La poetica di Q. Orazio Flacco, restituita all' ordine suo e tradotta in terzine, con prefazione critica, e note

발행: 1777년

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PQ dum sermonum stot imos, O gratia vivax: Multa renascentAr , qMe iam cecidere , cadentquem a nunc sunt in honore vocabula , si volet usus,2uem penes arbitrium est , O jμs , O norma loquendi. 2 On sutis est pulcbra esse poemata: dulcia funto , 9 Et quocumque volent animum auditoris aguntor Ut ridentibus arrident, ita flentibus ad ne Humani vultus : si vis me flere , dolendam est Primum ipsi tibi, tune tua me infortunia Ddent. Telephe , Cel Peleu , male si mandata loqueris, ut dormitabo , aut ridebo : tristia maestum Vultum zerba deceat, iratum plena minarum, Ludentem lasciva, severum seria dictu; Format enim natura prius nos intus ad omnem Fortunarum habitum , juvat, ast impellit ad iram, ad humum maerore gravi deducit, ct angit, TU efert animi motus, interprete lingua r .

yy Accenna Oragio in questi versi di aver gia traitato delia belle etae dei poema, e volere ora insegnare te manie. Te di renderio movente : e giusto dunque , che siano post 20 qu esto tuoso , cipe appresso ai peeteti antecedenti, chatulti riguardano la nitide2Za dei lavoro.

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Sepol te a vita richiamar, talorat Le viventi ali' oblio condannar suole .

Che vat perb bella, se dolce ancora Non δ ii poema, e s ' egii non commvove Gli amiti , che dati' u litore implora . Il riso. at riso, ii pianto at pianto muove et Se v uoi, ch 'io planga , pria tu a planger hal; E allor uedrai di mia pieta te prove. O Teleso, o Peleo , qualor non sat Splegar P affare , che a partar t' induce , to dormicchiare , o rider mi farat . Il duol conviene at mesto, e l' ira at truce, La faceetia at glutivo, e ii dir sublime A un volto, in cui severit, traluce rNatura in noi dy ogni avventura imprime Le ide e , ci allelia , irrita, a Migge innanti; Ρoi colla lingua i moti interni esprime;

Proseret in lucem ipeciosa vocabula rerum . . . . Adsciscet nova, quae GENITOR PRODUXERIT usus .

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Π Dicentis errent fortunis abjbna dicI a , I omani tollent Equites , Teditesque cachinnum. 'A ιt prodesse volunt, aut dilectare Poetae , 3 3 3 Aut simul oe jucunda, O idonea dicere Sita:

QVidquid praecipies esto brevis ; ut cito dicta

Percipiant animi dociles, teneantque fideles : ne superzaeuam pleno de pectore manat. Ficta violuptatis causa sint proxima veris, Me quodcumque zotet poscat sibi fabula credi, pransae Lamiae violim puerum extrahat alvo: Centuriae Seniorum agitant expertia frugiscis praetereunt austera poemata Rainnes e. Omne tulit . punctum qui miscuit utile dulci, Lectorem delectando , pariterque mouendo Hic meret ara liber Sosiis, hic mare txansit Et longum noto Scriptori prorogat aevum . Res 3 3 E giacche in questi altri versi insinua Oragio direndere it poema anche instruitivo , non puo essere , che questa , Ia loro congrua sede .

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si quindi avvien , che i sensi dissonanti Dalla condietione dei soggetto S ghi gnaZzar sanno e Cavalieri, o Fanti. Ma it Poeta talora ha it solo oggetto Di alleltare, o instruir ; talora deve Ed instruire insieme , e dar diletto. Instruir vuoi sit breve t al sermon breve Nh il cuor, nδ la memoria ingresso*nlega et Petto pleno it foverchio non riceve.

