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ra DISCI. SULLA N. 8. DELL IMP. L. per questa ragione suta agit Ebres vietam ii san- .gue ; tanto sed , che essi abitavano vn paese assai caldo . Ed eccov; gia spiegato , Accademici , iletem po , ii luogo , e l'occasione , per cui su fateala nostra Nov. 18. . e la ragione naturale, se cui. ἡ Andata.
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il Vostro discoris 3 Il nobil Aggetto era degno delia vostra eloquenia , e la dolce eloquenZa vostra era degna di quςsta scella Adunaneta . Perchὸ dunque finis e voi cost presto d' inruccherarci colle melate vostre parole , e colla vostra inglulebbata se vella 3 Perchὰ cessaste voi cosi subito di e-roiZZarci con esempio se caro di virili prosondita sima , e di altissimo sipere 3 se lo. faceste m per dat luogo allo scongio mio rastionare ; io,salla gentilegra vostra mi richiamo at vostro si gluditio. E sar4 vero , che uia merito cosi illustre sit arretra alia compar se de' Peli 3 E cata ero , che la soave armonia di uia Usignuolo . quai siete voi , ced alla rauca voce di un P, pistretto , quat posse io meritamente chlamaris , se ἡ vera Posservaetion di Avicenna i , che sono ipeli it pili delicato cibo di questo Animale 3 Mati : Io. gia conosco it mistero , Accademici. Sela vittis , la dottrina , it sapere , e tutio a i Peli cede , come io motaero uvi ; non poteva al
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iis DISCORSO II. SULLA NOV. 18. merito de' Peli it merito, ancorciis grande , dei
nostro Arconte non cedere ; ed a ragione ii dilui lodatore at Panegirista de' Peli it luogo h cedulo. E qui non posso non arro stirmi, Accademici, che tutio siarnito di peli essendo debboput te lodi de Peli a voi raccontare. Ma bu Onper me , che non sono io, che parto , ma par- leranno in mio luogo trὸ Greci. ed una donna, quali tuito it lor pregio ne Peli soli riponeanci . Io vi diceva, csie uniti secondo it solito in converseetione una sera i 'Imperatrice Zoe , t ' Imperator Leone , it Patriarca Stesano suo fratello , e et Maniordomo Stigliano suocero di Leone , dopo lungo discorso avean conchiuso , che non si douessero piis mangiar sanguinacci. Onde nac-que la famosa Nov. 18.'Ne ex stinguine ei-bus conficiatur : Di cui vi spi sti ai et rimo Discorse ili tempo , si Mogo, e pζς γ, cui fu promulgata ; e la ragion esse . . Ma perchὸ , come dice Ulpiano . impe sella chlamati quella lene , in cui non si stitialisee pena contra i tralistari, flavano' Leone , egit altri pensando alle pene da imporvi . Inquesto mentre entrδ un Paggio , e dis : Sacra Maest , ii Grassiere dclla Citta deve comunicar-le eos. di somma importanZa. Leone, a cui ilsangue de' sanguinaeci avea riscaldata malamentela testa, inito infuriato , Bestia , din al Paggio, ie in quat Cicerone de moth hai tu appresse divenire a disturbare ii Padrone occupato 3 Di acostui Hre se ne vada; e tu non partirri davan ti
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ii alia porta , e chi unque viene , di, che io sto negoZiando con mia moglie , e non db udienZa. Quin si rivolio a que' della conversaZione . L importunita, Aggiunte, di 'questo Magistrato misugserisce uia pensero . se i Magistrati secessero it lor dovere, e invigilamro per l' ollarvaneta delle leggi , non si commetiere ono tanti delitii. onde io voglio , che qualora uia sud-dito mangia, o vende sanguinacci , siano pertat delitio puniti i Masistrati : Quindi subito siserita : Ideo , quia ne tigenter scordiserque subditis prafuerint , Magistratus civitatum decem librarum auri multam sustineant e E viva , e vivati gran Leone. Cacciare i Magistrati di casa , epunirii perito delitio de'sudditit Oibb. E daquai Pulandoris, e da quat Cumberland , e daquat' Erre, e da quat' altro Autore di strano no- me avete voi imparata maniera cosi contraria alia civit societa E su quali principj condan natevoi i Magistrati per la malletia de' sudditi 3 IEgistrati laran tenuit a fare os servat te luggicon punire severamente, e senZa riguardo colo-ro , it cui delitio costa , ed e provato duri dicamente . Ma non Aran gia tenuit i*Magistratia far la spia , Q andar per te cucine , vellendose si mangiano , o no sanguinacci. Ma qui jaVeggo , che la maggior parte de' Dottorini delnostro Tribunale con solio it braecio GroEio , obbes, ed altri Scritiori det dritto pubblico , a quali spetia privativamente ii decidere te quistioni de' Sovrani , e 'l condantiargit , o I atat verti,
