoppiar si miri. Con parto la dispetiosa , e ria Morte, e 'l barbaro suo des re empleo. Pian se con nuovo esempio , e 'l Giusto , e 'l Reo D' Antonio it sato ; ahi se mai pili non fia, Che unita alta Clemeneta Astrea si ammiri.

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so NETΤΟ. . CIgno, che a soavissimi concenti Scioglie talor i 'armonioso piamo , E di sue meste voci at grato incanto Tralliene i fiumi, e serma in aria i venti. Usqnuol, che l' antiche, o te presenti sese strui spiegando in flebit eanto Le fiere , i tronchi, e i sessi ancora ha it vanio D' intenerit coi dolci suoi lamenti. Se rorae immagin sono , e vili esempiDi quella inesplicabile dolcezraonde col suon delle tue note or nympis

Amadori , chi fia, che ii pregio lodi

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RIME

MADRIGALE. TRa Febo, e Marte nn ct grave contes .

Son mia gloria, dicea Marte, i suoi pregi. Ania de' piis M' hegi, Apollo rispondeua, io radornat. L'opra, e 'l vanto ὁ comune, allor gridai: onora Ei Marte in guerra, e Febo in pace. Lo stile , e 'l brando invitio Tale adopto il domator di Egitto; Coti est' armi, e alle Muse onot gia ston terribile Alceo. IN

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Co' avi concenti Rapisce i euori, e serma in via i miti a Udi 'l emtor divinὁm Iuno Apollo un gi no . E disse: ecco ritom Orseo gia se talle Tartaree porte, Ad onta alfin di morte. Ma pili vicin quel viso, Che vibra vii dolce ardore, Mirando it petio accessi, e 'i cor conquis. Si sente, e 'l crede Amore IE da Oegnoso un prido zNon ti basia , Cupido , A vermi tollo di ferire it vanis ;Vuoi tormi ancora it canto

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. RIME

M A D R I G. SE Orchi Venere eoi suo Cupido, Cerea di Delia te dolet labbra;

Qes sitae Venere eoi vago Rise , Colle sue Grazie qui regna Amore .

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SON ET TO

non sa di Flere Africa paga , Ignudo it seno a nuovi mostri porge Figli di error protervo; e non si accorge, Anti non cura, e dei suo mal si appaga :Ma no 'l seste colui, che 'l tutio scorge pΤta mille sor me ei seeglie la pia vaga , E l' unisce at suo frate , onde pol sorge L'uomo eletio a saldar queli' aspra plaga. Si, dice it Fato pol, vὁ , ehe s' immerga In quel singo Agostino, e dei delitio Senta it peso , e l' error tutio conosca. Quindi pol s' alai, acciocchὸ altrui la sosca Nube stombrando mostri 'l cammin dritto, E d'ogni macchia la mia sede terga.

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