Non serrar l' altrui se: nd un pulto estrarre vivo dat ventre di satolla Sirega. M a suol da' Vecchi e laccia , e blasmo trarre Queli' opra , che morat non apparisce ;si i G io vani non puc, la seria attrarre:

Onde chi allelia insieme , ed instruisce , . Chi sa mischiare l' utile col dolce , I voti tuiti a suo favore unisce. Τal libro at Sosii dyor la se te molce, Vatica it mare, e contro it tempo altero It nome dei P Autor sis stenta e sol ce. C a

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Res gestae R umque , Ducumque , O tristia bella ra

stuo scribi possint numero monstravit Homerus: Versibus impariter iunctis querimonia primum , Post etiam inclusa est voti sententia compos aeuis autem exiguos Elegos emiserit auctor, Grammatici certant, O adhue sub judice lis est , Musa dedit fidibus Divos , Puerosque Deorum , 83 Et Pugilem victorem , oe Equum certamine primΗm, Et Iuvenum caras, O libera Vina referre: frchilocum proprio rabies armavit iambo; 79Hunc Socci cepere pedem , grandesque Coiburni ternis aptum sermonibus, O populares Vincentem strepitus , O natum rebus agendis: Syllaba longa brevi subjecta vocatur Iambus , as I

73 Le cose deite riguardano qualunque produZione poetatica I ma siccome ognuna di esse si estguisce con uia metro differente , alloghiamo questi versi , che partano dei varj generi di metro. 83 79 Dopo it pe2go antecedente sieguono nelle communi edigioni i quattro versi segnati num. 79. , e pol qu*xtre segnati num. 8s ; io pero gli ho commutati di luogo, accio ii discorso ' venga legato, come si rileva dalla nota se-

guente .

si At versi precedenti, che partano dei jambo, ra- Sion uriole , che vi si uniscano questi, ove si riporta lain maniera di compor tat metro, e se licente in esso intro

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Di un Rh se a scri ver prendi, o di un Guerriero L' opre , e te guerre sanguinose , quali Metri usar puoi , l'ha gia mostrato Omero I versi alternamente diseguali Dei duos portaro un tempo la divisa, Pol serviro anche ai canti geniali; Ma i Gramatici son discordi in guisa Per assegnar deli' Elegie i autore, Che Ja lite filior pende indecisa :Donb Calliope at Lirico cantore Voce alta a celebrare i Dei, gli Eroi , I Corfieri , gli Atleti , ii Vin , I' Amore eL ira Archiloco armb de' iambi suoi; E questo piἡ si videro . adotiare , Non men che i Socchi , i gran Coturni pol Perocch δ acconcio at mutuo ragionare Ii popolar strepito vince, e a posta Nato rassembra per traitar lyassare ;Ma di quante, e di quai sillabe costa It jambo, saper vuoi corta e la norma: Di una iunga a una breve sottoposta et

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Pes citus , unde etiam trimetris aecrescere jussit Nomen iambeis cum senos redderet ictus , Primus ad extremum similis sibi; non ira pridem Tardior, ut paullo , graviorq&e veniret ad aur svondaeos stabiles in jura paterna recepit Commodus, O patiens; non ut de sede secunda cederet, aut quarta socialiter: hie O in Acci Nobilibus trimetris apparet rarus, o Enni: In scenam missus magno cum pondere Oersus

ut opera nimium tarris , curaqM carentis, ut ignoratae premit artis crisine turpi. At nostri Proavi Plautinos oe numeros, O a ToLaudavere sales : nimium patienter uirtimque mTle dicam stultὸ mirati: . . . .

α Ο Nelle comuni edigioni ii pe2go antecedente e collegato col susseguente , e di pol sieguono i presenti cinque versi ; ma io gli ho anteposti , accio ii discorso velaga connesio , come puo riconoscersi dalle due note qui appresso.