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si se ait 'incontro , e vuot sestenere e t 'una, e P altra aetion di Leone . Io perb son perluaso abbastanEa , ch' elli non intendono i primi tetmini della rasion naturale, e delle genti per cui san tanto strepito , e per cui credono essere iprimi Avvocati det Foro Napoletano , comechE in verita tanto han che far Loche, Bai Myrach,
e questi altri buoni Vomini colle Prammatiche colle istange det Foro , quanto han che sarie stelle colle arioni degli Vomini. Onde e, cheio seu a intrigarmi in lunglie dispute , propor.r5 due sole ristessioni ricavate dat satio . Il P. SancheZ rinomatissimo per la gran pratica , cheegii ebia delle Accende matrimoniali , riseris ceun bel fatio : una donna avendo avulo commercio con un uomo , andb a far da marito adtin' altra donna r semen virile , come dicet' Autore , ex concubisu intractum in uterum al-
rerius mulieris immisit ; e da questo seminit congiungimento restb gravida la seconda donna. Se dunque una semmina entra in un Monistero, e ingravida una Monaca con tal maniera : Q detendum ' Domando io : Doura esser punita l AbbadeS 3 Signorino . It famoso moralista Antonio Cotogno i i ) racconta , aver conosciuia una donna, la quale dopo molli anni diventd maschio , esi sece Prete . Antonio Panormitano , e 'l Pontano actriscono , aver esit conosciuia una.mo-glie di Marinajo in Gaeta , la quale dopo mol-ti anni di matrimonio diventd maschio i e si -
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que una Monaca diventa Maschio , e ingravida tutae t attre Monache ; quid agendum Domando io : Sara punita I' Abbadesia 3 Signorino . Siechὰ ii punire i Magistrati per lo delitio de 'sed diti sera una legge non propria , mentre qualunque diligenia si uti da Magistrati , non si mira maiimpedire, che i sudditi non facciano quel, che adesti piace. Dippia quella letae . in cui si ordinata pena contro i Magistrati, metiendos in chlaro ii delitis de'sudditi, non si os servera mai; potelia quat Magistrato sara coti sciocco , che vo- lia sit costare un delitto , Ia di cui pena cadasopra di tui medesimo λ Dunque o bisegna consessare , che Leone stava colla santasia alterata , quando sece questa legge; oppure bisogna intenderio a discregionE , e dire che iλMagistrati sa-ran puniti colla pena di dieci libbre d' oro, at
lora quando eonvinto uno di aver vendulo , o comprato sanguinacci, non sarὶ da esti sottome alle pene , che qui si prestrivono . Quattro pene qui si lenono contra chi vende , o com pra sanguinacci, e la ragione E chiara , perclidquattro erano di convertaetione, quando si secequesta Novella . La prima pena ἡ la confiscaetione de' beni: questa su imposta dat Patriarca, che era avarissimo, e che non facera mai limosine a i poveri:
argum. Novcia.. ibi e Verum nunc omnino nihil ...di bensari inde videas. Et postquam Ecclim o fficinarum vectigalia occupavit . . illa non expendit. E 'la confiscisione de 'bent una pena cosi graVe,
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che Giustiniano si) consideramione l' atrocita vollenella Nov. t 3 . onde E prefa l' Aut. Bona damnatorum C. de bon. proscript . , che si restringet se s solo enorme delitto di te a Maesta Divina., o umana. Quindi io conclitudo , che Leo ne etae it mangiar languinacci per una eretia , 'e per uia delitto di Stato e ecces le sue parole rtam impio sto gula inhiantium homilium invento nunc pracepta divina, Reipublica no-
δε honestatem dedecore assci suinens : E quindian cora ricavasi la cagion finale , che ἡ la salute delle Anime, e t onor della Corona. La seconda pena E la frusta ; questa se impo ita dat Mag. giordomo, che era tutio pleno di ambieti ne ..e di fasto , a . Nov. 2 3, ibi . Si qui in Magistratum assumuntur , eo quod supra multos alios gloria, honore stuuntur : La frustra ὁ uina pena atro -
cissima , ed obbrobriosissima ; talchὰ dicono.i Criminalisti, che non pud darii , se non se alle persone vili, ed infami I ex turpi mussa : compparia Guaetaini si), e conchiude cust : Fustigatis se mel illata quamvis injuste , in foro exteriori irrogat infamiam, Farinacio lue dice : Fustigatio aquiparatur morti e Ed ὸ qui da notarsi , che Leonesi splega sosi: Et ubi acerbum in modum saeris casus : dove la parota , F gris , accresce innni' tamente i infami . E Cujacio dice e Si cum - .
si in T. C. Ne sine iussu Principis cert. Iud. sic. con
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gessis recidis, qua injuria in tibero homine est grai vissima, favissima, atrocis a soli nimirum servi flagellis, flagris caduntur , uniae ct flagrisnes dicti . Dunque Leone ebia i mangiatori di sanguinaces per insanaissime persone , sottoponendogli alle' pene servili te pili obbrobriose , ed atroci . Laterra pena ἡ l' esilio perpetuo . questa fit imposta da Leone , ii quale come uomo amante' dei comodo , della conversaetione, e dei placere,
simava it sommo de' mali lo star dis lato e 'lvivere, e morir Ioniano talia patria , e dagii amici , arg. μν. 33. ibi': Amicorum , cognatorum, necessariarumque dolori magnum sane solatium , si amici sui sepulcrum amplexari , ac
in id lacrimas profundere possintio qua ' cia emrra civitatem sepulto non facile est exequi : Infatii ognun ia, che questa era la somma pena. ordinaria fra' Romini Paolo si): Jud cia capitalia. sunt, ex quibus poena mors , aut exilium es operchὰ I'esilio era una morte civileta, e gli Asenta chi mono δε ροπεπριως, que' che tornava no dati' esilio . Avea Ognuno proposta , ed es aggerata la pena sua, quando it Patriarca rivolio all'Imperatrice, Madama, le'disse, e voi non VC-lete importe Ia vostra Io sarei per dire , cheseae troppo appassionata de' sanguinacci . Ogni donna , Ella ris pose, dourebia disendere , aneti- ehὸ vietare i sanguinacci , essendo cosi delicati , e golosi. Ma io per servi conoscere, Mons ignore,
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ci stime , piu grave t questa sarὶ la Rasone de Peli. Viva , dita it Prelato, viva Madama ; econ uia trasporto di allegrcetra te prese la mano, e gliela bacidi Pol segmunse : Non si potea im- porre uia gastigo pili es emplarem e spaventoso diquesto'. Leggiamo ne Proseti, clie per intimare l'ultima di i graetia , ed esserantiso ad uia Murano , ad una Nazione, ad un uomo , minacisciano la rasione de 'Peli . Isaia iij; In die illa radet Dominus ... caput, O' pilos, er barbam uni--rsam : e delle semmine dedite alle conversarioni: Dominus decalvabit verticem sisiarum Sion , crinem earum nudabit : Geremia 2 r omne caput
calvitium, ct omnis barba rasa erit : Ezechiele s 3 in: Et radent super te calvitium e Michea s ): Decalvare , or tondere super filios dei clarum tuarum Amos 1 r Et inducam super omne dorsum vesilaum ἡsaccum, or super omne caput calvitium : Nὰ ilRe degli Ammoniti seppe sere una ingluria pia grave agit Ambaseiadori di Davide, che dedativare or tondere eos 6ὶ : In uria cosi atroce , che Davide ne sece una memorabit vendetta . E inniti Adamo , ed Eva si radetiero sorse i loto Peli 3 Mai nis. E la regione E chiara , percita
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a stirpe non ebbe ardire di toccarsi uti solo peto : costume ritenuto da NOE, e da suoi figli, otide pol nel mondo tutio , e con particolarita in Oriente conservosii . Abramo , I sacco , Giacobbe , gli Israeliti tuiti furono rigidissimi custodi de' peti s .angi esprestamente fu loro vietato it radersi nes Levitico i): Neque in rotundum πι-
tondenbitis comam , nec radetis barbam . Questo
v. costantemente sea not Greci mantiensi . E per verita , se delia Barba partimo , I' uomo , chenon ha barba, non ἡ pili uomo , la rissessioneὰ di S. Episanio si), che chiama la barba vira formam , perchὰ la natura distingue ii maschio talla se ina laeti' aspello esteriore per la sola barba; come to avulsa ancor Teodoreto 3ὶ dicendo, cheIddio hae data la barba a maschi per avvertirli ad prar con serieta , e prudeneta . E Clemente A
conio M' peti, che ha voluto , che spuntati ero sulla barba degli uomini in sieme colla prudenZME Virg. s) Aurea casaries illis , atque aurea vestis, dove Nonio , e Servio notano, che gli sba