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Ρiede si Delio , che quantunque ly orma Stessa rica Ichi sei volte, i jambei Metri di tre sole mi iure sorma; Talch δ per giunger grave, e tardo a quei, Che udirio denno, societa corte se Pocangi se coi stabili spondei, E i patri dritti a lor comuni rese, Salvo it secondo e quarto posto, in cui Riten ne sempre sue ragioni ille se ;Sebbene ed Accio, ed Ennio at par di tui, Di rado Legge tal serma e costante Nei nobili osse rub trimetri sui. Ι vhi si dunque di ari nonia pes ante

Mostran, Che un negligente autor raccolii

Gli ha in fretia , O che dei Parte egit ε ignorante. Ma i numeri Plautini, e i sali accolii Furono con onor dat nostri Vocchi tEran pazienti assai, per non dir stolii;

m Servio nei comment. OVEneid. lib. s. v. cede Deo riportatin verso di Oratio , che non trovo nelle sue opere , e che a gladizio dei Darier aiaereuehe quipi inserito et io che prosa , che II nostro e-semplare delia Poetica e diserso da quella, i Uelbe in mano Servio.'' Squem rispotia di Oratio alla precedente .uterione e scre, magiuria ; percle Platito hon fu i iambi e ulti, e fra te molle sue venui id mese aliunt molli aridi , come quello homo trium literarum sper dire fur, che leuesti neIPAul. a. 46., e queli'altro aina litera plus sum quam medicus per dir mendicus, che si leue net Rud. s. a. 18., e fimili.

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si modo ego , O vos Scimus inurbanum lepido seponere dicto, Legitimumque sonum digitis callemus, O aure. Ton quivis videt immodulata poemata judex, 26IEt data Romanis venia est indigna poetis :Idcirco ne vager, scribamque licenter, an omnes Visuros peccata putem mea tutus, ct intra Spem veniae cautus P vitavi denique culpam , Nyn laudem merui: Vos exemplaria graeari octurna versate manu, versate diurna :Grajis ingenium , Grajis dedit ore rotundo Sas Musa loqui praeter laudem nullius azaris. Romani pueri longis rationibus Assem Discant in partes centum diducere: dicae Filius Albiat:

si de

αει Appiὶ di questo peggo vi sono nelle comuni edi- oni cinque versi, i quali io gli ho anteposti per collegare it peEZo seguente, come apparisce d alia nota posta qui

arg) Nel fine dei peeteto antecedente oraetio inculca Ialettura de' libri greci per imparare a comporre i metri giusti, e non cade se netl' errore , in cui cadevano i Romanisu questo punio . Combinano dunque a maravigii a que- . si versi , ove si lodano i Greci, perche verseg :iavano or srotundo, cloe con elat tegra , e si blasimano i Romani, per-Uὶδ imparavano a calcolare bule l' asse , ' piutiosto che lesillabe .

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Se pure e voi, ed io sappiam dat se eehi Motti distinguer la taceata , e ii suono Mis urar colle dita , e con li ore cchi r

Non tulit , δ ver , giudici e sperti sono De metrici de litti, ed i Poeti. Romani inde gno ne impetrar perdono; Ma perchδ de' benigni, e mansueti 'Censori io troverei venia nel soro, Dourb deli' arte frangere i decreti Z NO: contento io non son, che ii mio Iavoro Di coli a schivi sol taccia , e periglio ;Ma bramo meritar lode , e decoro. Vol pertanto seghii te ii mio consigito, Sopra i greci prege voli es emplari Fiso tenete nolle , e giorao it c igito: Uopo h hen , che da' Greci ognuno impari , Se Clio diὁ lor la melodia , l'ingegno: μηNe d' altro furon, che di gloria avari. Sali no i pulti Romani i conti a segno , Che sminuetetano i 'Asse in cento parti: . Lo dica Ei, che di Albino δ figlio degno e Se Per Deilliore i intelligenta di questo passo latino cuni ieraο-no ut omnes in lucro di an omnes. '' La stast ore rotundo P Interpetro con giusta melodia , equesta interpetratione ὀ avpalorata dat contecto . '.' Albino era un Usu D in que' te i nctilliμο , che educcurii Filio per D Ressa profes e ,

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